Speciale Salone del Libro/Spazio virtuale: una manciata di parole

di Tiziana C. Carena e Francesco Ingravalle

Massimo Giannini, Giovanni Tizian presentano il volume di Umberto Ambrosoli

(Coraggio, Bologna, Il Mulino, 2015, pp. 112)

 

Torino. Un libro di denuncia introdotto da Massimo Giannini con queste parole: «Noi italiani siamo un popolo individualista, non liberale»; invece, mai come oggi occorre il coraggio civico, la somma di tanti “no” ai compromessi, alla corruzione, in nome dell’onestà della vita pubblica. La “Sala azzurra” è colma di ascoltatori, quasi tutti giovani e di mezza età: tutti ascoltano con estrema serietà perché è un continuo appello alla responsabilità individuale, a non curare esclusivamente il proprio “orto”, il proprio interesse.

Il concetto di coraggio, precisa Giovanni Tizian, non è immaginabile senza la controparte della paura. Affrontare la lotta contro la mafia nella solitudine pesante (perché, comunque, chi denuncia non è ritenuto affidabile) nelle città, come nei piccoli paesi, richiede un superamento della paura. Umberto Ambrosoli conclude affermando che non c’è tanto bisogno di “eroi”, quanto di persone che richiamino le masse al senso di responsabilità. Occorrono esempi. E di esempi è costituito il libro che riporta varie storie di fiducia nelle capacità dei cittadini italiani di vivere il coraggio. Esempi, nel passato, non mancano: viene citato il caso di Tina Anselmi, già staffetta partigiana, protagonista di una scelta “forte”, tra tanti altri esempi del tempo della Liberazione. Altro esempio, posteriore, quello di Aldo Moro il quale esortava i democristiani riottosi alla “apertura a sinistra” a “non avere paura di avere coraggio”.

Il libro è suddiviso in quattro parti (con la premessa intitolata Il coraggio virtù civile dove campeggiano le parole del nostro presente: disillusione, sfiducia, sconforto, rassegnazione, paura): Il coraggio degli imprenditori, Il coraggio nella libera professione, Coraggio e politica; la parte forse più suggestiva è la quarta parte, La normalità del coraggio; è questa la parte che maggiormente impressiona, posto che è più frequente imbattersi nella “normalità della paura” (per non dire nella “banalità del male”).

Il coraggio, scrive Ambrosoli, è scelta di presenza, e, in questo, non ha nulla a che vedere con la temerarietà; il temerario dà, forse, una risposta istintiva alla paura e ne fronteggia sul momento le emozioni, ma non prende consapevolezza della responsabilità del proprio agire” (pp. 103-104). Il coraggio, insomma, come forza del cuore, petto in fuori. Il coraggio di dire “no”.

Il pregio di queste pagine è l’esortazione a reagire, a non subire puramente eventi gravi deresponsabilizzandosi; la deresponsabilizzazione come fenomeno di massa è un autentico veleno per la democrazia.

Parole contro-tempo per un tempo che deve rinnovarsi.

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