Tecnologia tossica

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Il business illegale dei rifiuti elettronici nel Regno Unito e in Australia

Ogni giorno oltre 4.000 televisori vengono dismessi nell’area metropolitana di Londra. Il Regno Unito è responsabile della produzione di circa il 15% del totale dei rifiuti elettronici dell’Unione Europea: inutile dire che la massima parte non viene trattata e riciclata secondo le regolari procedure di legge, diventando in questo modo una fonte di guadagno per il crimine organizzato.

Questo fenomeno sta registrando una rapida crescita a causa di un mix di fattori: accelerazione dei processi di obsolescenza programmata dei sistemi tecnologici, passaggio dal segnale televisivo analogico a quello digitale, ingresso sul mercato di nuovi strumenti come smartphone e tablet.
La conclusione è semplice: più tecnologia, più rifiuti.
I dati del governo inglese indicano che circa 450.000 tonnellate di rifiuti elettronici vengono trattati e riciclati ogni anno in base alle normative vigenti; allo stesso tempo, tuttavia, oltre 500.000 tonnellate vengono smaltite in modo illegale.
Sul piano legislativo, nel 2006 il Regno Unito ha applicato la direttiva europea WEEE (Waste Electrical and Electronic Equipment), che sancisce la creazione di sistemi di raccolta dove i consumatori possono smaltire i rifiuti elettronici senza costi. La manovra non si è rivelata tuttavia in grado di arginare il fenomeno: la normativa nazionale in materia proibisce infatti la vendita di materiali danneggiati dall’Unione Europea verso un paese in via di sviluppo, ma permette l’esportazione di attrezzature funzionanti.
Dove finiscono quindi i 4.000 televisori dismessi ogni giorno a Londra?
Forse in Nigeria: in base a un recente rapporto condotto dal Basel Action Network, gruppo di pressione che monitora il commercio di rifiuti nocivi, nel 2010 circa 500 container al giorno di rifiuti elettronici sono stati scaricati nel porto di Lagos.
Secondo la UK Environment Agency, attualmente sono almeno 30 i gruppi criminali operanti nel trading illegale verso i porti di Africa, Asia e Medio Oriente. È interessante analizzare le modalità con cui viene gestito il business dei rifiuti elettronici: piuttosto che seguire la tradizionale struttura gerarchica delle organizzazioni criminali, le attività sono portate avanti dai singoli gruppi, che operano in sinergia solo il tempo necessario a completare il “lavoro”, massimizzando in questo modo i profitti e riducendo al minimo i rischi.

Australia: l’ultima frontiera dei network criminali

Dall’altra parte del globo, l’Australia rappresenta un interessante caso di studio per individuare gli sviluppi futuri e le tendenze dei grandi network criminali.
Per delineare le linee guida di analisi è utile partire da alcuni casi di cronaca. A marzo 2011, un’indagine ha portato alla scoperta di elevate tracce di inquinamento ambientale nella zona residenziale di Rockdale, nel Nuovo Galles del Sud; le ricerche hanno evidenziato la presenza di circa 1.000 tonnellate di sabbia contenenti quantità pericolose di amianto e piombo.
Sempre nel mese di marzo, un altro filone di indagini ha portato alla luce nuovi casi che coinvolgerebbero una figura già conosciuta alle forze di polizia, Dib Hanna, considerato uno dei principali referenti nel Nuovo Galles del Sud per quanto riguarda lo smaltimento illegale di rifiuti tossici: nel 2010 venne condannato a una multa di 133.000 dollari australiani (circa 100.000 euro) per aver scaricato in quattro siti non autorizzati scarti industriali contenenti amianto.
I casi di cronaca menzionati evidenziano alcune caratteristiche di fondo legate al fenomeno.
In primis, il traffico di rifiuti tossici coinvolge prevalentemente singole figure non legate a un’organizzazione: piccoli imprenditori del crimine impegnati a smaltire materiali per conto terzi.
Emerge inoltre l’assenza di normative e misure di contrasto efficaci: ad oggi il traffico di rifiuti tossici viene infatti sanzionato dalla legge australiana solo con una multa di lieve entità.
Esiste infine uno scenario più complesso e prospettico: il coinvolgimento della criminalità organizzata transnazionale.
Le indagini condotte dalle autorità sul caso della sabbia di Rockdale hanno infatti portato alla scoperta di una rete informale composta da esponenti di alto livello delle principali organizzazioni criminali che operano nel Nuovo Galles del Sud e in Australia: mafia cinese e di Hong Kong, gang di motociclisti e funzionari corrotti delle forze di polizia e delle autorità portuali.
Questo genere di “partnership” era già emersa nel corso dell’operazione Hofmann, un’indagine condotta dal 2008 al 2010 che aveva portato alla scoperta di un network per il controllo del traffico di droga in tutto il continente.
La percezione riportata dai principali media del paese è quella di un rafforzamento della relazione tra i grandi network criminali per il controllo e gestione dei principali mercati illegali, dal traffico di droga al riciclaggio. Lo smaltimento non autorizzato potrebbe essere quindi la prossima, nuova frontiera di business.

23 maggio 2011
Gianmaria Vernetti, Flare Network

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