Non si può fare storia senza la storia dell’ambiente

Cosa è successo tra le 23,58 e 45 secondi e la mezzanotte del 31 dicembre? Un volume collettivo ricostruisce le tappe dell’impatto umano sul pianeta

di Ugo Leone

 

Il 27 febbraio scorso, 2015, è stato presentato a Napoli il volume curato da Mauro Agnoletti e Simone Neri Serneri – The basic environmental history per Springer 2014 – che ne hanno discusso con Gabriella e il sottoscritto (Ugo Leone).

Personalmente ho trovato particolarmente coinvolgente per vari motivi la lettura di questo volume molto interessante.

Innanzitutto, in senso cronologico, mi ha indotto a scavare negli scaffali della mia libreria per cercare e addirittura trovare alcune letture giovanili. Di quelle, cioè, che hanno caratterizzato, arricchendole, le mie prime conoscenze dei problemi dell’ambiente. Le cito in ordine cronologico:

Ron Cobb, Cos’è l’ecologia? Bompiani 1971

Denis Owen, What is ecology?, Oxford University Press, 1974

Pascal Acot, L’écologie, PUF 1977

Dominique Simmonet, Qu’est-ceque l’écologie?, Hatier 1979

Dominique Simmonet, L’ecologisme, PUF 1979

Rosanna Ravera, Cosa leggere di ecologia, Editrice Bibliografica 1978 e, per chiudere il decennio, il mio

Ugo Leone, Introduzione alla politica dell’ambiente, Le Monnier 1980.

Né mi sento di trascurare, almeno nei miei ricordi e per l’uso che ne ho fatto, Lucien Febvre, La terra e l’evoluzione umana (1922 trad. it. 1980) e Alfred Crosby, Imperialismo ecologico. L’espansione biologica dell’Europa (1986, trad. it. 1988)

Come se non bastasse, la lettura di questo libro si è utilmente inserita in un momento nel quale avevo tra le mani altre tre letture:

Chicco Testa, Contro (la) natura, Marsilio 2014

George Guille-Escuret, L’écologie kidnappée, PUF 2014

Naomi Klein, Una rivoluzione ci salverà, Rizzoli 2015

 

Ecologia e ambiente: sinonimi o no?

E, insomma, la mia mente è stata sollecitata a riflessioni che non potevano trascurare per lo meno le prime letture degli anni Settanta.

La sostanziale differenza tra i primi libri che citavo e questo è che questo curato da Mauro Agnoletti e Simone Neri Serneri non si pone il quesito di quaranta anni fa “che cos’è l’ecologia” e che cos’è l’ecologismo?”; quale differenza c’è tra ecologi ed ecologisti e, quindi perché si parla anche di ambientalisti e di verdi…

Ma va più in profondità e in modo anche un po’ provocatorio si chiede, tanto per cominciare, che cosa è la storia dell’ambiente? Avvertendo che “è un tema trattato da generazioni di studiosi che hanno prodotto un gran numero di studi e ne hanno confrontato i risultati in numerose conferenze, e riviste accademiche”.

Allora io mi chiedo:

Storia dell’ambiente significa anche storia dell’ecologia?

E rispondo: certamente no se vogliamo fermarci alle definizioni che correttamente si devono dare di ecologia e di ambiente; certamente sì se, realisticamente, ricorriamo a ciò che oggi l’opinione pubblica intende per ecologia quale sinonimo di problemi dell’ambiente e del territorio.

 

Una storia con radici… nel futuro

Dunque: “What is Environmental History?”

Sono in molti a ritenere che potrebbe intendersi come lo studio del rapporto tra uomo e natura.

Questa ipotesi mi riporta alla mente il bel volume di Paul Deleage Storia dell’ecologia il cui sottotitolo è Una scienza dell’uomo e della natura, 1991(CUEN, 1994). E non viene male questo ricordo dal momento che la domanda “Che cosa è storia dell’ambiente?”. Ha ricevuto numerose e fondamentalmente convergenti risposte. Tra le quali una delle più concise ritiene che il suo scopo sia lo studio dell’ “uomo e del resto della natura”. Cioè individua nella storia dell’ambiente una disciplina che ha lo scopo di studiare le relazioni tra l’uomo e ambiente nelle loro dinamiche storiche.

E poiché le storie non hanno sempre tutte una fine, ma hanno certamente un inizio, mi chiedo: “quando comincia questa storia?”.

Nel volume, anche per la scelta dei contenuti degli otto interventi, e pur avendo approcci diversi nella scelta della periodizzazione, mi sembra di riconoscere soprattutto una storia che ha radici nel futuro per risalire poi progressivamente al passato. Insomma mi sembra che prevalga soprattutto la storia degli ultimi due secoli, quelli che nel calendario cosmico corrispondono a uno schiocco di dita alle 23, 58’ e 45” del 31 dicembre della storia dell’umanità.

Guarda il calendario cosmico 

 

C’era una volta 12.000 anni fa…

Mi sembra di intravedere questa tendenza anche se, scrivono i curatori, “il libro non intende denunciare la gravità delle questioni ambientali, e non perché non siano gravi o degne di denuncia, ma perché la sua preoccupazione è principalmente di promuovere la conoscenza del passato, piuttosto che raccontare la crisi odierna.”

Più semplicemente io direi che se la storia dell’ambiente è lo studio del rapporto tra “uomo e il resto della natura” e quindi siamo autorizzati a dire che, come ci suggerisce il termine stesso dal latino ambire, ambiente significa ciò che sta intorno, e ci interessa soprattutto ricostruire ciò che è stato ed è (e verosimilmente sarà) intorno al genere umano, allora le radici vanno ricercate e confrontate con l’inizio della presenza umana sulla Terra, quando “il resto della natura” esisteva già da oltre 4 miliardi di anni. E poiché non starei a soffermarmi tanto sui vari homo “…”, comincerei da 12.000 anni fa quando con l’invenzione dell’agricoltura il rapporto tra umanità (ormai formata più a nostra immagine e somiglianza) e resto della natura cominciava a prendere forma più evidente e la padronanza umana di questa forma cominciava ad imporsi. Cioè, come dicevo, ciò è cominciato alle 23,58’ e 45’’ del 31 dicembre.

Da allora, innegabilmente, cominciano in modo più evidente e ricostruibile storicamente le tensioni tra dinamiche antropiche e dinamiche ecologiche.

Tensione che si è sviluppata e ha espresso la sua potenza esplosiva durante il XX secolo, a causa dello sviluppo tecnologico che ha sostanzialmente invertito il rapporto di dipendenza tra il contesto ambientale e il contesto antropico; da allora le società umane hanno avuto più successo nell’adattare gli ecosistemi alle loro esigenze, piuttosto che il contrario, come era avvenuto in precedenza.

Per cui nel corso dell’ultimo secolo e negli ultimi decenni, gli effetti negativi della dinamica del rapporto tra l’uomo e la natura sono diventati sempre più evidenti.

 

Sostenibilità, una costruzione culturale

Tanto che si è sentita l’esigenza di affermare, almeno concettualmente, il principio della sostenibilità. Un concetto che, diffuso in ambito politico, è oggetto di crescenti critiche – direi scetticismo, almeno per quanto mi riguarda – negli ambienti scientifici. Perché, come scrivono i nostri curatori, l’idea della sostenibilità dello sviluppo basata sulla conservazione di una determinata quantità di (eco)sistemi definiti “naturali”, per poterla consegnare tal quale alle generazioni a venire, è in gran parte una costruzione culturale, dato che, a rigor di termini, gli (eco)sistemi che sono veramente naturali sono ora molto limitati su scala planetaria.

Ma direi non solo per questo. Anzi questa constatazione è proprio quella che dovrebbe sostenere il principio della sostenibilità della commissione Brundtland.

Concordo invece pienamente con l’osservazione che “Il ritorno alla natura proposto da gran parte della letteratura ambientale, come rimedio per gli squilibri ambientali, appunto, almeno a partire dal XIX secolo, è in effetti gran parte il risultato dell’egemonia culturale delle correnti di pensiero in Nord Europa e del Nord America, che hanno imposto il valore dei paesaggi naturali su quella dei paesaggi culturali che per quattro o cinque secoli hanno rappresentato il modello, come descritto in letteratura Grand Tour.”

Così anche mi sembra giusta, corretta e da condividere – magari anche come auspicio – la constatazione che la storia dell’ambiente “Si sta gradualmente liberando della prospettiva puramente conservazionista che ha caratterizzato e caratterizza ancora la maggior parte dei suoi approcci.”

 

Una nota finale di ottimismo

Ma se la storia dell’ambiente è una registrazione delle tensioni tra uomo e ambiente, tra uomo e natura, come sono nate e sono andate evolvendo queste tensioni?

Il tema viene affrontato in otto saggi che danno una buona completezza all’aspetto globale del tema “storia dell’ambiente”. Con il lodevole obiettivo proposto dai curatori “di non proporre una storia dell’ambiente come un’altra, distinta, area disciplinare in cerca di legittimità a sé stante.” Per questo motivo, questo libro offre una panoramica dei principali temi della storia ambientale che è una componente essenziale della conoscenza di base della storia globale con una scelta dei temi non enciclopedica, ma selettiva.

Due mi sono sembrati i fili conduttori, peraltro abbastanza accomunabili: la crescita e lo sviluppo tecnologico.

Due temi che mi hanno confermato in quanto ho sempre sostenuto, con non velato ottimismo, e cioè che l’umanità ha sempre dato e darà risposte il più possibile efficaci per il soddisfacimento di bisogni che restano inalterati nel tempo e nello spazio. E che di conseguenza il timore per una sesta estinzione è quanto meno infondato.

 

Il sommario del volume

1. Energy in History, Paolo Malanima

2. Economic History and the Environment: New Questions, Approaches and Methodologies, Enric Tello-Aragay and Gabriel Jover-Avellà

3. Environmental History of Soils, Verena Winiwarter

4. Environmental History of Water Resources, Stéphane Frioux

5. Environmental History of Air Pollution and Protection, Stephen Mosley

6. Urban Development and Environment, Dieter Schott

7. History of Waste Management and the Social and Cultural Representations of Waste, Sabine Barles

8. Technological Hazards, Disasters and Accidents, Gianni Silei.

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