Ripensare la progettazione

 

L’ultima tavola tematica di IMAGE, “Le professioni delle 5 erre”, si è aperta con l’intervento di Mario Moioli di Fonarcom su formazione e aziende. In Italia, la scarsa diffusione del sistema di formazione all’interno delle imprese e la notevole distanza tra la preparazione scolastica e i reali bisogni delle aziende rappresentano un problema concentro. Moioli ha voluto però sottolineare la mancanza soprattutto di formazione on the job, cioè quella in azienda, che consente di mettere in pratica ciò che si impara adattandolo direttamente alla visione e alla mission dell’impresa.
Marco Gisotti, autore della Guida ai green jobs, a cui è stato chiesto quali siano le professioni più richieste nell’attuale contesto industriale ed economico, ha risposto mediante un esempio: il rapporto sui rifiuti di Ambiente Italia afferma che nel 2008 c’erano 32 milioni di tonnellate di rifiuti nel circuito del riciclaggio, il 12% in più rispetto al 2000. Il CONAI afferma che in dieci anni il riciclaggio ha dato lavoro a 76.000 persone. Quante discariche in meno? 325 su tutto il territorio nazionale. Le figure professionali più richieste in un campo vasto e complesso come quello dei rifiuti sono ingegneri ambientali, chimici, geologi, comunicatori, di cui si ha bisogno non solo per progettare prodotti sostenibili ma anche per commerciare prodotti riciclati. Secondo Gisotti, le offerte formative per i giovani non mancano. Ciò che invece scarseggia è una politica di orientamento al lavoro che introduca gli studenti in questo mondo in modo adeguato.
Francesco Carcioffo di ACEA Pinerolese, è un convinto sostenitore dell’importanza dei rifiuti quali risorse da valorizzate, non ancora pienamente sfruttate per mancanza di tecnologie adatte. La soluzione appare chiara: investire sulla ricerca.
Si conclude con l’intervento di Marco Torchio di Re-academy e Keo project sul problema della progettazione: l’80% dei problemi ambientali di un prodotto viene generato nella fase della progettazione. Un esempio? Nel cassonetto dell’indifferenziato di solito ci sono tra 8 e 10 tipi di plastica diversa ma esistono solo quattro filiere di recupero, ognuna per un solo materiale. Gli altri, quindi, non vengono recuperati. È evidente pertanto che è la progettazione il punto debole della catena.

 

 

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