La “Carta” firmata dai ministri dell’Ambiente e dell’Istruzione

Il testo della Carta firmata dai ministri Galletti e Giannini
 
Il 23 novembre 2016, nel corso della mattinata conclusiva della Confferenza nazionale dell’educazione ambientale, organizzata dal Ministero dell’Ambiente e ISPRA, i ministri dell’Ambiente e del MIUR (nella foto) hanno firmato la seguente Carta:
 
Premesso che la Conferenza Nazionale sull’educazione ambientale che si è riunita il 22 novembre 2016 con la partecipazione delle Istituzioni, della Società Civile, del mondo della Comunicazione, della Ricerca e degli operatori ambientali e degli enti gestori delle Aree Naturali Protette e dei rappresentanti dei settori economici ha prodotto i dodici documenti che fanno parte integrante del presente atto (…)
NOI CREDIAMO CHE L’EDUCAZIONE ABBIA LO SCOPO DI
– Recuperare il rapporto con l’ambiente – inteso come valore e spazio di vita- e con le risorse e le diversità, naturali e socio-culturali del territorio, quali elementi di prosperità e benessere.
– Comprendere la complessità e interdipendenza delle sfide globali che caratterizzano la nostra epoca, acquisendo la consapevolezza che attraverso l’azione, anche quotidiana, e l’impegno comune si può promuovere la transizione verso una società più sostenibile.
– Stimolare scelte consapevoli nella vita quotidiana (dall’alimentazione al turismo, dall’uso dell’energia a quello dell’acqua…), che tengano conto delle ripercussioni delle scelte responsabili sui diversi aspetti della sostenibilità, dello stretto legame tra fattori ambientali e cambiamenti sociali.
– Riscoprire il “senso del limite”, e affrontare i limiti e i vincoli come ‘risorse’ intorno alle quali far fiorire e crescere le proposte di cambiamento, creative, innovative e non convenzionali: nuove tecnologie, nuove modalità di impresa e di mercato, nuovi strumenti di partecipazione.
– Imparare a valutare criticamente le informazioni e i comportamenti, e dunque ad apprezzare le esperienze virtuose provenienti da istituzioni, imprese, cittadini.
NOI CI IMPEGNIAMO A
 

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Le metropoli diventano… agricole

L’agroecologia per la sostenibilità dei sistemi alimentari delle aree metropolitane. Un convegno a Milano: il sistema agricolo industriale, basato su monoculture intensive ed estensive, è la prima causa di malnutrizione, di iniquità economiche, di danni alla salute e all’ambiente
 
Andrea Ferrari Trecate
 
Tradizione e modernità, tutela della biodiversità, educazione all’alimentazione, cultura della sostenibilità: sono stati questi e molti altri i temi toccati durante la conferenza sulle Metropoli Agricole e il contributo dell’Agroecologia alla sostenibilità dei sistemi alimentari delle aree metropolitane tenutosi il 23 novembre a Milano per Fondazione Cariplo.
Temi-attori del lavoro che il comune di Milano e non solo sta svolgendo soprattutto in quella “cintura verde” che è Parco Sud. Michela Palestra, sindaco di Arese (uno dei 61 comuni coinvolti) e presidente di questo progetto unico in Europa ha fortemente sottolineato la sinergia tra il parco, le istituzioni e i cittadini. Una macrorealtà impegnativa ma portatrice di numerosi vantaggi soprattutto alla luce di un contesto globale, messo in luce da tutti i relatori, molto complesso.
 
Il fallimento dell’agricoltura moderna
 
L’agricoltura moderna, intensiva, piegata agli interessi delle multinazionali, corrotta dagli ogm, ha fallito.
È il primo dato, per certi versi sconvolgente, che emerge dagli studi del professor F. Xavier Sans Serra, dell’Università di Barcellona: le produzioni agricole per come le conosciamo oggi sono perfino dannose e costituiscono sistemi sempre sbilanciati in favore di chi manovra il mercato, portando più svantaggi che vantaggi.
A conferma di questa tesi, Molly Anderson, specialista dell’IPES Food (International Panel of Experts on Sustainable Food Systems) e insegnante del Middlebury College del Vermont, ha spiegato come il sistema agricolo industriale, basato su monoculture intensive ed estensive, sia la prima causa di malnutrizione, di iniquità economiche, di danni alla salute e all’ambiente.
Una visione politica miope, incapace di pianificare oltre il breve periodo, manovrata da interessi personali favorevoli all’export più che alle microeconomie, è la causa principale che impedisce alla scienza agroecologica di costruire quei sistemi che unirebbero i pregi del sistema di coltivazione industriale con quelli delle agricolture di sussistenza.
Cover 218 219 Il futuro si coltiva neellortoL’Agroecologia è oggi fortunatamente considerata in tutto il mondo una realtà scientifica i cui vantaggi anche economici sono più che riconosciuti. La difesa e il recupero del suolo, una filiera più corta che non impatta sul clima, sono solo alcuni dei suoi vantaggi. Una maggiore ricchezza di chi coltiva e delle zone in cui viene applicata si traduce anche in un miglioramento delle condizioni sociali e culturali. Come dimostrano i casi di successo dell’area rurale peri-urbana del Gallecs (750 ettari vicino a Barcellona), il nuovo modello agri-ecologico è vincente: favorisce la biodiversità, invita giovani e anziani alla socialità, recupera e difende specie agricole autoctone.
 
 

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Educazione ambientale, riparte l’azione governativa

Si è svolta a Roma la Conferenza Nazionale dell’educazione ambientale. Diventerà annuale.
I ministri Galletti e Giannini firmano una “Carta” di impegni e annunciano 20 milioni di euro per l’educazione ambientale nelle scuole.
E da Papa Francesco arriva un messaggio di incoraggiamento
 
(Roma, 23 novembre 2016) Si è aperta con l’inno di Mameli cantato dai ragazzi e ragazze del Liceo Musicale di Roma (che hanno chiuso l’evento con musica e canti) la giornata conclusiva della Conferenza Nazionale dell’educazione ambientale svoltasi al MAXXI di Roma il 22 e 23 novembre.
Proseguita con l’intervento del nuovo presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite Peter Thomson (ambasciatore delle Fiji all’Onu), che ha osservato “l’umanità va verso un precipizio”, la mattinata ha avuto tre momenti clou:
– la lettura di un messaggio di saluto del Segretario di Stato vaticano Mons. Parolin a nome di papa Francesco, da parte dell’arcivescovo Tomasi, nunzio apostolico e membro del Consiglio pontificio della giustizia e della pace. “Il Santo Padre – si legge nel testo – esprime apprezzamento per il significativo evento volto a favorire una autentica sensibilità ecologica, specialmente tra le giovani generazioni”. “Il Papa – prosegue il documento – auspica che l’iniziativa susciti un rinnovato impegno nel riconosce re preservare la bellezza del Creato, dono incomparabile di Dio”;
– la firma apposta dai ministri dell’Ambiente Galletti e dell’Istruzione Giannini di una carta di impegni comuni per la promozione dell’educazione ambientale, accompagnata dall’annuncio di Galletti che la Conferenza sarà ripetuta annualmente;
– l’annuncio di un accordo tra MATTM e MIUR per destinare 20 milioni di euro di fondi MIUR all’educazione ambientale nelle scuole.
 
20 milioni di euro per l’educazione ambientale sul PON Scuola
 
I fondi stanziati serviranno ad inserire l’educazione ambientale nelle scuole italiane, dalle primarie fino ai gradi più alti: provengono dal Piano operativo nazionale (PON) Scuola e serviranno alla formazione degli insegnanti e a progetti specifici per gli studenti, i cui contenuti saranno affidati al Ministero dell’ Ambiente.
A Sergio Sichenze (nelle foto), di ARPA Friuli Venezia Giulia, responsabile della rete regionale friulana di educazione ambientale20161123 SERGIO SICHENZE 2bis (nonché membro del direttivo della rete WEEC Italia), intervistato dalla giornalista del TG5 Tessa Gelisio, il compito di spiegare il senso di quanto emerso nei lavori del giorno precedente.
Licia Colò (profuga ambientale dalla RAI accolta da TV2000, dove va in onda la domenica alle 15,20), aiutandosi con video tratti dal suo programma Il mondo insieme, ha parlato dell’importanza di rispettare gli animali (tema assente – ha lamentato – nei lavori della conferenza), della crescente mancanza di acqua dolce sul pianeta e di quanto di positivo però ciascuno può fare per un mondo migliore.
La conferenza (a inviti e a porte chiuse) aveva visto oltre duecento persone (tra esperti di educazione ambientale – tra cui diversi membri della rete WEEC – e rappresentanti delle istituzioni, della società civile e delle imprese) animare una giornata di intensa discussione, articolata in dodici tavoli tematici, alla presenza di una infaticabile Barbara Degani, la sottosegretaria del Ministero dell’Ambiente che in questi anni si è impegnata nella ripresa di attenzione del governo centrale verso l’educazione ambientale.
 

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Alla COP22 una giornata dedicata all’educazione

Dopo la COP21 di Parigi, si consolida lo spazio dedicato al ruolo dell’educazione nelle conferenze sul clima. Educazione ambientale al centro in molti paeesi del mondo.
Un appello dei giovani
 
Bianca La Placa
 

L’Education Day a COP22 è stato promosso dal Regno del Marocco e dalla Fondazione Mohammed VI per la protezione ambientale, in collaborazione con l’UNFCCC, l’UNESCO e l’Alleanza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, istruzione, formazione e sensibilizzazione del pubblico.

È stato mostrato come l’educazione favorisca il crescere di azioni sul cambiamento climatico da parte del governo e da attori non governativi. Durante la giornata sull’educazione i governi, le agenzie delle Nazioni Unite, le università, le scuole, gli insegnanti, le ONG, le organizzazioni giovanili e le comunità di base hanno parlato della ondata di azioni per il clima in corso, e si sono evidenziate soluzioni innovative e buone pratiche per l’educazione formale, non formale e informale in rapporto ai cambiamenti climatici.
 
In Marocco la cultura ambientale al centro delle strategie nazionali
 
La sessione High level del thematic day sull’educazione, il 14 novembre, è stata aperta dalla principessa Lalla Hasnaa, presidente della fondazione Mohammed VI per l’ambiente. Con lei Patricia Espinoza, Segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici (UNFCCC /CNUCCC), Irina Bokova Direttrice generale dell’UNESCO e il Ministro dell’Educazione marocchino Rachid Benmokhtar Benabdellah.
 

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La rete WEEC alla COP22 sul clima

Incontri ad alto livello e workshop della rete mondiale di educazione ambientale durante la COP22 a Marrakech
 
La Rete mondiale di educazione ambientale (il WEEC Network, la più importante e continuativa esperienza in campo internazionale, la cui sede è in Italia) ha partecipato alla COP22 di Marrakech con varie attività.
L’11 novembre, nel padiglione del Governo italiano, il Segretariato Permanente ha presentato il nuovo sito web (www.weecnetwork.org) e il prossimo congresso mondiale che si terrà a Vancouver (Canada) dal 9 al 15 settembre 2017.
Il 14 novembre, in occasione della giornata tematica dedicata dalla COP22 all’educazione, WEEC, Collettivo Marrakech éducation 2016, AECP (Alliance pour une Education à la Citoyenneté Planétaire) e MENFP (il Ministero dell’Educazione Nazionale e della Formazione Professionale del Marocco) hanno organizzato il seminario su “L’’educazione per la transizione ecologica”.
Durante la COP22 il Segretariato WEEC ha avuto numerosi incontri con partner della rete, organizzazioni della società civile e rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite, tra cui l’UNEP.20161114 COP22 Mario Salomone and Princess Lalla Hasnaa 3
Il Segretario Generale Mario Salomone ha incontrato la Principessa Lalla Hasnaa, presidente della Fondazione Mohammed VI per la protezione dell’ambiente (che aveva ospitato il Settimo WEEC nel 2013) e Irina Bokova, Direttore generale dell’UNESCO.

Oggetti che diventano estetica

Ad Artissima 2016 un viaggio “onnicentrico” tra oggetti estrapolati dal loro contesto ordinario
 
Tiziana C. Carena
 
Si è svolta dal 4 al 6 novembre la ventitreesima edizione di “Artissima”, sempre all’Oval del Lingotto Fiere di Torino, appuntamento internazionale di arte contemporanea che aveva come tema la “performatività”.
Identità di sperimentazione, innovazione e qualità per unire una progettualità globale, alla forza della sua specificità locale – così Sara Cosulich presenta “Artissima 2016”: il nucleo basilare di questa identità va ricercata nel lungo processo che ha portato l’esperienza estetica occidentale a configurarsi come pura espositività. Qualsiasi “cosa” posta spazialmente in posizione tale da attrarre l’attenzione è configurabile come oggetto estetico. Estetico è l’atto dell’esporre, più che la natura dell’oggetto esposto. Una antica eredità futurista: “la vita sente la forma in quanto tale come qualche cosa che la opprime” per usare l’espressione del filosofo tedesco Georg Simmel nel Conflitto della cultura moderna del 1918.
E allora la vita si volge alla performance L’oggetto viene estrapolato dal suo contesto ordinario e situato in uno spazio altro, una sorta di palcoscenico, esposto alla vista; acquisisce una dimensione eidetica, che ne rivela l’essenza: il suo essere nulla senza il suo originario contesto, la sua solitudine, la sua paradossalità, una volta estromesso dal contesto vitale che, originariamente gli apparteneva.
 

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Università e educazione ambientale

“Educazione ambientale, cittadinanza attiva e buone pratiche. Il ruolo dell’Università”, se ne parla a Torino al Festival dell’educazione il 25 novembre
 

Si svolge a Torino dal 23 al 27 novembre la seconda edizione del Festival dell’educazione, con un fittissimo programma di incontri e dibattiti.

Nell’ambito del Festival, venerdì 25 novembre dalle 11.00 alle 13.00, presso il Circolo dei Lettori in via Bogino 9, l’Ufficio Green Office dell’Università di Torino (UniToGO) organizza un workshop sul ruolo dell’università nell’educazione ambientale.
Accanto ai due obiettivi fondamentali della formazione e della ricerca, l’Università persegue infatti una terza missione: opera per favorire l’applicazione diretta, la valorizzazione e l’impiego della conoscenza per contribuire allo sviluppo sociale, culturale ed economico della società, attraverso la relazione diretta con il territorio. Al workshop sarà presentato il ruolo degli atenei torinesi in riferimento all’educazione ambientale, con percorsi di cittadinanza attiva e l’applicazione di buone pratiche.
Introduce i lavori: Stefania Giannuzzi, assessora all’Ambiente della Città di Torino 
Coordina: Michele Covolan, responsabile Città Universitaria della Città di Torino 
Interventi: 
“Il ruolo dell’Università nell’Educazione ambientale”
Mario Salomone, segretario generale Rete Internazionale dell’Educazione Ambientale – WEEC World Environmental Education Congresses

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Marrakech: informazione ambientale per un mar Mediterraneo di pace

I giornalisti ambientali del Mediterraneo si organizzano. L’Italia al settantasettesimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa
 
Mario Salomone*
 
(Marrakech) Il Secondo meeting dei giornalisti ambientali del Mediterraneo, svoltosi a Marrakech dall’11 al 13 novembre 2016 in parallelo alla COP22 sul clima (scopri di più CLICCANDO QUI), ha visto un interessante dibattito e alcune importanti novità.
La premessa sono l’alta vulnerabilità dell’area e la storia plurimillenaria di peregrinazioni, scambi e commerci in un mare che visto sul mappamondo è solo un piccolo lago dove opposte rive si guardano a distanza di poche decine o centinaia di chilometri. Non a caso, l’incontro è stato promosso dall’ufficio della IUCN per il Mediterraneo insieme alla EFE (l’agenzia stampa spagnola, quarta nel mondo per importanza) e alla rete regionale delle grandi agenzie di stampa (AMAN) e con la partecipazione di organizzazioni per la cooperazione euro-mediterranea e di associazioni e federazioni di giornalisti ambientali e scientifici (per l’Italia, la FIMA).
 
Una “Carta”, una rete mediterranea e una piattaforma web
 
Cominciando dalle novità, l’incontro ha aperto il dibattito su una “Carta” dell’informazione ambientale mediterranea, cui sabato 12 è stata dedicata una tavola rotonda coordinata da Ignacio e da chi scrive.
Il dibattito proseguirà nei prossimi mesi per arrivare a un testo ampiamente condiviso.
 

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Clima africano a Marrakech

Pianeta sempre più caldo, politica distratta, paesi africani in ansia: il continente, insieme al Mediterraneo, è una delle aree più a rischio. Entro il 2020 60 milioni di profughi climatici dall’Africa subsahariana vero nord
 
Mario Salomone
 
(Marrakech) Sulle cime dell’Atlante c’è già la prima neve, ma i dati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale non lasciano dubbi: ogni anno che arriva è più caldo dei precedenti e il più caldo di sempre, mentre la Banca Mondiale certifica che i danni provocati da disastri naturali e sociali collegati al riscaldamento globale ammontano a 520 miliardi di dollari ogni anno.
Non è quindi solo la vicinanza geografica (e la politica estera marocchina di buon vicinato) a spingere alla COP 22 una folta schiera di capi di stato e di governo africani e della penisola arabica (il gruppo più numeroso tra la settantina di Stati rappresentati ai massimi livelli – e tra i quali i leader europei scarseggiano), oltre ai rappresentanti dei piccoli stati insulari (i più minacciati dall’innalzamento degli oceani), ad amministratori locali e a molte organizzazioni della società civile che presentano i loro progetti e le loro reti per la lotta al cambiamento climatico.
Se la desertificazione, infatti, minaccia almeno 110 paesi e un miliardo di persone, tra 350 e 600 milioni di africani dovranno fare i conti con la mancanza d’acqua. Insieme a loro, diminuiranno le rese, patiranno le coltivazioni e l’allevamento, spariranno mais, miglio e sorgo, e aumenteranno la povertà e le migrazioni, sia interne, sia tra stato e stato in Africa. 
 

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Trump “riscalderà” anche il pianeta?

Entusiasti i sostenitori di Donald Trump, preoccupazione tra i delegati alla COP 22 di Marrakech per la sorte della lotta al riscaldamento globale e perfino del PIL moondiale. Ma il business dell’innovazione potrebbe prevalere sulle lobby dei fossili
 
Andrea Ferrari Trecate
 
 
L’elezione di Donald Trump pone l’America e non solo di fronte ad una evidente spaccatura sociale e culturale, quindi prima di rivolgere l’attenzione a quali sono i progetti ambientali del nuovo presidente, dovremmo chiederci chi ha votato un candidato che non ha mai fatto mistero delle sue posizioni negazioniste e retrograde verso le tematiche ecologiche.
Trump è stato democraticamente eletto per paradossale merito della sua ignoranza, ignoranza che ha trovato un terreno fin troppo ampio e fertile per diffondersi. Oggi più che mai ci troviamo costretti a guardare ai votanti e non al votato.
 
Una sfida che passa attraverso l’’informazione e l’educazione
 
Ogni sfida epocale, come lo è la lotta ai cambiamenti climatici, passa attraverso l’informazione scientifica, l’educazione, l’istruzione nelle scuole e nelle università.
A chi ha parlato allora, il tycoon di Wallstreet? Chi ne ha recepito il messaggio?
Secondo l’analisi di Gabriele Catania per ‘Gli Stati Generali’, i numeri parlano chiaro e sono quelli degli stati più arretrarti dal punto di vista tecnico-scientifico. Legati ancora alle fonti fossili, con una capacità di innovazione e di istruzione bassa o medio bassa, rappresentano le ‘due Americhe’ schieratesi contro Hillary Clinton: una, quella della Rust Belt (la cintura industriale che va dalla Pennsylvania all’Ohio), per decenni serbatoio di voto dei democratici; l’altra, l’America agrario-idrocarburica (Texas, Utah, North Carolina), roccaforte repubblicana fin dai tempi di Nixon. 
Questi stati hanno decretato la vittoria di Trump: si sono allineati alle sue promesse di disattendere gli accordi di Parigi, al suo negazionismo in materia di cambiamenti climatici (un’invenzione della Cina, per indebolire l’economia statunitense); hanno scelto di appoggiare le idee del magnate che difende il fracking e le estrazioni da sabbie bituminose; attendono che il nuovo presidente smonti il Clean Power Act e le politiche ambientali varate dal governo di Barack Obama.

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