Batteria ad acqua

L’acqua è una risorsa preziosa e fonte di energia rinnovabile, basti pensare all’utilizzo che se ne fa negli impianti idroelettrici. Ma, secondo un recente studio proposto dai ricercatori della Stanford University (California) esistono anche altre modalità grazie alle quali produrre energia dall’acqua. In particolare, un team di studiosi che fa capo al professore Yi Cui, ha recentemente ideato una batteria in grado di generare energia elettrica sfruttando la differenza di salinità tra l’acqua dolce e quella marina. Grazie a questa innovativa tecnologia, è possibile produrre energia ovunque ci sia un incontro tra acqua dolce e salata, dove, cioè, l’acqua dolce confluisce in mare. Ne deriva che estuari e foci dei fiumi diventino luoghi privilegiati per la generazione di energia secondo questa modalità.

Il funzionamento della batteria che sta alla base del processo è relativamente semplice. La batteria, costituita da due elettrodi – uno positivo e uno negativo – viene immersa in acqua dolce giungendo ad una configurazione in cui essa risulta debolmente caricata. Successivamente, viene prelevata e inserita nell’acqua di mare, che, essendo salata, possiede un numero da 60 a 100 volte maggiore di ioni rispetto a quelli riscontrabili nell’acqua dolce. Questi ioni fanno aumentare la tensione nella batteria che, quindi, produce molta più energia di quella necessaria per attivarla. Una volta scaricata l’acqua di mare, il processo può ripetersi ciclicamente, arrivando ad accumulare progressivamente energia. Nel corso dei diversi esperimenti portati a termine, il team di ricercatori ha conseguito un’efficienza pari a circa il 74 % ma si ipotizza di raggiungere valori prossimi all’85 %. Se così fosse, installando centrali di questo tipo su tutti i fiumi del mondo, si potrebbero produrre fino a 2 terawatt di energia elettrica ogni anno – pari a circa il 13 % dell’attuale consumo mondiale annuo di energia elettrica.

Ma questa tecnologia, sicuramente interessante da un punto di vista energetico ed affascinante per le sue peculiarità, presenta ancora dei forti limiti.

Innanzitutto, è necessario lavorare sul materiale da utilizzare per produrre l’elettrodo negativo. Ad oggi, infatti, la scelta ricade sull’argento, troppo costoso per risultare utilizzabile su larga scala. In secondo luogo, è necessario ridurre al minimo l’impatto che tale tecnologia potrebbe generare sull’ambiente. In questo senso, è fondamentale ipotizzare modalità di deviazione di solo una piccola parte dell’acqua dei fiumi coinvolti  per poi reintrodurla nell’oceano, in modo da gravare il meno possibile sugli ecosistemi fluviali e marini. Infine, sorge il problema della quantità massima di acqua dolce di cui è possibile disporre per alimentare le batterie. Infatti, mentre si dispone di una quantità praticamente infinita di acqua di mare salata, lo stesso non si può dire di quella dolce. Per ovviare a questo inconveniente, i ricercatori propongono l’utilizzo di acqua di scarico trattata, in modo da trasformare un prodotto di scarto in una preziosa risorsa.

Fonte: http://www.scienze-naturali.it/, La Rivista Italiana sul Mondo delle Scienze

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