Abbecedario amazzonico aspettando i mondiali‏: lettera M

M

Con i mondiali alle porte e la nazionale italiana che si prepara a giocare il suo primo match nella rovente e umida Manaus, sale la curiosità verso questa regione lontana e affascinante che è l’Amazzonia. Sia l’Italia sia l’Inghilterra si stanno preparando atleticamente al momento in cui dovranno giocare alle alte temperature tropicali, ma forse non sanno che ciò che li aspetta e che forse li sorprenderà di più è una cultura creola, con usi e tradizioni, leggende e credenze molto diverse dalle nostre.

Prepariamoci anche noi, prima di questo grande incontro, con qualche pillola sull’Amazzonia: un racconto per ogni lettera dell’alfabeto!

Mandioca

La farina di manioca (farinha de manioca) è uno degli elementi di distinzione tra il noi e il loro, in Amazzonia – insieme all’açaí, che abbiamo visto, e all’amaca, che tratteremo più avanti. Per appartenere alla comunità devi amare la farina di manioca, saperne distinguere le qualità, poterne discorrere per ore.
La manioca (Manihot esculenta), che ne è la materia prima, è il fulcro di un articolato mondo attorno al quale girano tanti diversi prodotti, una ricchissima cultura materiale – fatta di varietà di coltivazione, tecniche di coltivazione e di trasformazione –, parte fino a poco tempo fa preponderante dell’alimentazione regionale, dunque della gastronomia e dell’economia.

La manioca è la pianta che ben sopporta i terreni sabbiosi e acidi dell’Amazzonia, che arrivando a maturazione in temi diversi, a seconda delle varietà e conservandosi inalterata per un certo tempo sotterra, dispensa il contadino da intensive operazioni di raccolta e riduce i problemi di conservazione. Le varietà più usate in Amazzonia sono quelle velenose (mandioca braba), che diventano edibili solo in seguito a un ben preciso processo di lavorazione e che sono sconosciute o ormai poco coltivate nel resto del paese. I tuberi raccolti sono privati a mano della buccia e messi a macerare nell’acqua, dove rimangono per qualche giorno; si aggiunge quindi una quantità di manioca appena colta di circa la metà e si riduce il tutto in poltiglia, grazie a un cilindro dentato (catitu), azionato da un motore o a mano. La pasta così ottenuta viene pressata – in presse o nel più tradizionale tipiti – il liquido che ne esce darà vita al tucupi, un liquido acido usato come condimento. L’ultima operazione è la seccatura o torrefazione, fatta su piastre di ferro o di ceramica, scaldate a legna. Il risultato: dei granelli più o meno grandi, a seconda della lavorazione, simili per certi versi al cous-cous conosciuto in occidente, di colore che va dal giallo chiaro al giallo vivace, croccanti e profumati. Viene mangiata così, secca, insieme alle pietanze, o ammollata da un brodo (pirao). In questa forma, è conosciuta nella sola Amazzonia e per questo giustamente ne rappresenta un tratto distintivo.

Luca Fanelli

Manioca ex IMG 2645 Luca

Il signor Domingo produce la farina. Villaggio di Tapixaua, comune di Oriximiná, Brasil, 2007. Foto di Luca Fanelli/ MAIS.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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