Un Mare di Fotografie, il Diario 2014

Un Mare di Fotografie, il Diario 2014 fa parte di una collana di “agili testi” di facile consultazione e utilizzo su grandi tematiche ambientali e sociali. Molti titoli, come questo, si riallacciano alle iniziative dell’Istituto comprese nell’area de il Pianeta azzurro, che si occupa di divulgare i temi sulla risorsa acqua. Troverete in questa pubblicazione il resoconto della terza edizione del Tour Un Mare di Fotografie, un vero e proprio viaggio lungo le coste italiane durante il quale è stato raccontato lo stato dei nostri mari attraverso la fotografia. Un evento diventato punto d’incontro per tanti subacquei e un’occasione per sensibilizzare il grade pubblico alla difesa del mare…Nelll’edizione 2014 i partecipanti hanno avuto modo di provare nuove attrezzature, seguire corsi e seminari. 
Tutte le pubblicazioni sono gratuite, sino a esaurimento scorte, e possono essere richieste all’indirizzo mail pianetazzurro@schole.it

LEGGI LA PREFAZIONE di Stafano Moretto

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#achicompetelacultura: una campagna per la cultura

Una campagna e un appello in difesa della cultura: una mobilitazione è nata “dal basso”, da professionisti e operatori che lavorano quotidianamente, spesso in trincea, nel mondo dei beni culturali in Italia. La Riforma delle Province (L. 56/2014, cosiddetta “Legge Delrio”), infatti, mette in serio pericolo centinaia di strutture e servizi culturali su tutto il territorio.

Di questi dovranno farsi carico altri enti, in primis Regioni e Comuni, chiamati a finanziarli, a occuparsi delle loro attività e a prendersi carico del loro personale.

Ma – avvertono i promotori – in tutta Italia si respira un clima di incertezza diffusa, senza occasioni di confronto, senza una visione unitaria e soprattutto con una preoccupante mancanza di chiarezza su chi e come riuscirà a trovare le risorse finanziarie necessarie alla sopravvivenza di tantissimi musei, biblioteche, archivi, reti e sistemi culturali.

Sono a rischio servizi ai cittadini e a turisti, tutela del patrimonio, offerta culturale, posti di lavoro, professionalità, con la concreta possibilità che la riforma si traduca in un fallimento e che centinaia di luoghi della cultura vadano incontro a una drammatica chiusura o, se va bene, a un drastico ridimensionamento di attività e servizi.

 

L’iniziativa è condivisa dalle più importanti associazioni del settore: ICOM Italia (International Council of Museum – UNESCO), AIB (Associazione Italiana Biblioteche), ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), MAB – coordinamento permanente di Musei Archivi e Biblioteche.

La campagna è realizzata e promossa da Mediateur – idee e servizi per i beni culturali.

 

Il sito web della campagna è www.achicompetelacultura.it
La campagna è anche su Facebook e Twitter

 

Per firmare l’appello CLICCA QUI

#achicompetelacultura: una campagna per la cultura

Una campagna e un appello in difesa della cultura: una mobilitazione è nata “dal basso”, da professionisti e operatori che lavorano quotidianamente, spesso in trincea, nel mondo dei beni culturali in Italia. La Riforma delle Province (L. 56/2014, cosiddetta “Legge Delrio”), infatti, mette in serio pericolo centinaia di strutture e servizi culturali su tutto il territorio. Di questi dovranno farsi carico altri enti, in primis Regioni e Comuni, chiamati a finanziarli, a occuparsi delle loro attività e a prendersi carico del loro personale.

Ma – avvertono i promotori – in tutta Italia si respira un clima di incertezza diffusa, senza occasioni di confronto, senza una visione unitaria e soprattutto con una preoccupante mancanza di chiarezza su chi e come riuscirà a trovare le risorse finanziarie necessarie alla sopravvivenza di tantissimi musei, biblioteche, archivi, reti e sistemi culturali.

Sono a rischio servizi ai cittadini e a turisti, tutela del patrimonio, offerta culturale, posti di lavoro, professionalità, con la concreta possibilità che la riforma si traduca in un fallimento e che centinaia di luoghi della cultura vadano incontro a una drammatica chiusura o, se va bene, a un drastico ridimensionamento di attività e servizi.

 

L’iniziativa è condivisa dalle più importanti associazioni del settore: ICOM Italia (International Council of Museum – UNESCO), AIB (Associazione Italiana Biblioteche), ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), MAB – coordinamento permanente di Musei Archivi e Biblioteche.

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#achicompetelacultura: una campagna per la cultura

Una campagna e un appello in difesa della cultura: una mobilitazione è nata “dal basso”, da professionisti e operatori che lavorano quotidianamente, spesso in trincea, nel mondo dei beni culturali in Italia. La Riforma delle Province (L. 56/2014, cosiddetta “Legge Delrio”), infatti, mette in serio pericolo centinaia di strutture e servizi culturali su tutto il territorio. Di questi dovranno farsi carico altri enti, in primis Regioni e Comuni, chiamati a finanziarli, a occuparsi delle loro attività e a prendersi carico del loro personale.

Ma – avvertono i promotori – in tutta Italia si respira un clima di incertezza diffusa, senza occasioni di confronto, senza una visione unitaria e soprattutto con una preoccupante mancanza di chiarezza su chi e come riuscirà a trovare le risorse finanziarie necessarie alla sopravvivenza di tantissimi musei, biblioteche, archivi, reti e sistemi culturali.

Sono a rischio servizi ai cittadini e a turisti, tutela del patrimonio, offerta culturale, posti di lavoro, professionalità, con la concreta possibilità che la riforma si traduca in un fallimento e che centinaia di luoghi della cultura vadano incontro a una drammatica chiusura o, se va bene, a un drastico ridimensionamento di attività e servizi.

 

L’iniziativa è condivisa dalle più importanti associazioni del settore: ICOM Italia (International Council of Museum – UNESCO), AIB (Associazione Italiana Biblioteche), ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), MAB – coordinamento permanente di Musei Archivi e Biblioteche.

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https://www.change.org/p/a-chi-compete-la-cultura?utm_campaign=responsive_friend_inviter_chat&utm_medium=facebook&utm_source=share_petition&recruiter=47875544

Pino Daniele come Troisi e Amelio

Ugo Leone

 

Ero carico di dolore mentre giravo tra le sale della mostra che al Madre di Napoli ricorda Lucio Amelio.

Era il dolore per la morte di Pino Daniele. Un dolore pari a quello che mi aveva colpito per la morte di Massimo Troisi. D’Amelio, Troisi, Daniele, tre personaggi che significano l’arte figurativa contemporanea, il cinema, la musica. Tre personaggi che hanno portato Napoli in giro per il mondo e il mondo in giro per Napoli. Tre personaggi. Ma se vado indietro nel tempo, ne trovo molte altre decine che nelle arti di ogni tipo, nella politica, nell’economia, nello sport, nelle scienze, nella filosofia e nella storia hanno fatto di Napoli una permanente capitale della cultura. Sono stati “mille colori” di questa città grande serbatoio di contraddizioni, di dolori e piaceri, di speranze e delusioni.

Se vado indietro nel tempo, appunto. Ma se mi fermo al presente e mi proietto col pensiero nel futuro? Che dire? Mi viene ancora una volta in mente Leopardi e penso a questo “infinito silenzio” e alle “morte stagioni”.

Così “tra questa immensità s’annega il pensier mio”, ma il naufragar non m’è affatto dolce in questo mare.

Un futuro c’è

Durante un recente incontro un famoso esperto di mare ha parlato del nostro pianeta, di come vanno le cose negli oceani, delle trasformazioni in atto concludendo, come risposta ad una domanda di uno dei presenti, che siamo sull’orlo di una catastrofe globale e che non si vede come si potrebbe evitarla.
Insomma, il suo pur brillante intervento era nell’insieme decisamente negativo e questo mi ha fatto pensare come ormai sia sempre più facile parlare di cose che non funzionano, di tragedie, catastrofi e mali aggiungendo spesso e volentieri il prefisso mal- ad ogni sorta di sostantivi.
Non nego che anche tanti miei oblò siano stati ispirati ad avvenimenti poco piacevoli, e questo è stato inevitabile vivendo anch’io sul vostro stesso pianeta. Forse anche per questo, perché è l’ultimo oblò del 2014, perché ne sento la necessità, condivisa spero da tanti, e per spezzare la fosca caligine che ci circonda (scusate ci stavo ricascando!), ho deciso di provare a regalare a tutti con questo pezzo un po’ d’ottimismo e di fiducia per il futuro.
Innanzi tutto non dimentichiamoci di Pianeta Azzurro che cresce di anno in anno con sempre nuove iniziative e progetti, come quello straordinario intitolato Water Crew, e che è ben avviato sulla rotta che lo porterà tra qualche tempo a festeggiare i suoi venti anni d’attività.
Non dimentichiamoci neppure dei sempre più numerosi amici del mare. Sarà forse un’idea mia, ma ho l’impressione che alle persone il mare e la sua vita interessino sempre di più. Vedo molto fermento in giro, gruppi spontanei che si formano, gente che chiede, s’interessa e questo è sicuramente un buon segno.
Abbiamo un’astronauta italiana, Samantha Cristoforetti, che ci sta inviando bellissime foto dallo spazio, moltissime di mari e coste e che, in uno dei suoi messaggi quotidiani, ci ha ricordato come gli oceani dominino la Terra. Inoltre, così dicono le cronache, si è portata nello spazio scorte di pesce azzurro, un invito indiretto a conoscere e consumare meglio le risorse biologiche marine.
Siamo riusciti a far atterrare una sonda su una cometa programmando con precisione un appuntamento fissato nel 2004. Ciò significa che dal momento del lancio sono passati quasi 3650 giorni ed è forse questo, al di là delle scoperte scientifiche legate al progetto, il risultato più grande: la dimostrazione che l’uomo è capace di organizzare imprese il cui risultato si vedrà soltanto a distanza di anni. E questo dovrebbe indurci a riflettere sul fatto che è possibile e importante guardare sempre avanti.
L’epidemia di ebola che devasta alcuni stati africani è sicuramente una delle più gravi catastrofi sanitarie che ha colpito il pianeta. I morti sono migliaia, gli ammalati ancora di più eppure accanto a loro ci sono uomini straordinari che, non a caso, la prestigiosa rivista TIME (un altro richiamo al tempo) ha voluto nominare “persona dell’anno” in riconoscimento del fatto che tutti costoro hanno “rischiato e insistito, si sono sacrificate e hanno salvato vite umane”, in un contesto in cui neanche i governi e l’Organizzazione mondiale della sanità erano preparati ad affrontare l’epidemia.
Questo per ricordare che l’uomo non è capace solo di fare del male, soprattutto a se stesso e al pianeta che abita, ma è soprattutto capace di imprese straordinarie in tutti i campi e allora cerchiamo di coltivare e incentivare queste buone pratiche, ricominciamo a guardare in alto e più lontano di dove il nostro sguardo riesce ad arrivare e reimpariamo a stupirci delle bellezze del creato, mari compresi ovviamente. 

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Un Po per Expo 2015

Con i suoi 652 chilometri, il Po è il fiume più lungo d’Italia: si estende su un bacino di oltre 70.000 km2, bagnando quattro regioni e attraversando tutta la Pianura Padana.
Nasce ai piedi del Monviso, sulle Alpi piemontesi e giunge fino all’Adriatico, dove si trova la foce.
Oltre ad essere un elemento naturalistico e paesaggistico di grande rilievo, costituisce un’importante risorsa in termini economici, turistici ed identitari: si tratta quindi di un elemento da tutelare non solo per ragioni ambientali, ma anche culturali ed economiche.
Si inserisce in questo contesto il progetto “Un Po per l’Expo 2015”, che mira a valorizzare i territori correlati al fiume e a creare una rete di stakeholder (imprese, albergatori, ristoratori, etc.) che possano collaborare sul territorio. L’obiettivo finale è rivitalizzare i territori lungo il Po e  renderli fruibili ed appetibili per un turismo di tipo sostenibile, caratterizzato da visitatori che sappiano apprezzare una giornata all’aria aperta, assaggiando prodotti tipici e visitando musei locali.
Il progetto sembra essere di particolare interesse per gli appassionati di cicloturismo fluviale, che hanno a loro diposizione nel territorio del Po più di 2.300 km di piste ciclabili in sede promiscua e 939 km di piste in sede propria, con servizi di accoglienza dedicati.
Il Po, quindi, come occasione di sviluppo sostenibile e di riavvicinamento alla natura e come modalità per apprezzare la risorsa “acqua” sotto un diverso e nuovo punto di vista.
Il nostro augurio è che questo progetto possa costituire un importante passo verso la valorizzazione del fiume Po come luogo di aggregazione, di benessere e di cultura, capace di attirare turisti italiani e stranieri, famiglie, anziani e giovani appassionati di sport.

Per approfondimenti sul progetto

http://www.unpoxexpo2015.org/home/?lang=it

http://www.visitporiver.it/

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Parto in acqua

L’acqua fa parte del nostro ambiente naturale durante i nove mesi in cui prendiamo forma nella pancia della mamma. Nascere in acqua, all’interno di apposite vasche, è un vantaggio per il nascituro e per la mamma.
In molte strutture, se non vi sono controindicazioni, è possibile effettuare il cosidetto parto in acqua.
Questo tipo di parto non è certo comune come quelli più tradizionali, ed è per questo motivo che la maggior parte delle donne è spesso spaventata da questa opzione. Alcune ricerche, però, mostrano come i bambini nati in acqua siano in salute esattamente come quelli nati in circostanze più “normali”. Per questo scopo ci sono vasche o piscine create ad hoc, più grandi e profonde rispetto a quelle da bagno. Questi tipi di vasche possono essere affittati e sono disponibili in molti ospedali. 
L’acqua ha effetti di riduzione della componente dolorosa, minore intervento ostetrico e minori tempi di travaglio.
L’acqua toglie la gravità e la donna riesce a recuperare energia e il respiro si fa calmo e profondo.
L’acqua libera le endorfine che rendono la percezione delle contrazioni più sopportabile e si crea una sensazione di benessere sul tutta la superficie del corpo che è a contatto con l’acqua. L’acqua deve essere di circa 37gradi, questa temperatura rilassa la muscolatura rendendo meno dolorose le contrazioni e la meno tensione muscolare accelera la dilatazione. Studi riportano che il parto in acqua dura dai 30 ai 40 minuti in meno rispetto agli altri. 
Parlatene con la Vostra Ostetrica di fiducia e valutate insieme se il parto in acqua rientra nelle vostre possibilità’, alcune controindicazioni al parto in acqua sono: la gestosi, il feto podalico, la necessità di effettuare l’anestesia epidurale, eventuali complicanze o patologie.

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Mondo dei rom, duro e amaro

Elisabetta Gatto

 

In Mange tes morts di Jean-Charles Hue non sono le atmosfere gitane e balcaniche alla Kusturica a caratterizzare questo road movie, piuttosto uno spaccato crudo e amaro delle relazioni in un campo rom.

Tra cristianesimo pop e valori profondamente romanì, la kumpánia che si è insediata in una non precisata località francese si tiene in equilibrio tra tradizione e accettazione delle regole della società. Fino a quando non fa ritorno dal carcere, dove ha scontato quindici anni di detenzione per l’omicidio di un poliziotto, Fred, il maggiore di tre figli, oggi poco più che trentenne.

In barba alla funzione rieducativa del carcere, è pronto a riprendere il passato di delinquenza perché convinto che in fondo non si possa cambiare mai. Trova una giustificazione alla criminalità come arma contro la povertà: è stato costretto a diventare un ladro dalla necessità di procurare da vivere alla sua famiglia, quando è rimasto orfano, con due fratelli più piccoli e una madre malata.

Non sono passate ventiquattro ore e le porte del carcere potrebbero riaprirsi per lui dopo il tentativo di furto di rame – che è andato male, ma ha comunque lasciato sul tragitto una vittima.

Per il fratello minore Jason, dal soprannome altisonante di Jack (da Jack lo Squartatore) si profila un avvenire diverso, grazie all’intervento del cugino.

Sparatorie, inseguimenti della polizia, scorribande a tutto gas, furti di carburante, litigate e riappacificazioni ci portano al cuore della saga della famiglia Dorkel. La notte è il tempo del sovvertimento delle regole, della spericolatezza, della ribellione alle regole del mondo gagè, a cui non sentono e non vogliono appartenere.

L’indomani si apre con un battesimo, che più che segnare la conversione di Jason, è la possibilità di lavar via tutte le macchie del passato della sua famiglia. È un nuovo giorno, si può ricominciare tutto daccapo.

Perfettamente a suo agio il cast, formato da giovani rom che non sono attori professionisti, ma hanno un’incredibile presenza scenica.

 

Una giornalista e l’etica. Ma è un film

Intervista virtuale a Sonia Caramma

 

Tiziana Carena

 

Sonia Caramma è speaker, doppiatrice, attrice e conduttrice televisiva…. . eco l’ha intervistata “virtualmente”.

D. Hai lavorato di recente in un film il cui centro è l’etica del lavoro del giornalista, pressato dai démoni della disoccupazione e dalle sirene del successo…

R. Il film si intitola Press regia di Paolo Bertino e Alessandro Isetta, realizzato da Lunafilm, Rai Cinema, con il contributo del MiBACT, in associazione con FIP Film Investimenti Piemonte, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, distribuito dall’ Istituto Luce Cinecittà.

Maurizio e Luca lavorano in una rete televisiva regionale. Maurizio è un giovane giornalista intraprendente, Luca è il suo cameraman. Preoccupato per gli imminenti tagli al personale e stanco dei servizi che gli vengono affidati, Maurizio decide di renderli più interessanti e curiosi, inventandoli in parte. Luca partecipa malvolentieri all’operazione.

I servizi giornalistici vengono “ritoccati” in maniera sempre più spudorata, ed hanno sempre più successo, ma tra Luca e Maurizio nasce un forte conflitto sull’etica del lavoro.

La caporedattrice (Margherita è il mio personaggio) venuta a sapere della falsità dei servizi proposti informa il direttore il quale convoca Maurizio nel suo ufficio avvertendolo che se la verità dei fatti trapelasse la responsabilità del grave gesto cadrà unicamente su Maurizio e sarà la rovina della sua carriera… questo si legge anche dalla scheda del film pubblicata in www.filmitalia.org.

 

D. Qual è stato il tuo percorso formativo?

R. Mi Sono laureata con Gigi Livio con una tesi sulla rivista italiana e il teatro di Macario che fu il primo attore che conobbi personalmente da bambina. Mi innamorai del teatro vedendo un suo spettacolo all’età di 8 anni; e in quel momento forse decisi di fare l’attrice. Ho iniziato a lavorare a teatro con diverse compagnie teatrali ma esigenze familiari mi hanno costretta ad abbandonare questa strada perché il teatro purtroppo non da’ da mangiare. Ecco che mi sono avvicinata alla pubblicità prestando voce e volto a numerosi spot per dedicarmi infine grazie alla mia versatilità ad un ruolo di presentatrice e conduttrice di programmi. Collaboro con Primantenna tv da 15 anni. L’attrice deve essere eclettica, saper fare un po’ di tutto… È vero che poi uno decide di fare il doppiatore o l’attore cinematografico o teatrale o lo speaker radiofonico. È bene conoscere tutte le discipline e imparare a recitare sia con il corpo che con la voce .Macario forse è stato la molla che mi ha spinto ad affrontare questo mestiere. La sua maschera (il suo volto memorabile, una delle tante maschere che spesso usiamo per essere diversi da ciò che siamo… perché l’attore ama fare l’attore anche fuori dalla scena, fingere anche nella vita, se costretto (e io questo l’ho imparato bene), ahimè per essere più credibili, per ottenere qualcosa, recitare per lavorare, per aiutare gli altri o forse per nascondere agli altri quello che sei veramente…).

 

D. Per essere, allora, in taluni casi, bisogna apparire?

R. In questa società dell’immagine, come posso apparire come sono, senza arrivare al paradosso che per essere devo apparire?

 

D. Chi esprime sé stesso, allora?…

R. Chi esprime se stesso è vincente. Ma non sempre è così.

Pirandello sosteneva che le persone nella vita indossano maschere per conformarsi meglio alle regole e ai luoghi comuni della società, ma nel privato voglio essere diversa. Io sono una mamma, una moglie, un’amica come tante rivelandomi nella mia autenticità dell’essere………

 

D. Che cosa pensi della tesi di Diderot secondo la quale per rendere bene sulla scena l’attore deve essere intimamente freddo?

R. La tesi di Diderot è piuttosto nota per il suo carattere paradossale: l’attore è tanto più bravo ed efficace sul palcoscenico quanto meno “sente” il personaggio e interpreta la parte per imitazione dei suoi atteggiamenti e dei suoi sentimenti. Se l’attore imita il personaggio riesce a renderlo efficacemente, se vuole entrare dentro di esso, comprenderlo, riviverlo, in sostanza “diventare” il personaggio da lui interpretato, risulta fiacco e inattendibile. Ciò contraddice tutti gli insegnamenti che gli attori ricevono nelle scuole di teatro prima di calcare il palcoscenico, soprattutto è in opposizione al modello di immedesimazione nel personaggio che contraddistingue il Metodo di recitazione di Kostantin Stanislavskij e poi ripreso in America da Lee Strasberg . Diderot sostiene infatti che l’attore è tanto più grande quanto più usa la testa e meno la sensibilità innata. Il talento da solo non basta, serve l’innesto della tecnica e della cultura. Il grande attore non è colui che si lascia andare alle proprie istintive emozioni, ma chi sa ricostruirle attraverso un lavoro a mente fredda.

Sicuramente l’attore ha un compito preciso: trasmettere emozioni allo spettatore e per rendere possibile questo compito e’ indispensabile che queste emozioni siano sentite o vissute dall’attore stesso. Non bisogna mai dimenticare che in scena si recita il falso, ma per far si che sia credibile occorre renderlo vivo con la sincerità delle passioni e la verosimiglianza delle sensazioni. Quindi, ben venga Stanislavskij con il suo metodo.

L’attore non deve “sembrare” o “fingere”, ma essere il personaggio, viverlo, essere “più vero del vero”, e deve esserlo in una situazione in cui tutto intorno a lui è falso (scene, costumi, trucco, luci, pubblico); nonostante tutto deve creare la sua verità e crederci fino in fondo.

Non è una cosa che viene naturale, bisogna prima imparare a concentrarsi, lavorare sull’immaginario, sapere controllare le proprie emozioni, liberarsi da ogni tipo di condizionamento, consapevole e non consapevole, permettersi di fare spazio in sé a qualcosa o qualcun altro da sé, diventare come un vaso vuoto che uno sceneggiatore, un regista, uno scrittore, un drammaturgo, possano riempire con altre vite, reali o immaginarie. L’attore come una cassa di risonanza, uno strumento che si mette a disposizione. Non è facile. Ma io sono una che non smette mai di imparare e di mettersi in gioco.