Cosmovisione Shuar

Dal 19 marzo al 17 aprile 2016 al Museo della Grafica – Palazzo Lanfranchi, Pisa

L’artista Gianluca Balocco presenta al Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi di Pisa Cosmovisione Shuar, anteprima di un lungo lavoro realizzato in Amazzonia col popolo Shuar (Ecuador). Si tratta di un suggestivo percorso espositivo che affronta il tema della relazione cosmogonica tra l’origine degli Shuar e i semi, le radici e l’intelligenza delle piante della foresta amazzonica, unendo oltre 45 opere fotografiche ad alcune sculture e installazioni.

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Environmental performance index Report 2016

Progressi e aree critiche verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

L’Italia sotto la media europea. Ma i paesi più “virtuosi” sono i maggiori responsabili del degrado ambientale globale

Chiara Genova

 

È stato pubblicato l’Environmental Performance Index Report 2016. Questo indice valuta come 180 paesi proteggono gli ecosistemi e la salute umana. Il rapporto 2016 ci mostra continui progressi, come nell’accesso all’acqua potabile e alle strutture igienico-sanitarie, ma anche aree decisamente critiche: come l’inquinamento dell’aria e lo stato delle risorse ittiche.

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I bambini e lo sviluppo sostenibile: una sfida per l’educazione

L’educazione ambientale come diritto.

Un seminario internazionale dell’Accademia pontifica delle scienze

Chiara Genova

 

Dal 13 al 15 novembre 2015 l’Accademia pontificia delle scienze ha tenuto il workshop I bambini e lo sviluppo sostenibile: una sfida per l’educazione (Children and Sustainable Development: A Challenge for Education).

I bambini di oggi saranno gli adulti di domani e si troveranno di fronte alle conseguenze delle azioni o inazioni di oggi. Risulta fondamentale approfondire il ruolo dell’educazione nell’affrontare i cambiamenti in atto. Al fine di preparare una partecipazione attiva al bene comune sembra essenziale promuovere la collaborazione e la solidarietà sopra ogni forma di egoismo competitivo.

Il workshop si è proposto di essere un momento di approfondimento di questo aspetto, interrogandosi su come l’educazione può contribuire alla costruzione di una società inclusiva e rispettosa dell’ambiente; sulle sfide e le azioni dell’educazione per affrontare lo sviluppo sostenibile.

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Agricoltura e cambiamento climatico

Mercoledì 3 febbraio, ore 17:00 Sala Salvadori, Camera dei Deputati

Fritjof Capra presenta il volume “Agricoltura e cambiamento climatico”

 

Un incontro per discutere sulla sostenibilità dei modelli agricoli e sul loro impatto ambientale e climatico: interverranno Fritjof Capra e l’On. Andrea Olivero, Vice Ministro alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. 

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Come cambia il clima dopo COP21 Parigi 2015?

L’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e la NIMBUS (Società Meteorologica Italiana) organizzano un corso di formazione/aggiornamento professionale per giornalisti (e aperto anche al pubblico interessato) su rischi, scelte, opportunità del new-deal climatico e sulla loro corretta comunicazione.


L’appuntamento è sabato 6 febbraio, dalle 9:00 alle 13:00, presso la sala conferenze del Centro Risanamento Acque SMAT, in Via Po 2 a Castiglione Torinese.

Interverranno Valentina Acordon (Meteorologa SMI), Daniele Cat Berro (Climatologo SMI) e Luca Mercalli (Climatologo SMI e direttore di NIMBUS).

Per INFO:

– sulle iscrizioni (giornalisti): OdG Piemonte info.ordine@odgpiemonte.it
– sulla sede del corso: Servizio  Pubbliche Relazioni  e  Comunicazione  SMAT ,  Marisa  Di  Lauro tel.  011  4645033 – marisa.dilauro@smatorino.it
– sui contenuti: SMI onlus, info@nimbus.it

Clima: nell’accordo c’è anche l’educazione

COP21: accordo storico a Parigi, inizia la fine dell’era dei combustibili fossili, ma il grosso del lavoro è ancora da fare. Per la prima volta l’educazione, la formazione e la comunicazione ambientale ottengono un riconoscimento nelle politiche di lotta al cambiamento climatico
 
Si doveva fare di più e si doveva farlo prima, ma (“chapeau” al grande impegno del Governo francese) finalmente l’obiettivo di contenere il riscaldamento del pianeta entro i 2 gradi centigradi rispetto all’era preindustriale (limite massimo ritenuto necessario per evitare disastri incontrollabili) e soprattutto di puntare a contenerlo entro 1,5 gradi (limite più sicuro, risultato impensabile fino a qualche mese fa). Un compromesso difficile, con molti punti deboli, ma certo anche una svolta cui ha contribuito una crescente sensibilità dell’opinione pubblica mondiale.
Attivisti, educatori e giornalisti ambientali hanno la loro parte di merito nell’avere frenato gli egoismi dei governi, in prima linea quelli dei paesi produttori di petrolio (tra cui il “rivoluzionario” Venezuela) e di grandi nazioni come l’India.
Ma un altro e inedito successo è stato l’inserimento in vari punti del documento finale dell’educazione, della comunicazione e dell’informazione ambientale. Si vedano il punto 83 delle decisioni approvate dall’assemblea di 195 paesi, il preambolo dell’Accordo di Parigi e gli articoli 11 e 12. L’articolo 11 inserisce questi aspetti tra quelli utili a sviluppare capacità e abilità nei paesi in via di sviluppo e l’articolo 12 vi è interamente dedicato: «Le parti coopereranno nell’adottare appropriate misure per sviluppare l’educazione al cambiamento climatico, la formazione, la sensibilizzazione, la partecipazione del pubblico e il pubblico accesso all’informazione, riconoscendo l’importanza di queste misure per rafforzare le azioni previste dal presente accordo».

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Un mondo di pietra e la leggerezza

La strage terroristica di Parigi e il desiderio di un mondo migliore. Cosa saremo capaci di portare nei decenni che ci attendono?
Ripensando a Italo Calvino
 
Mario Salomone
 
Cosa dire di fronte alla furia omicida del commando terrorista che ha seminato strage a Parigi, a due settimane da una “ultima chiamata”, la COP21 sul clima?
Rimasti di pietra, vengono in mente le parole di Italo Calvino nella prima delle sei “lezioni americane”, quella dedicata alla leggerezza.
Giovane scrittore, racconta Calvino (di cui nel 2015 ricorrono i trent’anni dalla morte prematura), egli andava scoprendo «la pesantezza, l’inerzia, l’opacità del mondo». In certi momenti, continua, gli sembrava «che il mondo stesse diventando tutto di pietra: una lenta pietrificazione: una lenta pietrificazione più o meno avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, ma che non risparmiava nessun aspetto della vita».
 
Guardare al futuro
A questa pesantezza Calvino cercò di sfuggire con la leggerezza dei suoi scritti. I Six memos for the next millennium (titolo originale delle lezioni che Italo Calvino avrebbe dovuto tenere a Harvard) si aprono con una frase che somiglia molto a quella con cui Aurelio Peccei apre l’agenda del XXI secolo che stava scrivendo al momento della sua morte: «Meno di seimila giorni ci separano dal 2000», scrive Peccei nel 1984, «Siamo nel 1985: quindici anni appena ci separano dall’inizio di un nuovo millennio», scrive Calvino nella introduzione alle lezioni che aveva preparato in vista della trasferta americana. Singolare questa assonanza tra un grande pensatore e una grande scrittore, che è stata anche una assonanza di empatia per l’umanità e per il mondo. Guardare al futuro ne è una buona prova.
 
C’è bisogno di leggerezza
Da quegli anni la pietrificazione del mondo è diventata più veloce. Opache troppe coscienze, troppo pesanti il dolore, le ingiustizie, la violenza.
Di leggerezza ci sarebbe bisogno: un’economia più leggera sul pianeta (una “economia della mitezza”, l’ho chiamata altrove), camminare sulla Terra con passo più leggero, relazioni interpersonali, interstatali, interetniche, interreligiose più leggere.
Peccei dedica la sua vita a capire come l’umanità può imparare a governare se stessa per vivere in pace al suo interno, e anche con la Terra, Calvino scrive le sue lezioni pensando a ciò «che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici», e quindi alle virtù della leggerezza.
«Ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi», osservava Calvino in chiusura della lezione sulla leggerezza.
Cosa siamo stati capaci di portarvi, lo abbiamo visto. Cosa saremo capaci di portare nei prossimi decenni?

Vita e mare

Oggi vorrei parlare del perché siamo indissolubilmente ed istintivamente legati al mare. E’ molto di più che una semplice passione o attrazione verso qualcosa di azzurro e meraviglioso. Il mare è l’origine della vita, veniamo da lì e da esso nasciamo. Ogni essere umano trascorre i primi nove mesi della sua esistenza immerso nel liquido amniotico in cui si sviluppa, nuota, ascolta, ma non respira aria. Alla nascita siamo organismi acquatici.
Da notare che il liquido amniotico composto peri il 99% da acqua e per il resto da proteine e sali è estremamente simile all’acqua di mare per composizione chimica e fisica.
Renè Quinton, un famoso biologo, compì straordinari esperimenti all’inizio del 900’. Riuscì a dimostrare l’equivalenza chimica tra il sangue e l’acqua di mare.
Enunciò la cosidetta Prima legge della costanza marina: ”la vita animale, apparsa allo stato di cellula nel mare, tende a mantenere nelle più varie specie zoologiche, per il suo alto funzionamento cellulare, le cellule costitutive dell’organismo nel mezzo marino delle sue origini”.
Quinton fu un precursore che ci aiuta a rispondere ad una delle domande fondamentali della vita. Da dove veniamo?
Sicuramente dal Mare.

Ergo proteggere e preservare il mare è necessario al mantenimento della Vita sulla terra. 

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Produrre energia dalla depurazione delle acque

Sostenibilità ambientale ed efficienza energetica sono le parole chiave del progetto denominato SOFCOM e finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del VII Programma Quadro, con capofila il Politecnico di Torino.
L’idea alla base del progetto è molto ambiziosa ma con grandi risvolti in termini di sostenibilità in quanto consiste nel rendere produttiva dal punto di vista energetico la depurazione delle acque di scarico.
Un processo che, secondo gli obiettivi del progetto, è in grado di generare non solo energia elettrica e calore ma anche un altro “prodotto” di valore, quale acqua pulita, come dimostrato dal prototipo messo a punto e presentato al Politecnico nei mesi scorsi.
La parola SOFC (Solid Oxide Fuel Cell) è riferita alla particolare tecnologia di celle a combustibile impiegata, ovvero le celle a combustibile ad ossidi solidi che funzionano a circa 800°C.
Il cuore del sistema è costituito dalla cella combustibile a ossidi solidi che lavora ad alta temperatura e trasforma il biogas in energia elettrica attraverso un procedimento elettrochimico a efficienza maggiore rispetto a quelli tradizionali basati su una macchina termica.
Partito nel novembre 2011 il progetto si sta avviando a conclusione, ma costituisce solo la prima fase di una linea di ricerca più ampia relativa all’utilizzo di celle finalizzate a soluzioni ad alta efficienza energetica.
Un altro passo verso la gestione sostenibile della risorsa idrica, sempre più da interpretarsi come bene comune da gestire e tutelare.

Per approfondimenti http://areeweb.polito.it/ricerca/sofcom/en/

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Usque tandem…?

Ecco alcune interessanti biografie che avremmo potuto leggere negli annali accademici o nei volumi dei Who’s who tra pochi decenni.

Nizar Qabbani. Nato in Siria nel 2008. Attualmente è professore al Dipartimento di Informatica e Ingegneria del Caltech di Pasadena. Dopo i primi studi e la laurea alla Normale di Pisa con una tesi sulle applicazioni della quantistica allo sviluppo dei processori, ha ottenuto una borsa di studio alla Cornell University dove ha conseguito e completato il suo Ph.D. Le sue ricerche si sono estese ai linguaggi di programmazione con una particolare attenzione ai rapporti tra fotonica ed effetto joule. Grazie ai suoi studi, si sono potuti costruire computer portatili alimentati ad energia solare e in grado di superare il limite di 100 gigabit in un secondo che hanno rivoluzionato il sistema delle comunicazioni mondiali.

Abdal-Rahman al-Shagouri. Nato in Libia nel 2005. Ha frequentato la  Ulrich-von-Hutten-Schule di Berlino prima di iscriversi alla Humboldt-Universität di Berlino dove ha studiato medicina specializzandosi in neurologia. Dopo alcuni anni passati negli Stati Uniti presso il Mount Sinai Hospital e il National Institutes of Health, è diventato capo ricercatore al Dipartimentro di Neuroscienze del Karolinska Institutet  dove ha condotto fondamenti ricerche nel campo delle malattie neuregenerative mettendo a punto la prima cura capace di arrestare lo sviluppo del morbo di Alzheimer e altre patologie del sistema nervoso.

David Adiele. Nato in Nigeria nel 2010. Ha studiato musica a Milano diplomandosi con il massimo dei voti in pianoforte e direzione d’orchestra. Ha ottenuto il Master all’Accademia Pianistca Internazionale di Imola, il Diploma e la medaglia d’Oro in “Professional performance” del Royal North Music College di Manchester nonché il Diploma d’Onore dell’Accademia Chigiana di Siena. Premiato in prestigiosi concorsi internazionali quali Concorso pianistico internazionale Ferruccio Busoni, l’International Tchaikovsky Competition, il London International Piano Competition (World Piano Competition), ha collaborato con le più importanti orchestre mondiali da La Scala di Milano al Metropolitan di New York. Nel 2030 ha iniziato a comporre le sue African Symphonies, 5 sinfonie ispirate alle musiche tribali africane che gli anno fatto meritare il soprannome di Beethoven nero e che sono state giudicate  tra le più appassionate e coinvolgenti che il mondo della musica moderna abbia conosciuto nella composizione sinfonica mondiale di tutti i tempi.

Sono tre esempi di cosa sarebbe potuto succedere se questi te ragazzi, migranti dei giorni nostri, fossero riusciti a raggiungere un luogo sicuro e a costruirsi una vita normale. Sono tre, ma potrebbero essere decine e decine se non centinaia se consideriamo l’intera umanità in fuga. Il genio può essere ovunque, ma può esprimersi solo se ne ha la possibilità. È un seme e come tutti i semi non può germinare se non trova il terreno adatto. Ricordiamocelo e chiediamoci usque tandem (fino quando) potremo permetterci di giocarci queste possibilità?

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