Cosa è normalità e cosa è follia?

Elisabetta Gatto

 

Il titolo Infinitely polar bear di Maya Forbes, presentato al TFF 2014, incuriosisce. E strappa un sorriso scoprire che si tratta di una storpiatura (“polar bear”/”bipolar”) che una bambina fa del termine usato per definire il disturbo bipolare da cui è affetto il suo papà. Da questo particolare si intuisce che la lettura che la regista ha scelto di dare della sindrome maniaco-depressiva sarà piena di tenerezza e persino divertente. Siamo a Boston negli anni ’70: Maggie ha conosciuto Cameron nell’era delle tragressioni e dell’anticonformismo, di hippies e “flower power” e si è innamorata della sua stravaganza, legandola agli eccessi di un’epoca. Ma i medici hanno un nome per il suo comportamento, inserito nella categoria del “disturbo bipolare”. In seguito a un crollo nervoso, deve allontanarsi dalla moglie e dalle due figlie per curarsi. Sarà però la moglie stessa a chiedergli di tornare per prendersi cura delle bambine, quando lei deciderà di accettare una borsa di studio a New York. Inizia così il ménage insolito di una famiglia tanto bizzarra quanto unita.

L’eccezionale interpretazione di Mark Ruffalo nella parte di Cameron suggerice una riflessione su cosa sia la normalità e quale sia il confine con la follia.

Eccentrico infatti è un uomo che in pieno inverno gira in slip in bicicletta e propone alla sua famiglia di fare il bagno nel lago, ma è anche un padre che bada alle figlie mentre la loro madre ha scelto di riprendere gli studi, non temendo che questo possa minare la sua mascolinità. È chi non si conforma, chi non teme il giudizio.

Il suo essere decisamente fuori dal comune è fonte di imbarazzo per le figlie in molte occasioni, ma un papà capace di grandi slanci riserva anche grandi sorprese.

Un adulto che conserva un entusiasmo fanciullesco e tiene lontana la vecchiaia, che per riprendere Erasmo da Rotterdam nell’Elogio alla follia, “neppure ci sarebbe se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza“.

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