Incredibile: oggi è la Giornata mondiale della felicità

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Ma l’Italia è al 48° posto, dopo l’Uzbekistan ed è tra i paesi che arretrano di più, declina la felicità negli USA, in Cina è uguale a 25 anni fa, l’Africa sta ancora aspettando che arrivi
Mario Salomone
 
(New York, 20 marzo) Nella giornata che celebra a livello mondiale la felicità (World Happiness Day) è stato pubblicato oggi alle Nazioni Unite il quinto Rapporto mondiale sulla felicità. Il World Happiness Report 2017 classifica 155 Paesi del mondo in base al loro livello di felicità e rientra nei tentativi di elaborare indici più complessi del solo PIL.
“Come dimostrato da molti paesi”, ha detto Jeffrey Sachs, direttore del Sustainable Development Solutions Network, – “questo rapporto prova che la felicità è il risultato della creazione di solide fondamenta sociali. È il momento di costruire fiducia sociale e una vita sana, non pistole o muri. Responsabilizziamo i nostri leader verso questo fatto.”
Come nei rapporti precedenti, il Rapporto mondiale sulla felicità 2017 esamina le tendenze nei dati che registrano come le persone valutano la loro vita su una scala che va da 0 a 10. La classifica, che si basa su indagini in 155 paesi nel triennio 2013-2015, fornisce un punteggio medio di 5.1. Le sei variabili chiave che concorrono a spiegare a variazione annuale nei punteggi nazionali medi nel tempo e tra paesi sono: 1) PIL reale pro capite, 2) aspettativa di vita, 3) avere qualcuno su cui contare (il “capitale sociale”), 4) libertà percepita nelle scelte di vita, 5) assenza di corruzione, 6) generosità.
 
L’importanza del lavoro e dei diritti
 
In base a questi criteri l’Italia risulta solo al 48° posto, dopo l’Uzbekistan e tra quelle che hanno perso più posizioni (a causa delle crisi economica, politica e sociale), in compagnia dello Yemen bombardato dai Sauditi e più dell’Egitto nonostante Al Sisi.
La Cina nonostante la travolgente crescita economica sta come 25 anni fa. Sempre più infelici gli Stati Uniti, che da terzi tra i paesi OCSE nel 2016 erano scesi al 19° posto (e ci dice molto sulla vittoria di Trump) e l’Africa è sempre in attesa di capire cosa sia la felicità: solo pochi paesi africani fanno passi avanti, magari grazie alla fine di una guerra civile o alla caduta di una sanguinaria e corrotta dittatura.
Non stupisce trovare invece ai primi posti paesi come la Norvegia, la Danimarca, l’Olanda, il Canada, la Nuova Zelanda, l’Australia o la Svezia, paesi in cui al benessere si coniugano senso di libertà e poca corruzione.
Oltre allee differenze tra stati, osservano però gli autori del rapporto, bisogna guardare anche alle differenze interne agli stati: la disoccupazione e la cattiva qualità del lavoro sono uno dei fattori che incidono maggiormente sul livello di felicità e le disuguaglianze sono maggiori nei paesi più poveri. L’80 per cento delle differenze nel grado di percezione della propria felicità o infelicità non è tra paesi, ma al loro interno.
Il rapporto è elaborato da Sustainable Development Solutions Network (SDSN) e sostenuto da una donazione triennale della Fondazione Ernesto Illy. Viene curato dal professor John F. Helliwell dell’Università della British Columbia e il Canadian Institute for Advanced Research; dal professor Richard Layard, direttore del Well-Being Programme al Centre for Economic
Performance della LSE; e dal Professor Sachs, direttore del SDSN.

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