Dopo il disastro

tzunami

Lo tsunami che ha colpito a dicembre il sud est asiatico è certamente la più grande catastrofe ambientale che abbia mai colpito l’ambiente a memoria d’uomo, ma altri pericoli minacciano quella parte del mondo e mettono in crisi mangrovie e barriere coralline.

 

 

Nell’area del sud-est asiatico interessata dallo tsunami successivo al terremoto verificatosi il 26 dicembre 2004 sono presenti diverse ecoregioni, quali, ad esempio, le foreste tropicali di pianura presenti nell’isola di Sumatra, nello Sri Lanka, in Birmania e in Thailandia, in Malesia, le paludi di mangrovie delle Sunderbans tra India e Bangladesh, gli atolli delle Maldive, delle Chagos e delle Laccadive, il mare e gli arcipelaghi Nicobare e Andamane.
Questi ambienti naturali sono stati sottoposti negli ultimi decenni a numerose minacce che ne hanno incrementato la vulnerabilità, in particolare le operazioni di deforestazione nonché le infrastrutture anche di tipo turistico della fascia costiera, la crescente pressione antropica di una popolazione in crescita e situata nelle zone costiere ed il conseguente inquinamento delle acque.
L’Indonesia negli ultimi anni ha subito tassi di deforestazione particolarmente significativi: negli anni Ottanta si aggirava annualmente intorno agli 8.000 kmq, saliti negli anni Novanta a 12.000 kmq. e negli anni più recenti a 20.000 kmq. Nella sola isola di Sumatra il tasso di deforestazione alla fine degli anni Novanta si è aggirato intorno ai 2.800 kmq annui.

Sopra e sotto l’acqua

Particolarmente a rischio sono mangrovie e barriere coralline. Nell’area indo-pacifica è presente il 42% degli ambienti di mangrovie a livello planetario, di cui il sistema della Sunderbans, tra India e Bangladesh, costituisce la più ampia e continua foresta di mangrovie del mondo. Si tratta di uno straordinario ecosistema forestale costiero, particolarmente tollerante alla presenza di acque saline ed alle onde di marea, caratterizzato da alberi, arbusti, felci, piante grasse ed epifite e da una straordinaria ricchezza di biodiversità, rifugio e zona di riproduzione per tantissime specie della fauna marina.
Purtroppo è anche uno degli ambienti di zone umide più minacciati a livello mondiale, poiché le mangrovie svolgono un importante funzione di “cuscinetto” per fenomeni di stress quali inondazioni ed anche per gli tsunami stessi. Le barriere coralline costituiscono un altro ambiente di grande valore per la biodiversità e produttività del pianeta. L’ultimo rapporto pubblicato dall’Australian Institute of Marine Science, lo “Status of Coral Reefs of the World”, riporta che oltre i due terzi degli ambienti di barriere coralline del mondo sono minacciate dalle azioni degli uomini e dalle loro conseguenze.
L’incremento delle temperature della superficie del mare provoca l’espulsione, da parte dei coralli, delle alghe microscopiche, che vivono con essi e che ne forniscono la viva colorazione e i processi fotosintetici; una volta espulse le alghe microscopiche, i coralli sbiancano (provocando il ben noto fenomeno del “bleaching”), mentre la crescita di biossido di carbonio nel mare conduce alla riduzione della calcificazione dei coralli.

Catastrofe naturale

Le grandi catastrofi naturali aggravano gli effetti dell’azione antropica, accrescendo la vulnerabilità degli ecosistemi, scatenando così un circolo vizioso tra vulnerabilità ecologica e vulnerabilità sociale. Non a caso, a livello internazionale, ormai si parla spesso di “catastrofi innaturali” perché alla catastrofe naturale si aggiunge l’amplificazione degli effetti dovuta alla nostra errata gestione degli ecosistemi.

Per sostenere la Croce rossa italiana: ccp. n. 300004 e conto corrente bancario Bnl n. 218020 (Causale: pro emergenza Asia).

Ottobre 2004 – Annarita Di Pascoli

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