Anziani e sostenibilità nella città diffusa: quali domande per l’educazione?

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Si sono da poco spenti i riflettori sulle iniziative che, in occasione del «2012 anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni», sono state organizzate a vari livelli e con risonanza e visibilità internazionali, con molteplici focalizzazioni, che spaziano dalla partecipazione democratica all’accessibilità dell’informazione, dalla socializzazione alla promozione della salute e dell’autonomia.

Considerato che, nei Paesi occidentali, tre quarti delle persone anziane vivono in città, crediamo opportuno gettare uno sguardo pedagogico sui contesti urbani e sul modo in cui essi rendono possibile oppure ostacolano la piena realizzazione umana dell’età anziana.

Una disparità tra i primi e gli ultimi anni della vita
Se per analogia consideriamo quanto è stato detto e fatto in rapporto alle prime età della vita (bambini e adolescenti) – e benché ampi spazi di miglioramento quantitativo e qualitativo siano ancora possibili e desiderabili – non si può dire che un’attenzione altrettanto significativa sia stata dedicata ai cosiddetti “anni d’argento”. Nel primo caso, infatti, abbiamo assistito a un sostanzioso approfondimento teorico, disteso ormai in un arco di tempo di alcuni decenni, cui sono seguite realizzazioni significative (si pensi ad esempio al movimento per le “città amiche dei bambini e delle bambine”), mentre la diffusione delle iniziative appare tuttora distribuita in modo diseguale (anche solo riferendoci al panorama nazionale). Nel secondo caso, solo in tempi recenti gli input istituzionali e le proposte operative, spesso sorte a partire dall’associazionismo e dal volontariato, hanno assunto concreta visibilità, arricchendo la riflessione pedagogica di nuovi stimoli. In entrambi i casi si tratta comunque di un’attenzione intermittente, ispirata più da spinte occasionali che da azioni sistematiche e durature: entrambe le età della vita sembrano permanere in una condizione di marginalità.

L’accompagnamento educativo e il riconoscimento delle specificità
Non dimentichiamo che, in una logica ormai acquisita di life-long learning, occorre assumere una prospettiva di accompagnamento educativo che non si limiti a preparare le persone ad affrontare l’invecchiamento in modo attivo, ma riconosca e accolga le specificità (individuali, di genere, sociali, culturali, ecc.) di questa età della vita: rinunciando a pensarla solo nella prospettiva del deficit, della difficoltà, della perdita e riconoscendo l’anziano come risorsa non solo quando è attivo ed efficiente, è impegnato nel volontariato e costituisce un indispensabile supporto per le famiglie, ma anche quando, avvicinandosi alla fine della vita, col suo solo sguardo ci rammenta la fragilità della nostra condizione umana.
Passando allo specifico di queste brevi note, possiamo dire che le nostre città, nate come culla di vitalità economica, sociale e culturale, vedono oggi offuscata questa loro identità, travolta dalla mancanza di solidarietà, dal degrado, dall’intolleranza, dall’incuria, dalla mancanza di sicurezza, dalle insidie alla salute derivanti dal traffico e dall’inquinamento: aspetti che nel vissuto dell’età anziana sono acuiti dalla perdita progressiva di autonomia e dalla solitudine, alimentando l’impressione di non poter disporre del territorio in cui si vive e acuendo il senso di mancanza di libertà, già messo a dura prova dagli impedimenti fisici e dall’incertezza del futuro.
Tali criticità appaiono acuite nella cosiddetta “città diffusa”: tale forma insediativa, caratterizzata da dispersione dell’edificato, riduzione del verde a causa del consumo di suolo, mobilità veicolare privata e carenza di infrastrutture per la mobilità alternativa, lontananza dai servizi e dai luoghi di studio e di lavoro, sembra rendere ancora più difficile, per gli anziani, continuare ad essere “cittadini” a tutti gli effetti, sia in termini identitari che di accesso ai beni comuni e ai servizi.

Una città per tutti
Se vogliamo che le nostre città siano “age-friendly” dobbiamo, da un lato, evitare di circoscrivere gli interventi al solo ambito sanitario, pensando invece a politiche urbane che sappiano integrare anche il versante ambientale e quello sociale, aspetti che convergono e si intrecciano.
Dall’altro, dobbiamo cominciare ad uscire da alcuni vecchi schemi mentali: quelli che, riduzionisticamente, ci fanno considerare gli anziani come una categoria omogenea, mentre l’arco temporale in cui si collocano e le differenze soggettive implicano esigenze profondamente diverse; quelli che considerano gli anziani come un problema delle rispettive famiglie, o al più, di un welfare palesemente in difficoltà, mentre dare concreta realizzazione ai diritti umani è impegno di tutta la collettività; quelli che ci fanno percepire la vecchiaia come mancanza, in particolare di progettualità, mentre la scommessa educativa è proprio quella di riconoscere e valorizzare le risorse, per quanto limitate, mantenendo il soggetto al centro della propria vita.

Non solo fattori economici
Assumono centralità, al di là degli aspetti economici (che pure hanno un peso molto significativo per un numero consistente di anziani, se uno su due deve vivere con meno di 1000 euro al mese, dati Istat 2012 e Rapporto Auser 2012), anche fattori che, in modo più o meno diretto, influiscono sul ben-essere della persona anziana e sulla possibilità di invecchiare bene e il più a lungo possibile nei propri luoghi di vita.
Ad esempio:
– gli spazi esterni e gli edifici pubblici: per essere praticabili devono essere accessibili, garantire condizioni di sicurezza (in rapporto alle caratteristiche delle superfici, della manutenzione, dell’illuminazione e degli attraversamenti), consentire soste frequenti e la deambulazione con ausili, essere protetti (dal traffico veicolare a quattro e due ruote) e socialmente controllati (in caso di necessità di aiuto);
– i trasporti pubblici, che sono fondamentali per gli anziani: devono dare garanzia di sicurezza e accessibilità (sia fisica che economica), e servire in modo più efficiente le periferie urbane, per consentire l’accesso a servizi che normalmente sono più densi in centro città;
– la promozione della salute: deve includere iniziative volte al benessere fisico, sociale e spirituale, proponendo spazi e tempi per la convivialità e la cultura, offrendo servizi socio-sanitari vicini agli utenti anche in senso geografico, oltre a garantire una buona qualità delle caratteristiche ambientali generali (acqua, aria, verde pubblico raggiungibile a piedi, ecc.);
– la sicurezza e l’autonomia: dipendono dalle caratteristiche fisiche dei luoghi di vita, a cominciare dalle abitazioni, che dovrebbero essere ripensate in termini di design (per renderle più efficienti e ridurre gli incidenti domestici) e di struttura organizzativa (social housing, reti di vicinato, condomini solidali, ecc.); e dalle reti, formali e informali, che possono supportare l’esistenza quotidiana sia in termini di protezione da fenomeni di micro-criminalità, sia, in senso più ampio, come sinergia d’azione da parte dei diversi caregivers.

Creare le condizioni di sostenibilità
Una città sostenibile in rapporto all’età anziana assume come proprio obiettivo la creazione di condizioni di accessibilità, sicurezza, percorribilità della propria struttura urbana; ripensa gli spazi pubblici in rapporto a una pluralità di forme di utilizzo, evitando la segregazione per fasce d’età ma cercando anche di conciliare le diverse esigenze che connotano i suoi utilizzatori, in rapporto a tempi diversificati e a spazi vari, stimolanti e vivibili; incoraggia il mantenimento di corretti stili di vita attraverso la rinaturalizzazione urbana e l’offerta di occasioni quotidiane di socializzazione e di contatto con la natura (come percorsi pedonali verdi e protetti, orti urbani, micro-parchi di quartiere); promuove la partecipazione di tutte le sue componenti sociali, predisponendo adeguati strumenti che facilitino l’ascolto e l’espressione di esigenze, desideri, progetti; valorizza il sapere degli anziani, che custodiscono la memoria storica dei luoghi e delle attività tradizionali, anche in relazione alla tutela del patrimonio culturale (materiale e non) e alla promozione di stili di vita sostenibili.

Per approfondire:
www.urbspace.eu/
www.who.int/ageing/age_friendly_cities.net
www.age-platform.eu
www.europacittadini.it

Orietta Zanato Orlandini
27 giugno 2013

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