LOCARNO 2009, il cinema al telefonino

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Vi sembra plausibile che un festival cinematografico internazionale e di ampie proporzioni possa accogliere accanto alla competizione un film interamente girato con un telefonino cellulare di ultima generazione? La risposta è sì, e quel festival – così antitradizionale per sua tradizione, scusate l’ossimoro – è il 62° Festival del film di Locarno, Svizzera, che si è tenuto dal 5 al 15 agosto 2009.

E vi sembra plausibile che un regista italiano – sì, italiano, avete letto bene – possa osare l’inosabile e girare un film interamente con un telefonino cellulare di ultima generazione, addirittura tentando un audace mix di fiction “a tesi” e sperimentazione? La risposta è sì, e quel regista – così eclettico quanto lo è il Festival di Locarno che ospita il suo ultimo lavoro – è proprio Pippo Delbono, che con La paura (Italia 2009), presentato il 9 agosto 2008 in anteprima mondiale al pubblico di Locarno, ha girato un affascinante esperimento linguistico sulle maggiori paure dell’Italia contemporanea, dalla xenofobia alla paura dell’Altro in generale, dalla paura delle malattie alla paura dell’obesità in particolare (in uno spassosissimo siparietto ad inizio film), dalla paura degli animali per arrivare alla generica ma non meno spaventosa paura della povertà. Ne deriva un impressionante spaccato dell’Italia – e in particolare di una città come Milano, con il suo corteo di uomini politici – che viene scandagliata nei suoi recessi più arretrati ed immobilistici e primitivi, nonostante che il (mini)occhio del regista si aggiri nella contemporaneità.

Lo stile è selvaggio, la qualità visiva quasi per nulla sgranata, con momenti di rara drammaticità (il funerale milanese di un giovane africano ucciso dai proprietari di un negozio per aver rubato un pacchetto di biscotti, sic!) e memorabili, impietosi ritratti della società dello spettacolo che rifulge in tutta la sua pochezza. Le teorie zavattiniane del pedinamento e della cosiddetta “caméra-stylo” sognata da teorici come Alexandre Astruc, quella (cine)camera che fosse in grado di rendere la realtà interiore come una penna può fare in mano ad uno scrittore, trovano qui una nuova espressione attraverso il telefono ultraleggero di Delbono, già autore del documentario Guerra e dello strano e affascinante Grido del 2006.

«Qualsiasi cosa accadesse, potevo lavorare al film,», ha dichiarato il regista in occasione dell’incontro con il pubblico, «ed è per questo che nel 2008, a Parigi, quando il Forum des Images mi ha proposto singolarmente di documentare la realtà con un telefonino, sono riuscito ad insinuarmi tutti i giorni nei sogni più oscuri miei e del mio Paese. Ho scoperto la sceneggiatura segreta de La paura solo girando il film, ed il telefono filmante ha abbattuto i muri tra me e quanti sono stati invitati inconsapevolmente ad apparire nella mia opera».

Lo stile digitale e diremmo “corsivo”, rispetto alla sacralità del 35mm, permette che improvvisamente si materializzi nel film una curiosa atmosfera di “cine-laicità dello sguardo”. E fra gli altri protagonisti di questa competizione di Locarno così fuori dagli schemi ricordiamo anche A religiosa portuguesa di Eugène Green; Akadimia Platonos di Filippo Tsitos; un drammatico thriller della Malaysia intitolato Sham Moh di Ho Yuhang; due film giapponesi, Summer Wars di Mamoru Hosoda e Wakaranai diMasahiro Kobayashi (già vincitore del prestigiosissimo Pardo d’Oro nel 2007 con Rebirth); Shirley Adams, opera sudafricana di Oliver Hermanus; infine, il brasiliano Os famosos e os duendes da morteEsmir Filho e l’irlandese Nothing Personal di Urszula Antoniak.

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Tutto ciò per non citare gli appuntamenti straripanti pubblico nella superba cornice di Piazza Grande, con uno dei sistemi di proiezione in digitale più innovativi d’Europa (come sa chi è un habitué di Locarno, e vale il detto: vedere per credere), fra i quali spiccano le anteprime di Days of Summer di Marc Webb; l’ultimo film di Amos Gitai La guerre des fils de lumière contre les fils des ténèbres; My sister’s keeper di Nick Cassavetes con Cameron Dia; Julia’s Disappearance di Christoph Schaub con Bruno Ganz, in prima mondiale; Marching Band di Claude Miller; l’intenso Les derniers jours du monde di Arnaud e Jean-Marie Larrieu con la convincente performance di Olivier Mauvezin; i cartoons Pom polo di Isao Takahata e Redline di Takeshi Koike. E ancora, sono moltissimi i film della retrospettiva intitolata Manga Impact, che dalla Svizzera – nella stagione prossima – approderà al Museo Nazionale del Cinema. E ancora: fra i molti (leo)pardi pronti a ruggire, un Pardo d’Onore tocca in queste serate anche a Toni Servillo, acclamato interprete del Divo e delle Conseguenze dell’amore – riprogrammato sullo schermo gigante di Piazza Grande – ovviamente della nostra promessa (già per molti versi mantenuta) Paolo Sorrentino.

Non va infine dimenticata una retrospettiva cruciale come la Semaine de la Critique di Locarno, fra i cui titoli – quasi fosse un emblema dello stile ricco di contrasti e antitradizionale di Locarno – citiamo il brillante El milagro del Papa di José Luis Valle, opera che a partire da un fatto di cronaca – un bambino, Heron Badillo, guarito dalla leucemia, così è stato dichiarato, al solo tocco di Papa Giovanni Paolo II, in una visita in Messico nel 1990 – ricostruisce la vita del presunto “miracolato” e di come, a partire da quell’evento, la sua vita si sia svolta all’insegna della più assoluta normalità e il più distante possibile da ogni sospetto di “neo-santità”, a dispetto delle attese della comunità locale, della chiesa cattolica messicana (che lo volle indirizzare, senza successo, al percorso del sacerdozio), del padre così pieno di speranze frustrate (che sull’evento – sopra quel milagro, appunto – scrisse un libro ed iniziò addirittura una carriera politica).
Un documentario anticonvenzionale, estremamente laico, intelligente, ironico, che nuovamente sposa quello stile disinvolto e mobilissimo di cui dicevamo all’inizio, e che avevamo intravvisto nella grafia leggerissima della Paura di Delbono.

Le ombre della sera scendono veloci sui portici della Piazza Grande di Locarno, migliaia di persone si siedono con il naso all’insù, ed ecco che – come ogni sera – il (leo)pardo più agile e disinibito che ci sia ricomincia a muoversi con passo felino in direzione dello schermo.

 

Gabriele Barrera
Critico cinematografico SNCCI / FIPRESCI

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