L’omicidio del morto che vive

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4 aprile 2013 trigesimo di Città della Scienza.  Ricorrentemente il termine trigesimo si usa per indicare i trenta giorni dalla morte di qualcuno. In questo caso non c’è un morto, ma un omicidio. E il paradosso è che il morto vive.
Questo è successo trenta giorni fa quando hanno bruciato Città della Scienza. Chi è stato, quali sono i mandanti, perché l’ha fatto, non si sa. C’è sicuramente il dolo, ma è l’unica certezza.

L’altra, positiva, è che il coinvolgimento nello stupore e nel dolore per un atto così vigliacco sono stati sinceri e generali. Ne ha risentito l’intero mondo della scienza e della cultura di cui quel luogo è un centro importante e vitale, ma hanno provato dolore soprattutto quei bambini, di varia età, che vi hanno trascorso ore di divertito interesse e che speravano di passarne altre.
Il coinvolgimento di cui dicevo è stato immediato ed è venuto da ogni parte. Tanto per fare un caso personale, sicuramente moltiplicabile per tanti altri, molti amici mi hanno scritto addolorati chiedendomi che cosa si potesse fare. E sono cominciate le “catene della fraternità” di lontana memoria. Tutte spontaneamente indirizzate in due direzioni: la solidarietà a Vittorio Silvestrini e l’obiettivo di raccogliere risorse economiche per l’immediata ricostruzione. Immediata, appunto, deve essere e non v’è alcuno che non lo sostenga. Poi, pian piano, messa da parte l’emozione si è cominciato a riflettere sul dove ricostruire. Subito e dov’era è stata la più immediata risposta. Poi sono cominciati i distinguo quasi quotidianamente documentati in queste stesse pagine.

La Città va ricostruita
Qualcuno ha ricordato, ma con qualche vuoto di memoria o con scarsa conoscenza dei fatti e della realtà, che lì Città della Scienza non ci doveva stare. Altri (il sottoscritto tra questi), con altre opposte argomentazioni, hanno sostenuto che stava bene dov’era ed è bene che dov’era sia ricostruita. Ma se prevalesse questa seconda ipotesi i cittadini napoletani, si controreplica, sarebbero privati di un lungo tratto di costa destinato alla balneazione. Davvero? Ma si sa di che cosa è composto quel mare? Che cosa è disciolto in quell’acqua oltre al 35 per mille di cloruro di sodio che rendendola salata permette di chiamarla mare? Si è in grado di ipotizzare con quali costi e in quanto tempo quell’acqua potrebbe essere bonificata e resa balneabile in sicurezza? Bagnoli “futura” e la sua bonifica insegnano niente? Né vale a chiarire le cose la commissione governativa che (un po’ volgarmente, a dire il vero) sembra avere impostato i lavori all’insegna  del “noi mettiamo i soldi e noi decidiamo il come e il dove”.
Ve lo ricordate il Nerone di Petrolini che dopo avere incendiato Roma si affacciava alla finestra e prometteva alla folla che la città sarebbe stata ricostruita “più bella e più superba che pria?”
Se, come non ho motivo di dubitare, nessuno vuole “approfittare” di una così drammatica occasione finendo con l’offrire una involontaria sponda a chi, bruciandola, sperava che Città della Scienza se ne andasse, affacciamoci pure alla finestra e ai cittadini vocianti promettiamo che Città della Scienza sarà presto ricostruita dov’era “più bella e più superba che pria”.

Ugo Leone

9 aprile 2013

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