La rete WEEC alla COP22 sul clima

Incontri ad alto livello e workshop della rete mondiale di educazione ambientale durante la COP22 a Marrakech
 
La Rete mondiale di educazione ambientale (il WEEC Network, la più importante e continuativa esperienza in campo internazionale, la cui sede è in Italia) ha partecipato alla COP22 di Marrakech con varie attività.
L’11 novembre, nel padiglione del Governo italiano, il Segretariato Permanente ha presentato il nuovo sito web (www.weecnetwork.org) e il prossimo congresso mondiale che si terrà a Vancouver (Canada) dal 9 al 15 settembre 2017.
Il 14 novembre, in occasione della giornata tematica dedicata dalla COP22 all’educazione, WEEC, Collettivo Marrakech éducation 2016, AECP (Alliance pour une Education à la Citoyenneté Planétaire) e MENFP (il Ministero dell’Educazione Nazionale e della Formazione Professionale del Marocco) hanno organizzato il seminario su “L’’educazione per la transizione ecologica”.
Durante la COP22 il Segretariato WEEC ha avuto numerosi incontri con partner della rete, organizzazioni della società civile e rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite, tra cui l’UNEP.20161114 COP22 Mario Salomone and Princess Lalla Hasnaa 3
Il Segretario Generale Mario Salomone ha incontrato la Principessa Lalla Hasnaa, presidente della Fondazione Mohammed VI per la protezione dell’ambiente (che aveva ospitato il Settimo WEEC nel 2013) e Irina Bokova, Direttore generale dell’UNESCO.

Oggetti che diventano estetica

Ad Artissima 2016 un viaggio “onnicentrico” tra oggetti estrapolati dal loro contesto ordinario
 
Tiziana C. Carena
 
Si è svolta dal 4 al 6 novembre la ventitreesima edizione di “Artissima”, sempre all’Oval del Lingotto Fiere di Torino, appuntamento internazionale di arte contemporanea che aveva come tema la “performatività”.
Identità di sperimentazione, innovazione e qualità per unire una progettualità globale, alla forza della sua specificità locale – così Sara Cosulich presenta “Artissima 2016”: il nucleo basilare di questa identità va ricercata nel lungo processo che ha portato l’esperienza estetica occidentale a configurarsi come pura espositività. Qualsiasi “cosa” posta spazialmente in posizione tale da attrarre l’attenzione è configurabile come oggetto estetico. Estetico è l’atto dell’esporre, più che la natura dell’oggetto esposto. Una antica eredità futurista: “la vita sente la forma in quanto tale come qualche cosa che la opprime” per usare l’espressione del filosofo tedesco Georg Simmel nel Conflitto della cultura moderna del 1918.
E allora la vita si volge alla performance L’oggetto viene estrapolato dal suo contesto ordinario e situato in uno spazio altro, una sorta di palcoscenico, esposto alla vista; acquisisce una dimensione eidetica, che ne rivela l’essenza: il suo essere nulla senza il suo originario contesto, la sua solitudine, la sua paradossalità, una volta estromesso dal contesto vitale che, originariamente gli apparteneva.
 

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Università e educazione ambientale

“Educazione ambientale, cittadinanza attiva e buone pratiche. Il ruolo dell’Università”, se ne parla a Torino al Festival dell’educazione il 25 novembre
 

Si svolge a Torino dal 23 al 27 novembre la seconda edizione del Festival dell’educazione, con un fittissimo programma di incontri e dibattiti.

Nell’ambito del Festival, venerdì 25 novembre dalle 11.00 alle 13.00, presso il Circolo dei Lettori in via Bogino 9, l’Ufficio Green Office dell’Università di Torino (UniToGO) organizza un workshop sul ruolo dell’università nell’educazione ambientale.
Accanto ai due obiettivi fondamentali della formazione e della ricerca, l’Università persegue infatti una terza missione: opera per favorire l’applicazione diretta, la valorizzazione e l’impiego della conoscenza per contribuire allo sviluppo sociale, culturale ed economico della società, attraverso la relazione diretta con il territorio. Al workshop sarà presentato il ruolo degli atenei torinesi in riferimento all’educazione ambientale, con percorsi di cittadinanza attiva e l’applicazione di buone pratiche.
Introduce i lavori: Stefania Giannuzzi, assessora all’Ambiente della Città di Torino 
Coordina: Michele Covolan, responsabile Città Universitaria della Città di Torino 
Interventi: 
“Il ruolo dell’Università nell’Educazione ambientale”
Mario Salomone, segretario generale Rete Internazionale dell’Educazione Ambientale – WEEC World Environmental Education Congresses

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Marrakech: informazione ambientale per un mar Mediterraneo di pace

I giornalisti ambientali del Mediterraneo si organizzano. L’Italia al settantasettesimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa
 
Mario Salomone*
 
(Marrakech) Il Secondo meeting dei giornalisti ambientali del Mediterraneo, svoltosi a Marrakech dall’11 al 13 novembre 2016 in parallelo alla COP22 sul clima (scopri di più CLICCANDO QUI), ha visto un interessante dibattito e alcune importanti novità.
La premessa sono l’alta vulnerabilità dell’area e la storia plurimillenaria di peregrinazioni, scambi e commerci in un mare che visto sul mappamondo è solo un piccolo lago dove opposte rive si guardano a distanza di poche decine o centinaia di chilometri. Non a caso, l’incontro è stato promosso dall’ufficio della IUCN per il Mediterraneo insieme alla EFE (l’agenzia stampa spagnola, quarta nel mondo per importanza) e alla rete regionale delle grandi agenzie di stampa (AMAN) e con la partecipazione di organizzazioni per la cooperazione euro-mediterranea e di associazioni e federazioni di giornalisti ambientali e scientifici (per l’Italia, la FIMA).
 
Una “Carta”, una rete mediterranea e una piattaforma web
 
Cominciando dalle novità, l’incontro ha aperto il dibattito su una “Carta” dell’informazione ambientale mediterranea, cui sabato 12 è stata dedicata una tavola rotonda coordinata da Ignacio e da chi scrive.
Il dibattito proseguirà nei prossimi mesi per arrivare a un testo ampiamente condiviso.
 

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Clima africano a Marrakech

Pianeta sempre più caldo, politica distratta, paesi africani in ansia: il continente, insieme al Mediterraneo, è una delle aree più a rischio. Entro il 2020 60 milioni di profughi climatici dall’Africa subsahariana vero nord
 
Mario Salomone
 
(Marrakech) Sulle cime dell’Atlante c’è già la prima neve, ma i dati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale non lasciano dubbi: ogni anno che arriva è più caldo dei precedenti e il più caldo di sempre, mentre la Banca Mondiale certifica che i danni provocati da disastri naturali e sociali collegati al riscaldamento globale ammontano a 520 miliardi di dollari ogni anno.
Non è quindi solo la vicinanza geografica (e la politica estera marocchina di buon vicinato) a spingere alla COP 22 una folta schiera di capi di stato e di governo africani e della penisola arabica (il gruppo più numeroso tra la settantina di Stati rappresentati ai massimi livelli – e tra i quali i leader europei scarseggiano), oltre ai rappresentanti dei piccoli stati insulari (i più minacciati dall’innalzamento degli oceani), ad amministratori locali e a molte organizzazioni della società civile che presentano i loro progetti e le loro reti per la lotta al cambiamento climatico.
Se la desertificazione, infatti, minaccia almeno 110 paesi e un miliardo di persone, tra 350 e 600 milioni di africani dovranno fare i conti con la mancanza d’acqua. Insieme a loro, diminuiranno le rese, patiranno le coltivazioni e l’allevamento, spariranno mais, miglio e sorgo, e aumenteranno la povertà e le migrazioni, sia interne, sia tra stato e stato in Africa. 
 

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Trump “riscalderà” anche il pianeta?

Entusiasti i sostenitori di Donald Trump, preoccupazione tra i delegati alla COP 22 di Marrakech per la sorte della lotta al riscaldamento globale e perfino del PIL moondiale. Ma il business dell’innovazione potrebbe prevalere sulle lobby dei fossili
 
Andrea Ferrari Trecate
 
 
L’elezione di Donald Trump pone l’America e non solo di fronte ad una evidente spaccatura sociale e culturale, quindi prima di rivolgere l’attenzione a quali sono i progetti ambientali del nuovo presidente, dovremmo chiederci chi ha votato un candidato che non ha mai fatto mistero delle sue posizioni negazioniste e retrograde verso le tematiche ecologiche.
Trump è stato democraticamente eletto per paradossale merito della sua ignoranza, ignoranza che ha trovato un terreno fin troppo ampio e fertile per diffondersi. Oggi più che mai ci troviamo costretti a guardare ai votanti e non al votato.
 
Una sfida che passa attraverso l’’informazione e l’educazione
 
Ogni sfida epocale, come lo è la lotta ai cambiamenti climatici, passa attraverso l’informazione scientifica, l’educazione, l’istruzione nelle scuole e nelle università.
A chi ha parlato allora, il tycoon di Wallstreet? Chi ne ha recepito il messaggio?
Secondo l’analisi di Gabriele Catania per ‘Gli Stati Generali’, i numeri parlano chiaro e sono quelli degli stati più arretrarti dal punto di vista tecnico-scientifico. Legati ancora alle fonti fossili, con una capacità di innovazione e di istruzione bassa o medio bassa, rappresentano le ‘due Americhe’ schieratesi contro Hillary Clinton: una, quella della Rust Belt (la cintura industriale che va dalla Pennsylvania all’Ohio), per decenni serbatoio di voto dei democratici; l’altra, l’America agrario-idrocarburica (Texas, Utah, North Carolina), roccaforte repubblicana fin dai tempi di Nixon. 
Questi stati hanno decretato la vittoria di Trump: si sono allineati alle sue promesse di disattendere gli accordi di Parigi, al suo negazionismo in materia di cambiamenti climatici (un’invenzione della Cina, per indebolire l’economia statunitense); hanno scelto di appoggiare le idee del magnate che difende il fracking e le estrazioni da sabbie bituminose; attendono che il nuovo presidente smonti il Clean Power Act e le politiche ambientali varate dal governo di Barack Obama.

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Giornalisti ambientali e scientifici in rete, in un Mediterraneo in tempesta (non solo climatica)

Si è aperto a Marrakech il “2nd Meeting of environmental journalists” (11-13 novembre 2016) dal titolo “Improving climate reporting in the Mediterranean: science-media interface”. L’Italia rappresentata dalla FIMA
 
Mario Salomone*
 
(Nella foto a fianco, l’apertura dei lavori)
Organizzato per il secondo anno dal Centro per la cooperazione del Mediterraneo della IUCN e dalla agenzia spagnola EFE Verde, con la collaborazione dell’AMAN (Alliance of Mediterranean News Agencies), l’incontro di Marrakech (inserito nel programma ufficiale della COP22) segue quello del 2015 a Malaga, dove ha sede il centro della IUCN per il Mediterraneo.
C’è nel mondo un “nuovo clima” e questo significa non solo temperature in genere più alte, ma una nuova circolazione dell’acqua e dell’aria. Tutti i cicli, insomma, ne vengono sconvolti. Inondazioni e siccità, troppo caldo e ondate di freddo si alternano e si intrecciano, capricciosamente ai nostri occhi, ma obbedendo a precise leggi fisiche che provocano paradossali conseguenze: alluvioni nelle città nordafricane e perfino nel deserto (non solo quindi in Europa) e scarsità di precipitazioni o anomale ondate di freddo dappertutto.
L’aspetto più grave, però, non è la criticità attuale, ma che i dati negativi crescono seguendo una dinamica esponenziale: le curve sui grafici, in altre parole, sono destinate a impennarsi sempre più, con effetti progressivamente sempre più devastanti
 
Il Mediterraneo, area critica, e le disuguaglianze nord-sud
 
Il Mediterraneo, dal punto di vista del riscaldamento globale, è una delle aree più critiche: un mare “piccolo” e chiuso, coste urbanizzate, paesi popolosi, una stretta contiguità tra regioni climaticamente, socialmente e economicamente vicine al freddo e ricco “nord” e regioni desertiche o semidesertiche, colpite in passato dal colonialismo, da una cattiva decolonizzazione e poi da un neocolonialismo predatorio, con il triste corteo di dittature, terrorismo, guerre per le risorse, conflitti geopolitici, drammi sociali, migrazioni. La Siria ne è solo, al momento, l’esempio peggiore.

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Aree montane, ambiente ed energia

Un modello di sviluppo sostenibile della montagna
Bruno Di Giacomo Russo
 

L’articolo è una sintesi della relazione su “Specificità montana, ambiente ed energia” per il Convegno internazionale di Diritto costituzionale italo-ibero-americano, “Ambiente, alimentazione, energia. Modelli giuridici comparati per lo sviluppo sostenibile”, tenutosi a Roma il 5 ottobre 2015, presso la Camera dei Deputati.

Bruno Di Giacomo Russo, costituzionalista, è docente di Istituzione di Diritto pubblico all’Università degli Studi di Milano Bicocca. È Presidente di Aevv Energie. Ha pubblicato numerosi saggi sui temi della democrazia, della sussidiarietà, della partecipazione e delle autonomie locali. Coordina la collana di Diritto pubblico delle Edizioni Libellula ed è Direttore scientifico de «La nuova Amministrazione italiana» e dell’«Osservatorio sulla Valtellina».
 
Premessa
Il limite provinciale costituisce un confine all’interno del quale si vengono a concretizzare gran parte degli “scambi” economici, sociali, amministrativi.
Il dato normativo va rapportato alla realtà dell’andamento economico locale.

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Conservare le risorse per affrontare la scarsità

Se ne parla a Ecomondo, al convegno dell’8 novembre Oltre l´Antropocene. Il contributo della ricerca alla transizione ecologica, con Giorgio Osti, studioso di consumi e di “aree fragili”
 
Acqua, cibo, energia, biodiversità: di fronte all’era di scarsità che ci attende, la soluzione è la conservazione di queste fondamentali risorse e saperle custodire, un tema troppo spesso trascurato. È il tema dell’ultimo libro di Giorgio Osti, Storage and Scarcity. New practices for food, energy and water, edito da Routledge nella collana di Studies in Environmental Policy and Practice.
Giorgio Osti è professore associato di Sociologia dell’ambiente e del territorio presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Trieste, nonché membro del Comitato scientifico di Culture della sostenibilità e animatore dal 2006 dei convegni di Rovigo sulle aree fragili, di cui la rivista è “media partner”.
Il primo numero del 2016 di Culture della sostenibilità è dedicato ad esempio a Il welfare sbilanciato delle aree rurali fragili europee, “ricche di natura, povere di servizi”, come suonava il titolo dell’edizione 2016, mentre l’edizione 2017 sarà dedicata al divario culturale delle aree rurali fragili.cds17 cOVER
Giorgio Osti si occupa di problemi ambientali, di questioni legate allo sviluppo rurale e, recentemente, di migrazioni
Nell’anno accademico 2016-2017 tiene presso l’università di Trieste il corso di Sociologia delle Migrazioni, il corso di Sociologia del territorio e una parte del corso di Sociologia del confine con il collega Moreno Zago.

Metabolismo urbano e sistemi socio-tecnici nella transizione ecologica

Se ne parla al convegno Oltre l´Antropocene. Il contributo della ricerca alla transizione ecologica (Ecomomondo, Rimini, 8 novembre ore 11)
 
Anche le città hanno un loro metabolismo, su cui incidono le pratiche sociali, gli stili di consumo e le filiere agroalimentari così come i sistemi socio-tecnici, cioè gli intrecci tra tecnologie e relazioni umane. Organizzazioni, gruppi, comunità, il sistema sociale insomma, sono fatti di persone reali che usano un insieme di strumenti, metodi, macchine, applicazioni. Le città post-Antropocene come potrebbero essere?
Dario Padovan interviene sul contributo della ricerca alla transizione ecologica in occasione del convegno della rivista scientifica Culture della sostenibilità (del cui Comitato scientifico fa parte), l’8 novembre a Ecomondo (Fiera di Rimini).

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