Speciale Salone del libro/Spazio virtuale. Una manciata di parole

di Tiziana C. Carena e Francesco Ingravalle

Giovanni De Luna, La Resistenza perfetta, Milano, Feltrinelli, 20015

 

Torino. Il 15 maggio al Salone del Libro, Sala azzurra, introduce la presentazione Carlo Greppi, richiamando l’attenzione sul fatto che l’approccio meramente celebrativo al fenomeno della Resistenza non è sufficiente a restituire la complessità vitale di questa fase storica della vicenda dell’Italia. In effetti, il quotidiano “Libero” ha realizzato basato sulla domanda “La Resistenza vi ha stufati?”

La lettura del fenomeno resistenziale è affrontata da un’ottica non tradizionale, nella cornice del Castello di Bagnolo, teatro di un “incontrasi” fra diverse motivazioni anti-fasciste e tra diversi vissuti. 

Nella grande arena dell’uso pubblico della storia richiede che si sconfiggano i luoghi comuni che hanno affollato la produzione storiografica dell’ultimo ventennio. Il revisionismo ha, solitamente, giustapposto atti di violenza non contestualizzandoli, impedendo di comprenderli a fondo. In realtà, osserva De Luna, dal 25 aprile del 1945  al 10 maggio 1945 si è sviluppato una specie di “stato di natura” in cui ciascuno si è appropriato della libertà di farsi giustizia- libertà che gli è solitamente negata e che è riservata solitamente dal potere sovrano. Rispetto a vent’anni di revisionismo e di “desertificazione morale”, ora, le cose stanno diversamente. E’ cambiato il tipo di dibattito storiografico; gli storici si sono fatti più attenti alle scelte individuali che hanno sostanziato la Resistenza. 

Bisogna tenere conto che quello che crolla nel 1945 è uno Stato totalitario. Per vent’anni gli italiani non avevano mai pensato con la propria testa, sottoposti a ferrea disciplina, gerarchia. Il vuoto creatosi con la crisi del fascismo, dall’ 8 settembre del 1943, stimola la formazione dei primi gruppi partigiani che si accrescono, poi, numericamente sino al 25 aprile del 1945. In questo lasso di tempo si crea una situazione complessa nella quale si crea una unità anti-fascista ove convergono posizioni politiche e ideologiche altrimenti inconciliabili e che si separeranno a Resistenza finita: la narrazione di De Luna, pur limitata al “teatro” costituito dal castello di Bagnolo, coglie un aspetto decisivo del fenomeno resistenziale.

Ora che la dimensione partitica è scomparsa (nessuno dei partiti che erano stati protagonisti della resistenza esiste più) è importante sottolineare la dimensione individuale della scelta anti-fascista, di fronte all’attuale prevalenza degli atteggiamenti “plebiscitari”. Senza dimenticare che, come ha sostenuto Claudio Pavone a suo tempo, la guerra del 1943-’45 è stata l’intreccio di tre guerre: guerra di liberazione (contro i tedeschi e i loro sostenitori italiani), guerra di classe (contro i padroni) e guerra civile (fra fascisti e anti-fascisti); dunque l’intreccio di tre motivazioni molto diverse in un solo movimento anti-fascista. In questo quadro le motivazioni individuali rappresentano un aspetto di primaria importanza: quello dell’assunzione di responsabilità, del coraggio civile: un essere protagonisti, un essere capaci di incidere nella vicenda storica nella quale ci si trova a vivere. Un essere protagonisti che si concretizza nell’essere partigiani per istinto: istinto, spontaneità e organizzazione convergono nel perseguire l’obiettivo di una “nuova Italia” democratica, in nome di una religione civile della libertà.

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