Meduse spie del cambiamento climatico

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Le meduse, presenti in ogni angolo del pianeta, stanno prosperando a dismisura. Le più alte densità si sono registrate nel sud-est asiatico, nel Mediterraneo, nel Mar Nero, nel Golfo del Messico e nel Mare del Nord. Secondo  alcuni ricercatori, la loro ampia diffusione sarebbe collegata allo sfruttamento incontrollato dei mari e al riscaldamento globale.

Il dottor Anthony Richardson del CSIRO Marine & Atmospheric Research e i suoi colleghi hanno riferito le loro conclusioni sulla rivista Trends in Ecology and Evolution e ritengono che il cambiamento climatico possa incrementare  la popolazione di meduse e portare per la prima volta le condizioni delle aque allo “stato stabile per meduse”. Ciò danneggerebbe la fauna ittica in misura allarmante, in quanto le meduse divorano zooplancton, uova e larve di pesce.

Le meduse vivono solitamente a 20-40 miglia dalla costa, dove l’acqua è più calda e salina. Tuttavia, negli ultimi tempi il minore apporto di acque dolci di fiume avrebbe favorito l’aumento di salinizzazione delle acque costiere, permettendo alle meduse di ritrovare anche lì il loro habitat perfetto. A ciò si aggiunge l’aumento delle temperature e soprattutto un altro fattore determinante come la pesca, la quale se operata con alcune tecniche provoca la cattura di animali che si nutrono di meduse, come il tonno o il pesce spada, contribuendo così alla loro proliferazione come specie dominante.
Il vero problema, a oggi poco indagato, su cui occorre interrogarsi è quello che sta succedendo ai nostri mari. Gli esperti in meduse fanno notare che, se è vero che non si può intervenire direttamente sui cambiamenti climatici, possiamo però agire su altri fronti, per esempio regolare la pesca e esigere che le zone costiere più trafficate utlizzino depuratori.

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