La pianura padana un tempo era un mare profondo. Molti geositi dell’astigiano e dell’alessandrino raccontano storie di milioni di anni fa. Una mostra a Pecetto di Valenza
Pier Luigi Cavalchini
Come tutti sanno la regione Piemonte, come le vicine Liguria e Valle d’Aosta, sono caratterizzate da una varietà infinita di rocce, con relativi minerali e, a volte, fossili o altre testimonianze dell’evoluzione del territorio. Ecco, quanto sto per proporvi riguarda proprio questa particolare opportunità che ci offre un’area così vasta e, a saperla “leggere” interessante.
È noto, per esempio, che a valle del Po appena dopo l’abitato di Torino, in presenza di ammassi consistenti di ciottoli di fiume, è abbastanza agevole procedere ad un riconoscimento dell’origine di ogni singola pietra (evidentemente in un’area debitamente circoscritta). Ci troveremo, così, tra le mani, bianche calciti levigate (talvolta con tagli netti e affioramento di piccoli cristalli trasparenti o traslucidi) oppure ofioliti verdastre o rossastre (pietruzze di varie dimensioni, perfettamente lisce, con macchiette più o meno grandi e pigmentazioni dal verde al rosso scuro) o, in taluni casi, pezzetti di granito o porfido, riconoscibili per la tessitura puntinata a prevalenza bianca e nera, i primi, e con il classico color rosso scuro, i secondi. Bene.
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