Una giornalista e l’etica. Ma è un film

Intervista virtuale a Sonia Caramma

 

Tiziana Carena

 

Sonia Caramma è speaker, doppiatrice, attrice e conduttrice televisiva…. . eco l’ha intervistata “virtualmente”.

D. Hai lavorato di recente in un film il cui centro è l’etica del lavoro del giornalista, pressato dai démoni della disoccupazione e dalle sirene del successo…

R. Il film si intitola Press regia di Paolo Bertino e Alessandro Isetta, realizzato da Lunafilm, Rai Cinema, con il contributo del MiBACT, in associazione con FIP Film Investimenti Piemonte, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, distribuito dall’ Istituto Luce Cinecittà.

Maurizio e Luca lavorano in una rete televisiva regionale. Maurizio è un giovane giornalista intraprendente, Luca è il suo cameraman. Preoccupato per gli imminenti tagli al personale e stanco dei servizi che gli vengono affidati, Maurizio decide di renderli più interessanti e curiosi, inventandoli in parte. Luca partecipa malvolentieri all’operazione.

I servizi giornalistici vengono “ritoccati” in maniera sempre più spudorata, ed hanno sempre più successo, ma tra Luca e Maurizio nasce un forte conflitto sull’etica del lavoro.

La caporedattrice (Margherita è il mio personaggio) venuta a sapere della falsità dei servizi proposti informa il direttore il quale convoca Maurizio nel suo ufficio avvertendolo che se la verità dei fatti trapelasse la responsabilità del grave gesto cadrà unicamente su Maurizio e sarà la rovina della sua carriera… questo si legge anche dalla scheda del film pubblicata in www.filmitalia.org.

 

D. Qual è stato il tuo percorso formativo?

R. Mi Sono laureata con Gigi Livio con una tesi sulla rivista italiana e il teatro di Macario che fu il primo attore che conobbi personalmente da bambina. Mi innamorai del teatro vedendo un suo spettacolo all’età di 8 anni; e in quel momento forse decisi di fare l’attrice. Ho iniziato a lavorare a teatro con diverse compagnie teatrali ma esigenze familiari mi hanno costretta ad abbandonare questa strada perché il teatro purtroppo non da’ da mangiare. Ecco che mi sono avvicinata alla pubblicità prestando voce e volto a numerosi spot per dedicarmi infine grazie alla mia versatilità ad un ruolo di presentatrice e conduttrice di programmi. Collaboro con Primantenna tv da 15 anni. L’attrice deve essere eclettica, saper fare un po’ di tutto… È vero che poi uno decide di fare il doppiatore o l’attore cinematografico o teatrale o lo speaker radiofonico. È bene conoscere tutte le discipline e imparare a recitare sia con il corpo che con la voce .Macario forse è stato la molla che mi ha spinto ad affrontare questo mestiere. La sua maschera (il suo volto memorabile, una delle tante maschere che spesso usiamo per essere diversi da ciò che siamo… perché l’attore ama fare l’attore anche fuori dalla scena, fingere anche nella vita, se costretto (e io questo l’ho imparato bene), ahimè per essere più credibili, per ottenere qualcosa, recitare per lavorare, per aiutare gli altri o forse per nascondere agli altri quello che sei veramente…).

 

D. Per essere, allora, in taluni casi, bisogna apparire?

R. In questa società dell’immagine, come posso apparire come sono, senza arrivare al paradosso che per essere devo apparire?

 

D. Chi esprime sé stesso, allora?…

R. Chi esprime se stesso è vincente. Ma non sempre è così.

Pirandello sosteneva che le persone nella vita indossano maschere per conformarsi meglio alle regole e ai luoghi comuni della società, ma nel privato voglio essere diversa. Io sono una mamma, una moglie, un’amica come tante rivelandomi nella mia autenticità dell’essere………

 

D. Che cosa pensi della tesi di Diderot secondo la quale per rendere bene sulla scena l’attore deve essere intimamente freddo?

R. La tesi di Diderot è piuttosto nota per il suo carattere paradossale: l’attore è tanto più bravo ed efficace sul palcoscenico quanto meno “sente” il personaggio e interpreta la parte per imitazione dei suoi atteggiamenti e dei suoi sentimenti. Se l’attore imita il personaggio riesce a renderlo efficacemente, se vuole entrare dentro di esso, comprenderlo, riviverlo, in sostanza “diventare” il personaggio da lui interpretato, risulta fiacco e inattendibile. Ciò contraddice tutti gli insegnamenti che gli attori ricevono nelle scuole di teatro prima di calcare il palcoscenico, soprattutto è in opposizione al modello di immedesimazione nel personaggio che contraddistingue il Metodo di recitazione di Kostantin Stanislavskij e poi ripreso in America da Lee Strasberg . Diderot sostiene infatti che l’attore è tanto più grande quanto più usa la testa e meno la sensibilità innata. Il talento da solo non basta, serve l’innesto della tecnica e della cultura. Il grande attore non è colui che si lascia andare alle proprie istintive emozioni, ma chi sa ricostruirle attraverso un lavoro a mente fredda.

Sicuramente l’attore ha un compito preciso: trasmettere emozioni allo spettatore e per rendere possibile questo compito e’ indispensabile che queste emozioni siano sentite o vissute dall’attore stesso. Non bisogna mai dimenticare che in scena si recita il falso, ma per far si che sia credibile occorre renderlo vivo con la sincerità delle passioni e la verosimiglianza delle sensazioni. Quindi, ben venga Stanislavskij con il suo metodo.

L’attore non deve “sembrare” o “fingere”, ma essere il personaggio, viverlo, essere “più vero del vero”, e deve esserlo in una situazione in cui tutto intorno a lui è falso (scene, costumi, trucco, luci, pubblico); nonostante tutto deve creare la sua verità e crederci fino in fondo.

Non è una cosa che viene naturale, bisogna prima imparare a concentrarsi, lavorare sull’immaginario, sapere controllare le proprie emozioni, liberarsi da ogni tipo di condizionamento, consapevole e non consapevole, permettersi di fare spazio in sé a qualcosa o qualcun altro da sé, diventare come un vaso vuoto che uno sceneggiatore, un regista, uno scrittore, un drammaturgo, possano riempire con altre vite, reali o immaginarie. L’attore come una cassa di risonanza, uno strumento che si mette a disposizione. Non è facile. Ma io sono una che non smette mai di imparare e di mettersi in gioco.

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