Se le risorse diventano esauribili

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Risorsa, dal francese “ressource” e, prima ancora, dal latino “resurgere”, sta a indicare non solo ciò che può essere trasformato in “bene economico” ma anche qualcosa che “risorge”. Poiché qualcosa che risorge non può esaurirsi, c’è un’evidente contraddizione in termini nell’espressione “risorse esauribili”.
Questo può essere un modo per giocare con le parole forzando una realtà che è notoriamente diversa. E ci ricorda che da duecento anni la crescita economica si è realizzata, quando e dove si è realizzata, utilizzando fonti di energia e materie prime ritenute abbondanti e inesauribili.

Tuttavia, mettendo in relazione l’uso delle risorse con l’incontrollato aumento della popolazione terrestre, già a fine del XVIII secolo, Thomas Robert Malthus manifestava le note preoccupazioni. Nel 1798 fu pubblicato il saggio I principi della popolazione in cui il professore di economia inglese, che era anche pastore anglicano, prevedeva che l’incremento senza limiti della popolazione potesse avere conseguenze ecologiche disastrose. Ciò perché le disponibilità alimentari tendono a diventare insufficienti, dal momento che queste crescono in progressione aritmetica (1,2,3,4,…..) mentre la popolazione ha una crescita geometrica (1,2,4,8,16…). Nella visione di Malthus, la soluzione per il superamento di questo inevitabile squilibrio poteva essere offerta da “guerra, vizio e indigenza”. Solo venti anni dopo, nel 1817 Malthus prese in considerazione la possibilità di riequilibrio della situazione tramite il controllo delle nascite.

Comunque una prospettiva appariva certa: in assenza di interventi correttivi delle tendenze ci avrebbe pensato la natura a togliere le sedie i cui occupanti non avrebbero potuto trovare soddisfazione “al gran banchetto della natura”. Insomma un destino di fame e morte o, se si preferisce, un destino di morti per fame per una popolazione in crescita incontrollata. Questa impostazione, come è noto, è stata radicalmente ribaltata nei due secoli successivi durante i quali si è passati alla visione opposta di un pianeta stracolmo di risorse in abbondanza.

Risorse razionate o sprecate?
Si tratta di un vecchio equivoco. Già nel 1944, in apertura della Conferenza di Bretton Woods, il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti Henry Morgenthau, individuò la necessità di un “rapido progresso materiale” su quella che considerava “una terra traboccante all’infinito di ricchezze naturali”. Una visione di questo tipo è stata imperante almeno sino all’inizio degli anni Settanta quando il primo dei rapporti del MIT al Club di Roma significativamente intitolato I limiti dello sviluppo, diede un sostanzioso contributo alla diffusione di consapevolezza della finitezza di tante risorse naturali non rinnovabili.
Sino ad allora il mercato non era stato in grado di attribuire un prezzo a risorse ‘libere’, ma tuttavia scarse, come l’acqua, l’aria pulita nelle città eccetera. Di conseguenza, tali risorse non solo non sono state “razionate”, ma sono state generalmente sprecate. Ne è derivata anche la crescente difficoltà a governare l’ambiente proprio mentre -anche a causa dei “princìpi” di Bretton Woods- si assiste ad una globalizzazione degli attacchi all’ambiente in materia di emissioni inquinanti, di produzione di rifiuti, di assottigliamento delle scorte di quelle risorse sulle quali Morgenthau riteneva si potesse puntare per il “rapido progresso materiale su una Terra traboccante all’infinito di ricchezze naturali”.
Di qui la preoccupazione per le sorti dell’umanità.
Questa preoccupazione è “giustificata” prevalentemente dal modo in cui il problema delle risorse (che da allora si cominciò a distinguere in rinnovabili ed esauribili) è stato tradizionalmente impostato, valutando in modo quasi esclusivo la durata della disponibilità di fonti di energia e materie prime.

Questione di risorse o di bisogni?
In realtà la questione andrebbe più opportunamente affrontata (forse anche in modo potenzialmente più angosciante) puntando soprattutto sui bisogni. Nel senso che la preoccupazione non è legata tanto alla disponibilità di risorse quanto alla possibilità di soddisfare bisogni. Questi sono inalterati, nel tempo e nello spazio, e storicamente sono stati soddisfatti con il ricorso a fonti di energia e materie prime e le tecnologie appropriate disponibili in quella determinata epoca storica.
Poiché è più che verosimile che ciò avverrà anche nei secoli a venire, quando non si potrà più disporre di petrolio e carbone, di minerali di ferro e di rame, tanto per fare qualche esempio, è inimmaginabile che quando ciò dovesse avvenire, si bloccherà la circolazione di tutti i mezzi di trasporto; non si produrrà più acciaio e l’energia elettrica (comunque prodotta) non potrà più essere trasportata a lunghe distanze e via ipotizzando.
Vale a dire che è verosimile che le risorse in via di esaurimento saranno prima integrate poi rimpiazzate da fonti di energia e materie prime sostitutive di quelle scomparse o in via di esaurimento.
Il paradosso sta nel fatto che mentre questo approccio rassicurante al problema riguarda le risorse non rinnovabili in tempi storici, non altrettanto si può dire per quelle rinnovabili. È il caso di due risorse come l’acqua e l’aria, le quali ancorché rinnovabili sono potenzialmente in grado di fornire più elementi di preoccupazione di risorse non rinnovabili e magari vicine all’esaurimento come ad esempio il petrolio non lontano dal raggiungimento del suo picco.

Impegnarsi per mantenere aria e acqua rinnovabili
L’aria è un miscuglio di gas che garantisce la vita a tutti gli esseri animati dotati di polmoni per la respirazione: primi fra tutti gli esseri umani. Se l’esasperato inquinamento dovesse comprometterne la respirabilità, non vi sarebbero alternative a quella risorsa e il risultato sarebbe il forte incremento di malattie e morti. L’acqua, anch’essa giustamente definita una risorsa di vitale importanza, è H2O; è presente in natura in eccezionale quantità e si rinnova annualmente attraverso quel processo naturale noto come ciclo dell’acqua. Ma se mutamenti del ciclo dovessero verificarsi, ad esempio, a causa dei mutamenti climatici e se la qualità della sua disponibilità dovesse essere compromessa dall’inquinamento di natura umana, quella risorsa diventerebbe sempre meno disponibile e non potrebbe essere sostituita da altra sostanza liquida per soddisfare i bisogni umani.
Non altrettanto per il petrolio che tuttora è una fondamentale risorsa, come materia prima e come fonte di energia e la cui indisponibilità troverà, come parzialmente sta avvenendo, fonti di energia e materie prime di sostituzione per soddisfare i bisogni ai quali si provvede oggi con il petrolio.

Gestire le risorse disponibili
In conclusione il problema è anche quello di saper gestire le risorse disponibili limitandone i consumi ed evitando gli sprechi. E mi sembra tuttora valida l’affermazione dell’economista statunitense Lester Thurow (citato in D.H. Meadows, D.L.Meadows, J.Randers, Oltre i limiti dello sviluppo, Il saggiatore, Milano 1993) secondo il quale “Se la popolazione mondiale avesse la produttività degli svizzeri, i consumi medi dei cinesi, le inclinazioni egualitarie degli svedesi e la disciplina sociale dei giapponesi, il pianeta Terra potrebbe sopportare una popolazione molte volte maggiore di quella attuale. Se, invece, la popolazione mondiale avesse la produttività del Ciad, i consumi medi degli USA, le inclinazioni egualitarie dell’India e la disciplina sociale dell’ex Jugoslavia, il pianeta Terra non riuscirebbe neppure a sopportare la popolazione attuale.”

Ugo Leone
15 aprile 2013

 

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