Con i mondiali finiti per nazionale italiana ma che continuano a dare spettacolo, sale la curiosità verso questa regione lontana e affascinante che è l’Amazzonia. Le squadre si trovano a giocare alle alte temperature tropicali, ma forse non tutti conoscono davvero il Paese che le sta ospitando, un paese caratterizzato da una cultura creola, con usi e tradizioni, leggende e credenze molto diverse dalle nostre.
Noi continuiamo a prepararci così, con qualche pillola giornaliera sull’Amazzonia: un racconto per ogni lettera dell’alfabeto!
Urucum
E’ noto che si mangia con gli occhi tanto quanto, o più, che con la bocca. Ad avvalorare questa tesi c’è l’urucum.
L’urucum viene dall‘urucuzeiro (Bixa orellana), un grande arbusto, i cui frutti, capsule dalla buccia coperta di morbide spine, sono raccolte e aperte; i semi, di colore rosso intenso, sono seccati e pestati, sino ad ottenere una finissima polvere. L’urucum è usato tradizionalmente e oggi anche industrialmente come colorante. Nella mia esperienza personale, non l’ho visto usare né per la tintura della pelle, né di oggetti, ma universalmente per rendere rossastro ogni tipo di vivanda ed in particolare la carne e il pesce.
Che non sia un lusso per pochi, lo testimonia il fatto che qualunque piccolo negozietto, come se ne trovano ad ogni piè sospinto sulle strade anche periferiche di cittadine e paesi amazzonici, lo vende in piccoli sacchettini, che costano pochi spiccioli. In queste rivendite spoglie può esserci solamente della farina di manioca, del riso, dei fagioli, della pasta di infima qualità, delle uova, dentifrici, spazzolini, saponi e saponette, un detersivo per i piatti e uno per gli indumenti, fiammiferi, ma non può mancare l’urucum.
Nonostante il parere di alcuni, è insapore e non dà gusto ai cibi. Il colore rosso, però, ricorda il sangue, ricorda le ricche e succulente carni di caccia, anche quando si mangia un pallido pollo industrializzato. Più singolare è che anche il pesce debba assumere questa colorazione, ma evidentemente i colori chiari non sono apprezzati dall’occhio-palato quanto quelli vermigli.
Luca Fanelli
Bixa orellana: foto di Tamara Saré
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