Il bel Paese là dove il sì suona

Con il netto risultato dei quattro referendum (tre dei quali a forte valenza ambientale) il concetto di “bene comune” (ben noto alle società tradizionali del passato) torna modernamente alla ribalta, dopo essere stato a lungo appannaggio solo di una ristretta cerchia di accademici.

La maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto si è espressa inequivocabilmente, facendo emergere il vero “terzo polo”: la “gente”, ovvero un arcobaleno di gruppi, individui, associazioni, istituzioni. Enti locali e gruppi spontanei, cattolici e laici, giovani e anziani, comitati, sindacati e perfino partiti, smanettoni di Internet e cultori di Facebook: tra piazze reali e piazze virtuali si è affermata una volontà di prendere parte (“dal basso”) ai processi decisionali, con le piazze più informate dei comunicatori professionali che non comunicavano un bel niente (se non le solite alchimie politichesi). Ai mass media latitanti o avvitati sulla solita politica-spettacolo, al profluvio di cronaca nera sulle povere Yare, Melanie, Sare hanno sopperito i social network, mezzi di comunicazione “a bassa soglia” (accessibili con poca spesa e con poche competenze informatiche). Grazie al web 2.0 anche i “piccoli” possono diventare visibili e tutti insieme fanno massa critica. Ma non vivono in una bolla virtuale, ci sono anche piazze vere, flash mob, eventi, feste, tavole imbandite, chiacchiere tra amici, concerti,… Ora viene il momento delle politiche per i servizi pubblici (acqua, ma non solo) ed energetiche.

 

L’esito dei referendum, infatti, può rafforzare la crescente tendenza allo sviluppo della green economy. In campo energetico si tratta di sfruttare la principale fonte di energia: il risparmio. E naturalmente di puntare massicciamente sulle rinnovabili. Ciò può comportare positive prospettive per numerosi settori, dai materiali alla domotica agli impianti per la produzione di energia “dolce” all’ecodesign e all’innovazione per l’efficienza. La fine delle mistificazioni sui presunti vantaggi delle privatizzazioni dei servizi pubblici essenziali dovrebbe poi portare a investire senza esitazioni sulle reti idriche, la riduzione e il recupero dei rifiuti, la mobilità sostenibile. Insomma, l’Italia può voltare pagina, dotarsi di un sistema moderno, ecologico, sostenibile di infrastrutture, procedere finalmente verso quello che è il vero futuro (l’unico futuro possibile) dell’economia mondiale: l’economia ecologica.

Mario Salomone

15 giugno 2011

 

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