Ecogalateo e acquagalateo (di S. Moretto)

L’acqua è un bene che diamo sempre più per evidente, e che al contrario sta diventando sempre più raro e prezioso. Già ai giorni nostri, a soffrire per carenza di risorse idriche sono circa un miliardo e mezzo di persone, fra meno di vent’anni potrebbero raddoppiare. È un’emergenza planetaria che sta peggiorando rapidamente. Inoltre con il continuo miglioramento delle condizioni di vita e con l’aumento della popolazione, la domanda d’acqua aumenta sempre più velocemente tanto che in questi ultimi tempi una delle preoccupazioni più significative è proprio la sua disponibilità futura. Numerosi scienziati ed economisti prevedono che se si dovesse preocedere a consumare acqua ad un ritmo sempre maggiore, il futuro della specie umana e di ogni altro organismo vivente potrebbe essere a rischio.
Il nostro pianeta sta cambiando. Piove meno di 50 anni fa, ma tutta la pioggia cade nello stesso momento. Visto che i giorni piovosi sono diminuiti, le precipitazioni sono più concentrate e devastanti. La terra non trattine più, è quindi immediatamente alluvione.
E mentre il deserto di espande, il mare diminuisce. La sabbia sta già ricoprendo oltre il 20% del pianeta e ogni anno continua la sua avanzata di altri circa 70 mila chilometri quadrati di terra. Secondo un’analisi delle Nazione Unite, oltre 100 milioni di persone sono minacciate, anche per colpa dell’effetto serra, e dovranno presto emigrare, inseguite dalla sabbia, in circa 110 Paesi del mondo.
Per fare un esempio il Lago Aral o il Deserto del Karakum, nell’Asia Centrale, tra il Kazakhstan e l’Uzbekistan.
Il nome significa “mare delle isole”, in virtù delle numerose isole che erano visibili nei pressi della costa orientale.
E’ stato un lago profondo oltre 50 metri, oggi è un deserto bianco (perchè salato) abbandonato da tutto e tutti, la poca acqua rimasta ha un tasso salino talmente alto da uccidere gli animali che vi abitano.
Sono in corso alcuni tentativi di recupero, ma fattori come evaporazione, vento, sabbia, cattiva gestione delle coltivazioni, non facilitano il processo.
Ma ancora l’asprezza dell’ambiente naturale del Sertão in Brasile, aggravato dallo sfruttamento delle risorse del suolo, anche attraverso la monocoltura della canna da zucchero, e quindi la conseguente deforestazione ed inevitabile desertificazione, ha spinto ad un’emigrazione di massa.
Infine il Souf in Algeria, il suo nome deriva dal berbero e vuol dire fiume. Sembra incredibile parlare di acqua in una regione come questa avvolta dalla sabbia, basta pensare che in queste terre si parla di mare…di dune. Invece è presente una vena acquifera che scorre sottoterra grazie ad un fiume fossile che un tempo inondava il terreno, e questo fa si che l’acqua salga lentamente in superficie. Tutto ciò sta creando delle gravi problematiche alla città di El Oued, che per questo strano evento rischia di sprofondare proprio come Venezia. Ovviamente se da un lato quest’acqua può risultare pericolosa, dall’altra parte diventa un serio vantaggio per tutti quelli che devono irrigare i campi, infatti è sufficiente scavare dei buchi, anche piccoli, per poter permettere alle radici delle palme di essere in contatto diretto con le acque sotterranee.
Se non vogliamo quindi il ripetersi della storia o peggio ancora, ecco che da qualche parte bisogna iniziare ed ecco perchè già in passato è stato proposto all’Aja un “ecogalateo” nel quale coesistono innovazioni e cambiamento d’abitudini.
E se spingessimo oltre l’analisi si potrebbe parlare di “acquagalateo”, e quindi troveremmo tra le altre cose: 

  • Chiudiamo bene i rubinetti e non lasciamo scorrere l’acqua se non è necessario.
  • Verifichiamo che non ci siano perdite nei tubi.
  • Facciamo la doccia: riempire la vasca da bagno richiede più acqua.
  • Utilizziamo lavatrice e lavastoviglie solo quando sono piene. È un risparmio di acqua e di energia.
  • Dotiamoci di un serbatoio di servizio del Wc a doppio pulsante, in modo da dosare lo scarico secondo le esigenze.
  • Ricordiamoci che un prato “all’inglese” in un paese caldo come il nostro esige molta acqua; esistono tipi di semi che garantiscono un bel verde con meno acqua.
  • Evitatiamo di gettare rifiuti di qualsiasi tipo vicino ai corsi d’acqua: inquinano e ne rallentano lo scorrimento con gravi rischi in caso di piogge intense.
  • Facciamo controllare i pozzi neri delle nostre case.
  • Non lasciamo sacchetti e bottiglie di plastica, lattine o altro sulla spiaggia, non gettiamoli dalla barca o da una scogliera.
  • Non preleviamo mai organismi marini: limitiamoci ad ammirarli vivi nel loro ambiente.
  • Per chi ha un’imbarcazione: non gettate l’ancora su quelle macchie scure che vedete sul fondo della baia. È una prateria di Posidonia, un tesoro dei nostri mari.

  

Profilo autore: Stefano Moretto, Diver e skipper, lavora e vive in Francia, si occupa di sviluppo ed innovazione di prodotti in campo subacqueo.Coordinatore redazionale e responsabile del progetto “il Pianeta azzurro” e de “La Collana del Faro”. Esperto in Biologia marina, giornalista, si occupa di divulgazione scientifica e coordina progetti di educazione ambientaleidrobiologica. Collabora alla realizzazione di progetti sportivi con integrazione sociale di diversamente abili. E’ stato coordinatore territoriale del Piemonte dell’associazione ambientalista Marevivo Divisione Subacquea. Fondatore ed organizzatore di associazioni sportivo-culturali, quali Associazione Bioma, Marine-life, Mondomarino, Aquax, Tritone eAgusta (www.agustaresort.com)

 

La storia dell’acqua (di S. Moretto)

Articolo scritto in occasione dei 25 anni della rivista “.eco, l’Educazione Sostenibile” e uscito sul numero 200 celebrativo della rivista stessa.

Era il 1989…e veniva fondata questa rivista…ma l’acqua a che punto era del suo percorso?
Alcune cellule pressochè invisibili diedero origine alle prime forme di vita, circa 3,5 miliardi di anni fa, proprio nelle acque oceaniche.
Aggregandosi nel corso dei millenni, generarono organismi sempre più complessi e differenziati.
I primi protozoi arrivarono circa 800 milioni di anni fa e nei successivi 200 milioni di anni l’evoluzione continuò con animali simili a meduse. 

L’acqua restò il solo ambiente in cui potè manifestarsi la vita fino a 360 milioni di anni fa, successivamente comparvero animali sempre più complessi ed in grado di sopravvivere anche fuori dall’acqua.
Arrivarono quindi i dinosauri, che con la loro estinzione – 65 milioni di anni or sono – favorirono lo sviluppo dei mammiferi, poi i primi uomini circa 4 milioni di anni fa. 
Con l’arrivo dell’uomo, cambiò inesorabilmente anche la “storia” dell’acqua e il rapporto con lei con modalità diverse in funzione ai differenti periodi storici.

Il tempo del sacro
L’epoca delle acque religiose e fonti medicamentose, delle fontane di acqua di gioventù e delle divinità acquatiche.

Attenzione quest’era non è confinata in tempi passati, infatti possiamo ritrovare nei nostri comportamenti quotidiani tutta la contemporaneità di alcune nostre abitudini. Oltre ai pellegrinaggi alle fonti come Lourdes oppure altre per far cadere la pioggia, anche tutta la pubblicità dai prodotti idratanti e bagni rilassanti fino ad acque più pure per idratarsi. In ognuno di questi discorsi è presente l’appello agli antichi miti di acqua. In definitiva, è la centralità dell’acqua rispetto ai bisogni individuali e collettivi dell’uomo che da sempre ne spiegano anche la centralità simbolica. 

Il tempo dell’ “allevamento”  

Successivo all’epoca dell’adorazione sacra dell’acqua, l’uomo iniziò con l’acqua ad avere rapporti più fraterni, anche se ancora molto rispettosi.
L’inizio fu di cambiare la normale irrigazione dei terreni, imprigionando nei tubi grandi quantitativi di acqua da far sgorgare al centro delle città, dove l’acqua venne utilizzata non solo per necessità ma anche per piacere. Nata con i Sumeri, quest’era svanirà con la fine dell’Impero romano per rinascere di nuovo oggi. 

Il tempo della disintossicazione 

Le problematiche di approvvigionamento di acqua obbligarono i popoli ad accettare un sistema mediocre di alimentazione. Ecco arrivare un periodo secco, con un regresso nel rapporto con l’acqua nelle città, per esempio i pozzi individuali ebbero la meglio sugli acquedotti collettivi. Le fontane d’acqua rimasero come unico oggetto decorativo di piazze e giardini.

Il tempo dello abuso  

Iniziato ieri, alla fine del XIX secolo, con la scoperta del comfort e del concetto di potabilità. È il periodo storico dell’igiene vittoriosa, le camere da bagno ed il sistema fognario diventano le insegne della civiltà urbana, segni indiscutibili del progresso. Ma è anche l’era dello spreco d’acqua e dell’inquinamento. Ed eccoci arrivati al 2003, precisamente il 23 Dicembre 2003, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2005-2015 Decennio Internazionale dell’Acqua “Water for Life”. Il Decennio è stato inaugurato il 22 Marzo 2005 in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua.

Dal 2003 il Pianeta Azzurro è l’area, in continua evoluzione, dell’Istituto per l’Ambiente e l’Educazione Scholé Futuro Onlus dedicata alla comunicazione, educazione ambientale e messa in rete nel campo dell’idrobiologia, delle mille iniziative che focalizzano l’attenzione sulla risorsa acqua, del dibattito e delle proposte per una sostenibilità in campo idrico. Si rivolge a parchi, riserve, gruppi sportivi, associazioni ambientaliste, insegnanti e studenti, amministrazioni pubbliche, imprese, in breve a tutti gli attori pubblici e privati. Il principale strumento con il quale Il Pianeta azzurro fa comunicazione è la pubblicazione dell’omonimo dossier “il Pianeta Azzurro” (quattro volte l’anno) che si affianca al mensile “.eco, l’educazione sostenibile”, prima rivista italiana di educazione ambientale, fondata nel 1989 e la sua sezione dedicata sul Portale. “il Pianeta Azzurro”, attraverso rubriche, interviste, articoli, è dunque lo strumento specifico di servizio all’educazione ambientale del Pianeta Acqua. Nel corso degli ultimi anni ha curato concorsi, mostre, video e proposte didattiche dedicati al mondo dell’acqua nelle sue varie forme. Fare educazione ambientale marina e alla risorsa acqua significa anche favorire l’accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente, sensibilizzare amministratori e cittadini, formare tecnici e sviluppare nuove figure professionali, educare giovani e adulti.

Dal 2003 sono passati molti anni…Pianeta Azzurro, ha da poco fatto il giro di boa dei 10 anni con una pubblicazione specifica, è cresciuto molto anche grazie a tutte le persone che se ne sono interessate ed è in continua evoluzione….

Tra i vari strumenti, nati ed evolutisi nel tempo, la Collana del Faro è sicuramente uno dei più emblematici.

L’elettronica ha mandato in pensione la millenaria istituzione del faro. Ma nell’immaginario collettivo il faro, una luce che ti guida nella notte o nella tempesta verso un approdo, mantiene ancora tutta la sua forza simbolica. Il faro, dunque, contraddistingue anche questa nostra collana di agili volumetti, nata nel 2011, dedicati alla tutela dell’ambiente e al rispetto della natura con un’attenzione particolare al mondo dell’acqua. A volte si tratta di sintetiche guide al comportamento “ecologicamente corretto”, in altri casi di documentazione di esperienze e di contributi narrativi, riccamente illustrati, rivolti soprattutto ai lettori più giovani.

Con “La Collana del Faro”, insomma, cerchiamo di accendere un faro per l’ambiente, nella notte di una crisi ecologica globale che, nonostante i passi avanti e la buona volontà di molti, continua e per molti aspetti si aggrava, per l’avidità, o anche solo la distrazione, di tanti.

Il deficit di acqua dolce può causare conflitti armati, affermano gli scienziati. Oggi circa 700 milioni di persone in 43 paesi soffrono per la carenza dell’acqua. Entro il 2015 a causa del cambiamento globale del clima e crescita della popolazione sul pianeta questa cifra supererà tre miliardi.

Dobbiamo fare qualcosa, possiamo fare qualcosa…insieme.

Sostenere e contribuire “il Pianeta azzurro”, vuole anche dire credere in una cultura della sostenibilità idrobilogica mondiale.

 

Profilo autore: Stefano Moretto, Diver e skipper, lavora e vive in Francia, si occupa di sviluppo ed innovazione di prodotti in campo subacqueo. Coordinatore redazionale e responsabile del progetto “il Pianeta azzurro” e de “La Collana del Faro”. Esperto in Biologia marina, giornalista, si occupa di divulgazione scientifica e coordina progetti di educazione ambientale idrobiologica. Collabora alla realizzazione di progetti sportivi con integrazione sociale di diversamente abili. E’ stato coordinatore territoriale del Piemonte dell’associazione ambientalista Marevivo Divisione Subacquea. Fondatore ed organizzatore di associazioni sportivo-culturali, quali Associazione Bioma, Marine-life, Mondomarino, Aquax, Tritone e Agusta (www.agustaresort.com)

 

 

 

 

 

Acqua ed energia, binomio importante (di A. Mojetta)

Il 22 marzo, se ve ne siete accorti, si è celebrata in tutto il mondo la Giornata dell’Acqua, la ventunesima della storia da quando l’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1992 decise di istituire una giornata internazionale dedicata a questo composto, fondamentale per la vita del pianeta. Il tema scelto per il 2014 è stato l’acqua e l’energia, un binomio importante per un mondo sempre più assetato dell’una e dell’altra.
Acqua ed energia sono strettamente intrecciate: l’acqua, come sappiamo, è la più antica e più sfruttata fonte di energia rinnovabile e l’energia è ampiamente utilizzata per produrre acqua dolce (si pensi agli impianti di desalinizzazione) o per il funzionamento degli impianti di depurazione. Data questa interdipendenza tra i due fattori, non deve stupire la scelta dell’ONU di porre al centro dell’attenzione mondiale questo stretto rapporto che in futuro giocherà un ruolo essenziale nella sopravvivenza del pianeta. La partita si giocherà su più piani e tutti ne saranno interessati. L’acqua, l’oro blu come sempre più spesso viene definita per il suo crescente valore, diventerà fondamentale per sostenere l’agricoltura e un’umanità che punta a superare i 9 miliardi e nello stesso tempo sarà ricercata e sfruttata per produrre energia, mettendo l’umanità davanti a un dilemma di non facile soluzione considerato che i due usi si sono spesso dimostrati incompatibili e che il cosiddetto bene comune non può prescindere da nessuno dei due fattori.Un ciclo biogeochimico perfetto, ma a rischio Acqua ed energia sono unite anche dal fatto che l’acqua stessa è frutto del consumo di energia.  Che cosa, infatti, se non l’energia mantiene attivo il ciclo dell’acqua. Anche se è superfluo  dirlo, non va dimenticato che è l’energia delle reazioni termonucleari che avvengono sul sole a fornire l’energia per l’evaporazione dell’acqua e a essere la forza motrice del ciclo idrologico, un ciclo meraviglioso per la semplicità del suo funzionamento (evaporazione, condensazione, precipitazione) e sul quale bisognerebbe riflettere più spesso soprattutto sulla sua variabilità.  Il ciclo dell’acqua è praticamente perfetto, come tutti i cicli biogeochimici, funziona da miliardi di anni, ma è soggetto a variare nelle sue manifestazioni e soprattutto nelle precipitazioni. Una prova eloquente di ciò è costituita dal deserto del Sahara, il più vasto deserto caldo della Terra che circa 30.000 anni era fertile, con piante e rigogliose foreste, una fauna molto ricca e abitato da popoli che si dedicavano alla caccia e all’allevamento del bestiame. I cambiamenti climatici hanno modificato questa situazione originando questo deserto e spostando altrove le precipitazioni. Oggi il maggiore problema del ciclo dell’acqua non è la sua interruzione, ma le modificazioni indotte dai cambiamenti climatici che si stanno manifestando a tutte le latitudini, compresa la nostra, con piogge sempre più violente e concentrate e periodi di siccità sempre più lunghi. 

Sulle Alpi sempre meno acqua Per fare un esempio a noi vicino, gli esperti della Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi, CIPRA, in una recente relazione (2011) stimano per le Alpi una diminuzione delle precipitazioni variabile tra l’1 e l’11%, mentre i periodi siccitosi estivi (almeno cinque giorni consecutivi senza precipitazioni) aumenteranno del 36%, con incrementi relativamente superiori nelle Alpi settentrionali. Le precipitazioni nevose subiranno un drastico ridimensionamento del 40% nei versanti settentrionali e del 70% in quelli meridionali. La minore quantità di neve associata a maggiori piogge durante l’inverno determinerà un consistente aumento delle portate invernali dei fiumi (fino al 19%) e una corrispondente diminuzione di quelle primaverili (meno 17%) e soprattutto estive (le previsioni parlano di una riduzione del 55% nelle Alpi centrali e meridionali entro il 2100). Nel breve periodo questi cambiamenti possono essere compensati dallo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost. Nel lungo periodo vi é invece preoccupazione per la persistenza di queste fondamentali riserve d’acqua. I ghiacciai hanno perso il 20-30% del loro volume dal 1980 e studi recenti mostrano come, in Italia, l’incremento della temperatura globale e la diminuzione delle precipitazioni nevose abbiano comportato una riduzione dell’area dei ghiacciai alpini, in alcuni casi addirittura del 50%. Altri studi prevedono che, senza variazioni nel regime delle precipitazioni, un moderato aumento delle temperature (+1 °C) potrebbe ridurre le produzioni agricole medie del 10% ca., mentre un incremento della temperatura di 2°C, unita a una riduzione delle precipitazioni, porterebbe ad una riduzione superiore al 20%.
Si tratta, è ovvio, di previsioni, di stime e come sempre accade le cifre, a volte contraddittorie, dipendono da tantissime variabili, ma ciò non toglie che la situazione sia allarmante e che si debba perciò pensare o meglio ripensare al nostro rapporto con la risorsa acqua facendo nostra la convinzione che se pioverà o no, se poco o tanto, dipenderà dalle nostre scelte piccole o grandi non importa. Ciò che importa, invece, è essere consapevoli che tutti noi siamo strumenti attivi nella gestione del nostro pianeta e dell’impronta ecologica che su di esso lasciamo e soprattutto ricordando che l’acqua è, in fondo, un dono e come tale va trattato.

Profilo autoreAngelo Mojetta, Biologo marino 
e giornalista subacqueo, è presidente del comitato scientifico e ambiente di ASSOSUB. E’ ricercatore associato della Civica Stazione Idrobiologica e Acquario di Milano. Direttore scientifico dell’Acquario dell’Elba (Marina di Campo). Dal 1980 al 2001 è stato responsabile scientifico della rivista AQUA. Ha pubblicato articoli di biologia marina per altri periodici quali Airone, Oasis, Sub. Svolge consulenze redazonali e scientifiche per progetti in campo ambientale marino

 

L’ Orto di Nemo (di Emilio Mancuso)

Ed ecco che il buon agricoltore si sveglia al mattino pronto per andare a seminar basilico, d’altra parte se si vuole puntare su una delle tante bandiere che rendono famosa la Liguria nel mondo, cosa potrebbe seminare se non basilico?
C’è qualcosa di strano però, gli stivaloni sono sostituiti da pinne…al posto del cappello di paglia c’è una bella maschera…e il fumo di una pipa si trasforma nelle bolle d’aria respirata da una bombola. O l’agricoltore è parecchio distratto, oppure questa estate ha deciso di coltivare in posto un po’ inusuale! Si potrebbe sintetizzare così il progetto nato dalla fantasia e dalle competenze di Sergio Gamberini, amministratore della OCEAN REEF, ligure d.o.c. profondamente innamorato del suo mare così come della sua terra.

Il progetto battezzato “l’Orto di Nemo”ha portato infatti alla costruzione di un piccolo orto subacqueo
a circa otto – dieci metri di profondità davanti alle coste di Noli, a non più di un centinaio di metri dalla linea di costa.

Due biosfere, due piccole serre subacquee ancorate sul fondale sabbioso del ponente ligure sono state il campo di prova di questo progetto sperimentale sviluppatosi con grande successo durante tutta l’estate. I molti dettagli attentamente curati si sono rivelati vincenti, aprendo le porte a nuove e affascinanti possibilità. A partire dagli ancoraggi al fondo, che sono simili a delle grosse viti avviate nella sabbia fin sotto il primo strato molto mobile, questo ha evitato quindi di introdurre in ambiente materiale estraneo e potenzialmente disperdibile come blocchi di calcestruzzo, riducendo così anche l’impatto ambientale della struttura, che ne suo complesso era comunque di dimensioni ridotte, completamente amovibile e sprovvista di vernici o coperture capaci di contaminare le acque circostanti.
Le due biosfere in materiale vinilico trasparente, di circa 800litri di volume, con la loro struttura flessibile attenuavano il loro Image00001opporsi ai movimenti del mare con piccole fluttuazioni, erano munite di piani d’appoggio che han sostenuto tutti gli attrezzi dei moderni “contadini subacquei” e i contenitori del terreno, contenitori a tenuta stagna che sono stati aperti direttamente dentro le biosfere, per evitare contaminazione con acqua salata durante il loro trasporto. Una base basculante permetteva al subacqueo agricolo di mettersi in piedi per svolgere i vari lavori all’interno della biosfera, e una valvola di sovra-pressione permetteva lo sfogo dell’aria che si trovava in eccesso quando, lavorando, si respirava nella biosfera. Un volta allestite le biosfere e seminati i terreni (con semi provenienti da uno storico produttore di Noli) madre natura ha seguito il suo corsi in tempi anche rapidi. L’aria atmosferica intrappolata al momento dell’immersione della biosfera si è arricchita di vapore grazie alla trasparenza della biosfera, che alla profondità di posa era bene illuminata e quindi ha innescato un “ciclo dell’acqua” in miniatura: il sole ha scaldato la superficie dell’acqua che lambisce il fondo della biosfera, questo ha portato a fare evaporare l’acqua (e anche se si tratta di acqua di mare, ricordiamoci che evapora sempre e solo acqua dolce), l’acqua evaporata si è accumulata nell’aria della biosfera condensando sul terreno e tenendolo così sempre umido.
In soli tre giorni i primi germogli di basilico si sono manifestati, e la reazione di fotosintesi clorofilliana portata avanti da queste piante ha contribuito a regolare l’atmosfera all’interno della biosfera, assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno mentre i piccoli germogli andavano crescendo. 
Una delle due biosfera purtroppo è stata irrimediabilmente danneggiata da una mareggiata, ma anche questo piccolo disastro si è rivelato utilissimo ai fini di un corretto e completo monitoraggio del progetto: le grosse viti di ancoraggio non han recato danni al fondale, la struttura flessibile della biosfera le ha permesso non rompersi ma bensì di oscillare fino al punto di allagarsi…e dopo la mareggiata il tutto si è concluso con il recupero completo dei materiali, scongiurando così il rischio che diventassero spazzatura del mare. Nella biosfera che invece ha retto alla mareggiata i numeri sono fondamentalmente questi:

  • 62 giorni di operatività subacquea
  • 48 ore è il tempo passato dalla semina alla germinazione delle prime piantine
  • 52 i giorni passati dalla semina al primo raccolto
  • 85% è stato il tasso medio di umidità nelle biosfere, che quindi erano pressoché sature di umidità 20% è stato il tasso di illuminazione (rispetto all’illuminazione atmosferica) medio rilevato all’interno delle bio-sfere
  • 12  le persone coinvolte nel progetto.

Il raccolto è stato oggetto di analisi e confronti con delle semine fatte contestualmente a terra, e i primi dati ottenuti sono interessanti, attualmente “riservati” e ancora in fase di attenta valutazione, ma le prime anticipazioni donatemi da Sergio parlano di:

  • Risultati analitici che hanno messo in evidenza la generale freschezza e corposità aromatica presenti nell’olio essenziale e nello “spazio di testa”;
  • Il contenuto in Alfa bergamottene risulta essere in media con i valori tipici del basilico ligure.
  • Il Metil‐4‐Metoxy‐Cinnammato è presente in quantità significativamente elevate rispetto ai testimoni delle prove che rispetto ai valori medi del basilico coltivato nel bacino del Mediterraneo.

Sembra quindi che la curiosità sia giustificatissima e l’interesse scientifico ad approfondire questo tipo di coltivazione possa essere legittimo.

Image00007La stabilità termica all’interno della serra, l’impossibilità per parassiti terricoli di arrivare a colpire queste colture, il vantaggio di poter “espatriare” l’agricoltura oltre le frontiere delle terre emerse… questi ed altri sono i dati, i pensieri e le sfide che hanno stuzzicato l’immaginazione di Sergio e del suo team che ha seguito il progetto; progetto che sicuramente è destinato a futuri approfondimenti.
Oltre alla sperimentazione pura che deve esser sempre intrapresa con tanta spinta per il futuro e una sana dose di ottimismo; bisogna anche considerare che tra gli ipotetici sviluppi applicativi il più importante potrebbe essere la realizzazione di coltura subacquee più estese, soprattutto laddove l’acqua dolce scarseggia e al contrario vi è grande presenza di acqua di mare che è inutilizzabile (se non a mezzo di costosi processi di desalinizzazione, spesso irrealizzabili in quelle stesse aree geografiche) per l’agricoltura terricola. In ultimo, l’implementazione di coltivazioni di tipo idroponico potrebbero far ulteriormente evolvere il progetto riducendo il quantitativo di terriccio necessario, materiale estraneo all’ambienta acquatico, e di conseguenza possibili inquinanti/contaminanti presenti nel terriccio.
Interessante nota di stampo tecnologico, l’intero campo di sperimentazione subacquea è stato costantemente monitorato da un innovativo sistema di videocomunicazione subacquea che permetteva al team di avere controllo video costante, e che grazie a un sistema di comunicazione “wi fi” ad ultrasuoni permetteva ai coltivatori subacquei, muniti di maschere subacquee “granfacciali” con microfoni e auricolari, di comunicare tra di loro e di comunicare con la superficie, eliminando così i limiti della classica comunicazione non-verbale subacquea.
Questa prima fase sperimentale si è conclusa a fine settembre, i primi dati si possono ritenere soddisfacenti su diversi campi di studio, ora non resta che riallestire l’Orto di Nemo la prossima estate per vedere su quali peculiarità liguri potremo puntare e come poter implementare le strutture restando saldi ai principi di eco-compatibilità e minimo impatto ambientale della struttura; stando certi che all’acqua per annaffiare ci penserà il nostro amato Mare!

guarda le immagini dell’Orto di Nemo
guarda il video

Testi di Emilio Mancuso
si ringrazia Sergio Gamberini e la Mestel srl – Ocean Reef Group per i dati e le fotografie forniti

Profilo autore: Emilio Mancuso, Socio dell’Istituto per gli Studi sul Mare e della ONLUS Verdeacqua, istruttore subacuqueo, appassionato di fotografia, viaggi e contaminazione con il mondo!
Consulente AiGae per il settore mare, da sempre con l’obiettivo di condividere conoscenza, consapevolezza e passione per il mare.

www.verdeacqua.org

 

222670 1028604308677 5344 n

 

 

Nuove specie in un bicchiere (di Lucia Fanini)

Cosa hanno in comune la descrizione di una nuova specie di crostaceo e un bicchiere da bibita?

Di sicuro l’ambiente: le spiagge di Creta. La storia della pulce di sabbia (crostacei semiterrestri che vivono sulla spiaggia) Orchestia xylino è qui di seguito, e vi farà trovare le altre cose in comune. Non solo tra crostacei e bicchieri, ma anche tra persone. L’abitudine di osservare la natura e di riciclare oggetti infatti non è esclusiva ma fortunatamente accomuna un grande gruppo di persone.

La raccolta.

Lo studio delle spiagge mette i ricercatori davanti ad un ambiente che connette la terra e il mare. Tutto è fluido e in movimento: la sabbia, le onde, la materia organica. Gli animali che passano l’intero ciclo vitale sulla spiaggia devono prima di tutto avere a che fare con questi grossi vincoli posti dall’ambiente fisico, ancora prima di competere con altre specie. E’ necessario che si sappiano muovere sul litorale, senza disidratarsi ma neanche essere portati via dalle onde. Per questo hanno adattamenti non solo fisici, come il corpo ben protetto da un esoscheletro, ma anche comportamentali come capacità di interrarsi, orientamento e ritmi endogeni. Proprio i ritmi sono importanti per regolare le attività, dato che molte di queste avvengono di notte, per ridurre il rischio di disidratazione ma anche di predazione (da parte di quei predatori che cacciano a vista).

Per avere un’idea di cosa vive in una spiaggia -che di giorno sembra un deserto ecologico- un buon metodo è quello di mettere delle trappole e lasciarle attive durante la notte. Una trappola è semplicemente un contenitore interrato fino al bordo, con dentro sabbia umida per evitare che il sole della mattina secchi il contenuto. Si scopre così che la sabbia non è così disabitata come sembra.
Un ottimo esempio di trappola è un bicchiere di plastica, di quelli grandi da 30 cc (o mezza pinta). Sulle spiagge di Creta  molte persone bevono caffè freddo o spremuta d’arancia in questi bicchieri.
Nello studio di cui stiamo parlando adesso, prima ancora di raccogliere gli animali della spiaggia, sono stati quindi raccolti i bicchieri-trappola, chiedendo a colleghi, amici e ai bar se potevano mettere da parte dei bicchieri usati (ovviamente lavati prima del riuso). Raggiunto un numero adeguato di bicchieri, è stato possibile mettere trappole su 6 spiagge, una volta al mese per un anno intero.

Su quali spiagge.

Una spiaggia sembra sempre deserta e inospitale, ad una prima occhiata. In particolare se è una spiaggia piccola e in Immagine2erosione, sembra assurdo che qualche animale possa vivere lì. Ma tra quello che sembra e quello che è, c’è una bella differenza. L’unico modo per apprezzare la differenza, spesso è provare direttamente a vedere cosa ci vive. Le 6 spiagge su cui sono state messe le trappole si trovano in un’area molto frequentata da turisti. Sembravano proprio senza speranza, in termini di biodiversità. In più, sono molto facili da raggiungere, tanto che un intero campionamento si poteva fare in bicicletta, con il sacco dei bicchieri e alcuni strumenti di base in spalla. E’ bastata una prima occhiata al contenuto delle trappole per capire che non solo quelle spiagge, di massimo 10 m di ampiezza per 100 m di lunghezza, non erano deserte, ma che il numero di specie che ospitavano era notevole.

Una nuova specie.

Immagine3Al momento di identificare le specie, una di queste era chiaramente un talitride (pulce di sabbia), ma aveva qualcosa di particolare, diverso dalle altre che erano riportate nei manuali per l’identificazione. A occhio nudo si vedeva bene il colore caffè della parte finale del corpo. Ma solo dopo avere osservato al microscopio altre strutture caratteristiche è stato chiaro che si trattava di una nuova specie. Al momento di scegliere il nome, la scelta è caduta su “xylino” (quindi Orchestia xylino secondo la nomenclatura binaria), per indicare sia la località ma anche un’abitudine che indicava la fine del lavoro di trappolamento e raccolta per quel mese. Xylino infatti è il nome del lounge bar sul mare che si affaccia su una delle spiagge in cui la specie si trova. Xylino ci ha ospitato spesso quando arrivavamo tutti insabbiati alla fine del campionamento, a prendere una cioccolata calda o una spremuta d’arancia (a seconda della stagione). Speriamo così di avere stabilito una connessione tra ecologia delle spiagge e luoghi familiari, e di avere associato il nome di un crostaceo della spiaggia a un posto piacevole.

Cosa si può imparare da tutto questo?

La scoperta di una nuova specie non deve stupire: molte specie devono ancora essere trovate e descritte, anche nel Mediterraneo che comunque è un mare ben studiato. La nostra attenzione dovrebbe piuttosto spostarsi sul fatto che una nuova specie sia stata trovata “sotto casa”, e praticamente a costo zero: bicchieri recuperati e spostamenti in bici -tra l’altro, prestata- sono quanto di meno costoso si possa immaginare. Quello che ha fatto la differenza è stata la pianificazione dello studio, e il personale qualificato per identificare e descrivere le specie. Quando si parla di supporto alla ricerca, sono questi gli aspetti che dovrebbero essere messi in primo piano, mentre spesso purtroppo l’enfasi è su quanto costano i materiali, o su quanto sono nuovi. E’ importante anche la novità senza dubbio, ma da sola porta a poco: ci vuole sempre qualcuno in grado di usare gli strumenti, vecchi o nuovi che siano.

Il fatto di voler studiare le spiagge locali, quelle in cui andare al mare nel tempo libero, e di studiarle con serietà e cura (come si merita l’ambiente familiare), è un aspetto che dovrebbe far ripensare a quanto sia utile la conoscenza dell’ambiente “domestico”. In esso si trovano sorprese notevoli, le stesse che -a volte- provengono dalle grandi campagne di ricerca in località esotiche.

Inoltre, mentre spesso l’uso di materiale di recupero sembra essere confinato a hobby e limitato nelle sue applicazioni, in questo caso si è rivelato fondamentale per raggiungere uno scopo di tutto rispetto. L’importante è stato mantenere ben chiaro l’obiettivo, e avere diverse idee su come raggiungerlo in maniera creativa.

Potete vedere QUI una scansione in 3d di Orchestia xylino

Profilo autore: Lucia Fanini si è laureata in Biologia all’Università di Firenze ed ha ottenuto un dottorato in Etologia e Ecologia Animale presso la stessa Università, in co-tutela con l’Unità di Scienze del Mare dell’Università della Repubblica dell’Uruguay. Si occupa di ecologia delle spiagge, di orientamento e navigazione animale, di adattamenti comportamentali della fauna delle coste sabbiose in seguito a impatti umani.Dopo avere lavorato in progetti europei sulle sponde Nord e Sud del Mediterraneo, si è trasferita a Creta per lavorare al progetto MARBIGEN (www.marbigen.org) sulla biodiversità del Mediterraneo. E’ ricercatore associato presso l’Australian Museum di Sydney.

 

Immagine4

Snorkelling (di E. Mancuso e A. Mojetta)

Snorkelling, una grande opportunità per conoscere il mare (di Emilio Mancuso e Angelo Mojetta)

Il 2013 potrebbe essere l’anno dello snorkelling. Molte le novità che si stanno profilando all’orizzonte con nuovi e importanti interventi legislativi su piano nazionale e la nascita di corsi di formazioni per guide dedicate a questa disciplina che è l’equivalente marino del passeggiare tra prati, boschi e valli.
Attività semplice, che richiede solo un po’ di teoria e attrezzature davvero ridotte (la dotazione minima è composta da un paio di pinne, una maschera e uno snorkel o boccaglio) e che può essere praticata quasi ovunque data l’incredibile varietà di ambienti che offrono le coste italiane.

Ognuno può tarare le sue passeggiate marine a seconda delle sue possibilità e, lungo o corto che sia il percorso, è sicuro che le osservazioni non mancheranno così come sarà piacevole scoprire il senso di libertà dato dallo snorkelling, un’attività che si potrebbe considerare addirittura famigliare perché si presta, efficacemente, a pinneggiate in famiglia.

Esplorare la costa dal mare e a pelo d’acqua consente agli snorkellisti di avere una visione del tutto particolare della costa, addirittura esclusiva perché i sentieri panoramici permettono di avere una visione solo dall’alto e che si interrompe sull’azzurra superficie del mare mentre i subacquei, parenti stretti degli snorkellisti, vanno troppo in profondità per scoprire la costa emersa e goderne i profumi e i colori e la soddisfazione, magari, di giungere in spiaggette e cale isolate, capaci ancora di dare l’emozione della scoperta di terre sconosciute. A tutto questo si aggiunge  la scoperta del mare  dei suoi abitanti, dei mille colori delle alghe (che hanno poco da invidiare ai prati più fioriti), delle strane forme della miriade di invertebrati che popolano i primi metri di fondo e i guizzi dei tanti pesci che lo snorkelling, sport silenzioso, consente di avvicinare a distanza che altrimenti si riterrebbe impossibili.

Lo snorkelling è affascinante e vale la pena di provare. La prime guide che descrivono tratti delle nostre coste particolarmente adatti e di pregio cominciano ad essere pubblicati, le arre protette attendono di essere scoperte e i percorsi di visita non tarderanno a moltiplicarsi. Infine, non va dimenticato che una delle caratteristiche dello snorkelling è la sua ecocompatibilità a cui si deve aggiungere la pressoché assoluta mancanza di impatto ambientale perché uno snorkellista, a differenza dei subacquei, non lascia in acque neppure le bolle.
Grande novità, tanto aspettata quanto insperata nel contesto attuale, è l’ufficializzazione di un disegno di legge che inquadra, tra le tante figure ad oggi “non normate”, quella della Guida Ambientale Marina.
Sia essa dedicata all’attività subacquea o allo snorkelling, a partire dalle AMP ma speriamo destinata a tutte le coste, la sorella acquatica della Guida Ambientale Escursionistica non può far altro che aiutare lo snorkelling a imporsi come pratica acquatica ecocompatibile, educativa e “slow”..
Se è vero che fare snorkelling è un po’ come passeggiar per prati e boschi, farsi accompagnare dalla professionalità di una Guida Ambientale Marina ci permetterà di scoprire, in piena sicurezza e nel pieno rispetto delle norme vigenti, il percorso più bello, raccontandoci storia e fascino dell’insolito panorama “ a pelo d’acqua” che stiamo vivendo,  spiegandoci l’equilibrio, la delicatezza e la meraviglia della brulicante vita che si mostra nei primi metri d’acqua.

Angelo Mojetta – Istituto per gli Studi sul Mare
Emilio Mancuso – Istituto per gli Studi sul Mare – AiGae 

guarda le immagini di alcune delle attività di snorkeling guidato organizzate dall’Istituto per gli Studi sul Mare

 

Profilo autore: Emilio Mancuso, Socio dell’Istituto per gli Studi sul Mare e della ONLUS Verdeacqua, istruttore subacuqueo, appassionato di fotografia, viaggi e contaminazione con il mondo!
Consulente AiGae per il settore mare, da sempre con l’obiettivo di condividere conoscenza, consapevolezza e passione per il mare.

http://www.verdeacquaonline.it/cms/  

 

 

Profilo autore: Angelo Mojetta, Biologo marino e giornalista subacqueo, è presidente del comitato scientifico e ambiente di ASSOSUB. E’ ricercatore associato della Civica Stazione Idrobiologica e Acquario di Milano. Direttore scientifico dell’Acquario dell’Elba (Marina di Campo). Dal 1980 al 2001 è stato responsabile scientifico della rivista AQUA. Ha pubblicato articoli di biologia marina per altri periodici quali Airone, Oasis, Sub. Svolge consulenze redazonali e scientifiche per progetti in campo ambientale marino.
Da anni collaboratore scientifico e amico di il Pianeta azzurro

 

mojetta