Un edonismo metafisico.

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Le interviste virtuali di Tiziana Carena

Intervista a una spettatrice qualunque sulla pièce teatrale Pornografia di Witold Gombrowicz, regia di Luca Ronconi

Luca Ronconi, regista dell’indimenticabile Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus (Torino-Lingotto, 1990) ha presentato al Teatro Carignano (aprile 2014) l’opera di Witold Gombrowicz Pornografia scritta nel 1960 e apparsa in traduzione italiana nel 1962; una trama aggrovigliata, una sorta di Affinità elettive a tinte forti, al punto tale che, la trama evolve progressivamente verso un finale tra il noir e il surreale. La vicenda, come la narra Ronconi nell’intervista di Eleonora Vasta Il fascino indiscreto dello sguardo, è questa: «I due protagonisti, Witold e Federico non si danno pace: due ragazzi che hanno tutto – nella pièce Enrichetta e Carlo – età, bellezza, sensualità, soprattutto gioventù – per stare insieme, sono del tutto indifferenti l’uno all’altra. Di qui l’idea di architettare qualcosa che li spinga l’uno nelle braccia dell’altra.»

Osservo, a fine spettacolo: «Un bel rischio una rappresentazione così distesa nel tempo e così complessa!»

Risponde una signora che mi è seduta accanto: «Noi, oggi, siamo in un’epoca dominata dalla virtualità, il tempo è ‘stressato’, contratto, compresso e la lettura, nonché l’ascolto riflessivo, sono sottoposti a dura prova nel seguire una rappresentazione certamente controcorrente, e distesa nel tempo (due ore abbondanti). La rappresentazione richiede, pertanto, allo spettatore, una concentrazione costante, come se egli stesse leggendo un libro di non facile comprensione, che può ricordare il realismo esasperato, sino al quasi-metafisico, del Bergmann di Fanny e Alexander

Non posso non notare: «Mi pare che il titolo mandi un poco fuori strada: Pornografia. Si entra a teatro dubbiosi e si esce sconcertati.»

 Coppie di opposti

La signora risponde: «Il titolo Pornografia sta in un rapporto di contrapposizione nei confronti della trama, in quanto non accade nulla di ‘fisico’, al più è la rappresentazione di un voyerismo molto particolare. Witold e Federico, guardoni, osservano gli eventi che sono da loro scatenati a dispetto della loro pornografica immaginazione. La pornografia risiede nello sguardo, non nelle ‘cose’ guardate; e quando lo sguardo pornografico diventa azione nella trama degli eventi, esso distrugge lo stato delle cose. I due protagonisti vogliono mettere a nudo l’impossibilità di accedere alla giovinezza dall’angolo visuale dell’età anziana, la subalternità psicologica stessa dell’anziano rispetto al giovane, che capovolge il paradigma culturale il quale vorrebbe il giovane subordinato all’anziano. La bellezza della gioventù scompare con la vecchiaia che ne costituisce la negazione più assoluta.»

Dico: «Si potrebbe parlare di edonismo metafisico: edonismo perché il piacere della contemplazione della gioventù regna sovrano nella mente dei due protagonisti; metafisico perché essi adorano il modello astratto, ideale della giovinezza che non corrisponde alla realtà.»

La signora risponde: «La narrativa di Gombrowicz è imperniata su coppie di opposti: giovinezza/vecchiaia, nobiltà/popolo, maschio/femmina, forza/debolezza; coppie di opposti che non trovano mai un punto di mediazione e che generano situazioni distruttive. I dieci attori riescono a condurre lo spettatore in un universo stravolto, paradossale, presentato come narrazione retrospettiva di Witold (Riccardo Bini, con esperienze shakespeariane e dostoievskiane, già attore in Gli ultimi giorni dell’umanità) cui fa da controcanto la figura di Federico (Paolo Pierobon, attore che ha un passato legato alla messa in scena di opere di Beckett, Brecht, Cechov, Tolstoi); entrambi ci convincono che “recitare non è un’arte riproduttiva”, per citare il filosofo tedesco Georg Simmel (Filosofia dell’attore, 1920/21). La pornografia è presentata, qui, come voyerismo fine a sé stesso, noia della vita, ricerca dell’inusitato, dell’intrigo quale oggetto estetico, non come fatto crudo, volgare.»

«Posso riprodurre questo colloquio in forma di intervista a una spettatrice?»

Ma non faccio nemmeno in tempo a pensare di porre questa domanda e la signora è già sparita nella folla che si accalca all’uscita. Non ho avuto nemmeno il tempo di chiederle il nome.

 

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L’autrice Tiziana Carena

 

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