COP21: accordo storico a Parigi, inizia la fine dell’era dei combustibili fossili, ma il grosso del lavoro è ancora da fare. Per la prima volta l’educazione, la formazione e la comunicazione ambientale ottengono un riconoscimento nelle politiche di lotta al cambiamento climatico
Si doveva fare di più e si doveva farlo prima, ma (“chapeau” al grande impegno del Governo francese) finalmente l’obiettivo di contenere il riscaldamento del pianeta entro i 2 gradi centigradi rispetto all’era preindustriale (limite massimo ritenuto necessario per evitare disastri incontrollabili) e soprattutto di puntare a contenerlo entro 1,5 gradi (limite più sicuro, risultato impensabile fino a qualche mese fa). Un compromesso difficile, con molti punti deboli, ma certo anche una svolta cui ha contribuito una crescente sensibilità dell’opinione pubblica mondiale.
Attivisti, educatori e giornalisti ambientali hanno la loro parte di merito nell’avere frenato gli egoismi dei governi, in prima linea quelli dei paesi produttori di petrolio (tra cui il “rivoluzionario” Venezuela) e di grandi nazioni come l’India.
Ma un altro e inedito successo è stato l’inserimento in vari punti del documento finale dell’educazione, della comunicazione e dell’informazione ambientale. Si vedano il punto 83 delle decisioni approvate dall’assemblea di 195 paesi, il preambolo dell’Accordo di Parigi e gli articoli 11 e 12. L’articolo 11 inserisce questi aspetti tra quelli utili a sviluppare capacità e abilità nei paesi in via di sviluppo e l’articolo 12 vi è interamente dedicato: «Le parti coopereranno nell’adottare appropriate misure per sviluppare l’educazione al cambiamento climatico, la formazione, la sensibilizzazione, la partecipazione del pubblico e il pubblico accesso all’informazione, riconoscendo l’importanza di queste misure per rafforzare le azioni previste dal presente accordo».
Questo successo è dovuto all’azione di un gruppo di educatori, ambientalisti e politici che nel 2014 avevano creato il Collettivo Paris Éducation 2015 e raccolto centinaia di firme di educatori ambientali, professori universitari, associazioni, sacerdoti cattolici e pastori protestanti e persino ufficiali delle forze armate.