Il web fa bene all’educazione ambientale

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La crisi ecologica che ci accompagna nella nostra quotidianità reclama un’informazione sociale di quantità e di qualità idonea a far raggiungere in tempi brevi una nuova mentalità e l’applicazione di nuovi modelli di consumo. L’educazione ambientale deve sempre piùconiugare efficacemente ed efficientemente conoscenza e comunicazione. Possedere idee chiare, essere informati e aggiornati sui contenuti ambientali non è sufficiente nella società dei consumi, in generale, e dei consumi mediatici, in particolare.

Occorre individuare modelli e processi comunicativi dell’ambiente che consentano a un’informazione scientificamente corretta di raggiungere e coinvolgere tutti coloro che lavorano e agiscono sul territorio, con compiti e ruoli diversificati.

È evidente, perciò, che i media sono chiamati a dare un importante contributo anche nel campo dell’educazione ambientale, per promuovere una cultura dell’ambiente che effettivamente faccia “circolare” i tanti saperi che consentono di migliorare l’agire individuale e collettivo.

Viene spontaneo tuttavia domandarsi se, come e quanto una visione ecologica possa avvalersi e avvantaggiarsi della dimensione virtuale dell’insegnamento e dell’apprendimento per raggiungere quegli obiettivi che sappiamo essere specifici di un’educazione ambientale. Scopi come la percezione della complessità del reale nella visione integrata dei fenomeni, nella finalizzazione del conoscere alla trasformazione, nello stile di apprendimento attivo e nella ricerca critica, creativa e partecipata.

Pur sapendo che già dal punto di vista del suo creatore, Tim Bernes Lee, il web era considerato una forma di comunicazione capace di incidere sui comportamenti e sulla convivenza sociale, abbiamo cercato l’illuminato parere di due autorevoli esponenti dell’ergonomia cognitiva, Oronzo Parlangeli1, dell’Università di Siena  e Alessandra Re2, dell’Università di Torino.

Dall’intervista emerge una sostanziale convergenza di opinioni sulle potenzialità del web nel campo della formazione e, anche, un invito a progettare formazione web sostenibile: contesti comunicativi “non inquinati” e con molta attenzione al tipo di esperienza interattiva che l’utente è in grado di sviluppare.

 

D. Dal punto di vista dell’ergonomia cognitiva ritiene che l’educazione ambientale affidata al web possa avere speranze di successo?

Parlangeli: Non ho davvero alcun dubbio al riguardo. La questione fondamentale non è se il web abbia in sé le potenzialità per permettere di realizzare una formazione su questioni ambientali che sia corretta, inserita propriamente nei percorsi di sviluppo culturale di specifici contesti, sensibile alle necessità cognitive e affettive individuali. Il vero problema, o meglio, i veri problemi, sono da riferirsi ai modi in cui tali obiettivi vengono a realizzarsi, ad una progettazione dei diversi contesti formativi che sia corretta, praticabile, strutturata in considerazione delle reali caratteristiche dell’utente finale. Sulla base di tante sperimentazioni condotte negli ultimi anni, oggi possiamo affermare con un buon margine di certezza che il valore della formazione tramite web non dipende dalle sue presunte caratteristiche intrinseche, e cioè dal fatto che si tratti di un mezzo a basso costo, in grado di fornire informazioni immediate, facilmente aggiornabili e che oramai raggiungono pressoché tutti.
Così come i possibili svantaggi non sono tanto da attribuirsi alla cosiddetta “freddezza” del mezzo, cioè al fatto che si tratta comunque di comunicazione mediata, filtrata da tecnologie a base informatica, tutto sommato un canale povero di stimoli se paragonato a circostanze reali.
Il punto fondamentale, sia che si parli di web sia di altri strumenti formativi, va riattribuito alla centralità dell’uomo, al ruolo fondamentale che nella dinamica apprendimento/insegnamento giocano i livelli motivazionali, le abilità cognitive e gli stati emotivi di chi apprende. Infatti, gli esseri umani, se sono fortemente interessati a sapere qualcosa, se si ritengono dotati delle competenze necessarie per affrontare alcuni argomenti, intraprendono volentieri percorsi di accrescimento della propria conoscenza.
Per le tematiche ambientali, come per altri casi, quindi, il web si dimostrerà un mezzo formidabile se saprà organizzarsi in forme relazionali con l’utente che siano sensibili e rispettose delle sue caratteristiche cognitive, emotive e culturali. Occorrono circostanze e mezzi che sappiano cogliere le dimensioni dell’utente che maggiormente incidono nella relazione formativa e che poi sappiano evolvere al pari degli avanzamenti dell’utente stesso.

Re: L’educazione ambientale rientra sicuramente fra i temi su cui la rete può avere una forte incidenza.
È chiaro, tuttavia, che per incidere non è sufficiente fornire informazioni utili, occorre rispettare una serie di requisiti, realizzare delle condizioni precise in termini di comunicazione. In questo senso l’ergonomia cognitiva fornisce indicazioni su quali informazioni proporre, come organizzarle e presentarle. È l’insieme di questi processi che può assicurare l’obiettivo di migliorare la conoscenza e il rispetto dell’ambiente.
Si costruiscono, ad esempio, delle tipologie di utenti: non sono certamente le stesse informazioni a stimolare la domanda e la curiosità di un bambino o di un anziano, di una persona già sensibile ai problemi ambientali o di chi non se n’è mai interessato.
Anche la modalità di comunicazione è diversa: un anziano fa più fatica a selezionare le informazioni rilevanti, spesso è meno abile nella navigazione. Quello che per un ragazzino rappresenta una sfida, per l’anziano può essere motivo di difficoltà e di abbandono. Informazioni diverse, quindi, e modalità diverse per “agganciare” la popolazione target.
Un altro elemento che entra in gioco è la capacità di cogliere l’obiettivo: perché quell’utente è arrivato su quel sito? Che cosa cercava? Lo ha trovato facilmente? Ha trovato il livello di dettaglio che desiderava, o le informazioni erano troppo generiche, o troppo tecniche? Ha trovato un sito-vetrina quando invece cercava il più vicino centro di smaltimento? Se è così, difficilmente tornerà a consultare lo stesso sito.
In sostanza, anche nel campo dell’educazione ambientale il web ha forti speranze di successo, anzi ha già collezionato esperienze di successo. Quello che sicuramente si può fare è migliorare l’offerta dal punto di vista dell’utente, capirlo meglio, saperlo anticipare.

D. L’educazione ambientale è molto incentrata sul coinvolgimento diretto, sull’interesse e responsabilità condivisa, sull’esperienza affettiva, spirituale e fisica ….c’è coerenza possibile tra questo stile di insegnamento/apprendimento e il mezzo di comunicazione che il web rappresenta?

Parlangeli: Spesso ci si dimentica di quelle che sono le vere potenzialità del web, che non è soltanto un mezzo di comunicazione, ma è uno spazio, uno strumento, un insieme di possibilità incredibili offerte a chi partecipa al dialogo culturale e informativo. Nel web la conoscenza raramente si trasmette, si comunica o si porge in maniera unidirezionale. Quasi sempre, invece, si attua un processo di costruzione del sapere che è cooperativo, diffuso, intrinsecamente inclusivo.
Il web, infatti, non permette soltanto di organizzare contenuti diversi in molteplici formati che prevedono la presenza di testi, immagini, filmati. Quello che dovrebbe essere apprezzato del web è che offre possibilità immediate di proiettare l’utente in luoghi non altrimenti visitabili, di stabilire interazioni sociali con altri soggetti che magari vivono in posti lontanissimi, di dialogare con qualcuno sentendolo, vedendolo, realizzando un percorso di avanzamento culturale, di crescita di sé, dato dal confronto e dalla partecipazione diretta.
Poste le condizioni di un’adeguata disponibilità delle necessarie competenze e delle tecnologie per la connessione da parte di tutti, chiunque viva oggi qui può senza alcuna difficoltà farsi raccontare e discutere quello che accade in un qualsiasi altro posto della terra, luoghi lontani oppure vicini ma non avvicinabili. Può realizzare dei video da caricare in rete per esprimere i propri punti di vista, può contribuire a migliorare direttamente depositi della conoscenza, come wikipedia, e giocare un ruolo nel grande cammino verso la creazione di un sapere democratico, inclusivo e sostenibile proprio perché riconosce e valorizza le meravigliose risorse di cui è ricco ciascuno di noi.
L’avanzamento della conoscenza tramite web è percorribile, ma occorre tendere alla sua realizzazione secondo criteri di sostenibilità3, occorre un approccio ecologico alla formazione e questo sembra tanto più vero soprattutto in riferimento alle questioni ambientali. Tali criteri si basano su principi di inclusione, su obiettivi di valorizzazione della conoscenza che è la risorsa primaria per l’uomo. Occorre assumersi l’impegno volto alla realizzazione di contesti comunicativi che siano realmente “necessari” e che quindi non contribuiscano ad inquinare il grande mare informativo nel quale siamo immersi. Dobbiamo assumerci la responsabilità di strutturare circostanze interattive rispettose dei ritmi e delle possibilità operative dell’uomo e che, pertanto, non comportino il tracollo delle nostre risorse psico-fisiche. In maniera ricorsiva, insomma, la formazione tramite web su tematiche ambientali deve essere essa stessa esempio di ambiente sostenibile, inclusivo e rispettoso di noi che non siamo soggetti che interagiscono con l’ambiente, ma piuttosto siamo l’ambiente stesso.

Re: Si può trovare una grande quantità di studi che confrontano l’educazione faccia-a-faccia con l’educazione tramite web o altre forme virtuali. C’è prima di tutto un problema di “realismo psicologico”4: il simulatore di guida, ad esempio, e il contesto della formazione su simulatore è sentito dal pilotas come psicologicamente isomorfo rispetto al reale volo di linea, quindi si creano apprendimenti trasferibili.
La stessa cosa può avvenire sul web, o meglio tramite il web. Quello che conta è il progetto educativo, il fatto di non sottovalutare la complessità delle esperienze di apprendimento. In questo senso si può senza dubbio affermare che non è mai troppa l’attenzione che si attribuisce al tipo di esperienza interattiva che l’utente è in grado di sviluppare. Spesso prevale invece l’esperienza che il docente-progettista della formazione proietta sull’utente, immaginandolo spesso più ingenuo e naif di quanto in realtà non sia.
Quello che può dimostrarsi carente sul web è il confronto, la condivisione di emozioni, il sentirsi parte di una comunità di apprendimento. Questi aspetti tuttavia possono essere recuperati in molti modi: tramite chat, mail, scambi supportati da video, ambienti di apprendimento basati sul gioco a cui molti utenti partecipano attivandosi, condividendo sfide e arrivando a costruire una conoscenza condivisa.
Il game-based learning ha ormai dimostrato di poter sostenere, e in diversi casi accelerare, l’apprendimento, accrescere la motivazione e sviluppare abilità di alto livello.  Anche in questo caso, il principale fattore di successo sembra essere la capacità di cogliere le caratteristiche e le esigenze dell’utente nella fase di sviluppo del progetto, e di progettare un buon equilibrio tra la sfida che il gioco propone e le abilità richieste. Un altro aspetto importante è garantire all’utente una percezione di controllo, portarlo all’azione e al senso di immersione, ma anche, dato che si lavora su uno scopo educativo, a mantenere la consapevolezza necessaria a sviluppare un processo di apprendimento e ad acquisire un comportamento responsabile a lungo termine.

 

Annalise Caverzasi

 

1 Oronzo Parlangeli, professore associato presso l’Università di Siena, Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione. Insegnamenti: Psicologia Cognitiva, Interazione Uomo-Macchina, Tecnologie Cognitive Sostenibili. Attualmente è Presidente della SIE ( Società Italiana di Ergonomia).

2 Alessandra Re, coordina il Laboratorio Interdisciplinare di Ergonomia Applicata presso l’ Università di Torino dove è professore ordinario di Psicologia del Lavoro ed Ergonomia presso la Facoltà di Psicologia dell’Ateneo. Dal 2001 al 2004 è stata Presidente della SIE.

3 A ottobre del 2010 Franco Angeli ha pubblicato il volume di Parlangeli “Mente e tecnologia. Evoluzione della conoscenza e sostenibilità”.

4 Re è autrice di “Ergonomia per Psicologi” (Cortina, 1995 )

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