Per 24 chilometri lungo la via della non violenza tracciata nel 1961 da Aldo Capitini
Conflitti, femminicidi, mafie, economia “sporca” al centro della marcia annuale per la pace domenica 9 ottobre
Pierluigi Cavalchini
È stato molto netto Flavio Lotti, coordinatore della marcia Perugia-Assisi, nel ribadire il concetto dell’impegno personale – dimostrato con un’attività fisica importante – collegato con l’interesse generale. Attenzione ai problemi e alle dinamiche internazionali, d’ altronde ben sintetizzate in un passaggio della lettera del Sommo Pontefice “siate attenti e reattivi, soprattutto combattete l’indifferenza”, sensibilità per tutto quello che ci sta intorno in una società di forte cambiamento.
Su questo, continua Flavio Lotti “rispetto al passato, la Perugia-Assisi non prende a emblema un solo conflitto, una sola pace necessaria, ma vola più alto sotto lo slogan ’contro l’indifferenza’”. E va oltre, Flavio, ricordando che si è in marcia insieme “contro 80 conflitti che ci sono attualmente nel mondo, ma anche contro i femminicidi, contro le mafie e contro i poteri che tessono le maglie di una economia sporca che permette a un terremoto di causare un massacro”. Soprattutto “ la marcia ha un senso se non diventa una parata. Se dietro ogni rappresentante c’è un impegno”.
Alle parole del coordinatore si è unita la FIMA (Federazione Italiana dei Media Ambientali) portando direttamente i saluti e la disponibilità a future collaborazioni a tutto lo staff organizzativo.
Si è camminato per 24 chilometri lungo la via della non violenza tracciata nel 1961 da Aldo Capitini, rilanciata in questi giorni con la firma della “Dichiarazione di Pace”, per poter perseguire – giorno dopo giorno – uno stile di vita sempre più aderente agli obiettivi di sviluppo sostenibile tracciati dall’ONU nel settembre 2015. Gli stessi ripresi nella Conferenza di Parigi COP 21 del dicembre 2015, che ci portano ad una riflessione profonda su quanto sia importante (ma anche difficile) iniziare una inversione di tendenza nel nostro modo di “fare sviluppo”. Un sistema che, passando dal colonialismo al neo-colonialismo e, oggi, a nuove forme di “sfruttamento” delle materie prime delle nazioni più povere, sta portando ad un collasso che non è più solo economico-finanziario ma che comincia ad essere anche di valori.
Come sempre la partecipazione è stata consistente e, con buona approssimazione, si è raggiunta la ragguardevole cifra di circa 120.000 partecipanti, equamente distribuiti fra nord Italia (specie il TriVeneto), centro, sud e isole. Secondo la miglior tradizione “variegato” e con la lodevole assenza (tranne qualche sporadico caso) di bandiere di partito, sostituite da quelle delle ACLI, delle associazioni scoutistiche, dalle varie rappresentanze sindacali, dall’ANPI, da centinaia di altri gruppi di difesa dell’ambiente, del territorio, della salute e dei diritti di ogni genre e colore. Da rimarcare la presenza di nutriti gruppi, perfettamente integrati, di varie etnie e religioni che hanno percorso regolarmente tutto il tragitto fino alla Rocca di Assisi per gli interventi di chiusura (fino circa alle ore 17). Si è notato il ripetersi di una tendenza già presente nelle ultime marce (che, come è noto, si svolgono con scadenza biennale): l’amichevole, a volte entusiastica, accoglienza delle popolazioni locali, sia a Perugia, sia lungo il tratto, sia ad Assisi. Un susseguirsi di segnali importanti (striscioni ai balconi e alle finestre, gruppi musicali che hanno ripetuto pezzi in segno di saluto e, per ultima, la disponibilità a dare “generi di conforto” come acqua, latte, panini , al passaggio della pacifica colonna.