Umberto Eco, una vita per il libro

Alessandria, 5 gennaio 1932 – Milano, 19 febbraio 2016. Il Caffé filosofico di educazionesostenibile.it ricorda il grande scrittore scomparso
 
di Tiziana Carena

 

Umberto Eco ha rappresentato per chiunque si sia mosso nelle discipline filosofiche negli anni ’60, ’70 e ’80 dello scorso secolo, l’estrema agilità nel muoversi per problemi e, quindi, rompendo gli steccati disciplinari e mostrando nel concreto nel lavoro di ricerca (e di creazione: molti ricorderanno Il nome della rosa, romanzo filosofico del nominalismo tardo-medievale, Premio Strega 1981, 14 milioni di copie vendute, tradotto in tutto il mondo) che “se incontri il senso giusto delle cose, cancelli il vero e il falso, se hai larghezza di ingegno, scordi tracciati e formule”, come scriveva Il poeta cinese Wei Ying-wu. Anche se, poi, larga parte della sua attività di studioso è stata dedicata allo studio di “tracciati” e “formule”: ha sviluppato, come disciplina autonoma, la semiologia come scienza dei segni e delle significazioni.
 

Nella mente di alcune generazioni di studenti e studiosi Eco resta come il primo teorico di “come si fa una tesi di laurea”. Come il volume di Giuseppe Prezzolini Saper leggere (1956) introduceva al gusto della lettura e del libro in modo semplice e chiaro, così Come si fa una tesi di laurea (manualetto edito da Bompiani in prima edizione nel 1977 e più volte riedito, usato e strausato anche dalla sottoscritta nell’edizione del 1988 quando insegnava presso il CEPU per la preparazione universitaria individuale, in afferenza alla classe di concorso A036) introduceva, al di là del titolo, a come si fa ricerca, e veniva a essere un vero e proprio manuale di euristica, utilissimo anche una volta che comparvero i “Dottorati di ricerca”, decisivo anche oggi che, con il 3+2, la tesi di laurea è una prova finale e la vera tesi di laurea di un tempo è rinviata alla conclusione del biennio magistrale (per chi lo frequenta).
 
La formazione a Torino negli anni Cinquanta
 
Eco si era formato nella Torino neo-razionalistica degli anni Cinquanta, al tempo dei grandi maestri della filosofia quali Augusto Guzzo (cui è dedicato un premio: alla Fondazione Guzzo debbono i loro primi passi di ricerca filosofica numerosi studiosi), Luigi Pareyson (e il Centro Pareyson rappresenta, oggi, un punto di riferimento negli studi filosofici), Nicola Abbagnano, Ludovico Geymonat, la rivista “Filosofia” le cui edizioni fecero conoscere in Italia orientamenti di pensiero, al tempo, ben poco conosciuti, come il neopositivismo (è “Filosofia” , fondata da Guzzo, a pubblicare la prima ampia ricerca in merito, quella di Francesco Barone, maestro di Mario Trinchero, ordinario di Filosofia Teoretica e Filosofo della Scienza all’Università di Torino, nonché fra i maggiori studiosi del pensiero di Ludwig Wittgenstein), l’ermeneutica di Hans Georg Gadamer (nella cui dimensione aveva preso a muoversi il giovane Gianni Vattimo), per citare solo alcuni esempi.
 
Saggistica e letteratura
 
Eco dopo essersi laureato, con Pareyson come relatore di tesi, nel 1954 si era orientato allo studio dell’estetica di Tommaso d’Aquino e uno dei suoi primi lavori era stato edito da Bompiani nel 1963 dando origine a un inossidabile sodalizio con la casa editrice milanese durato per tutta una vita. Aveva introdotto anche la raccolta di prose di Woody Allen, nei primi anni Settanta, sempre per Bompiani. Tra i suoi lavori più noti, ricordiamo non soltanto Opera aperta che aprì nuovi scenari nell’estetica contemporanea, ma anche Il superuomo di massa che segnò un punto fermo nella sociologia della letteratura. Una svolta decisiva negli studi di teoria della comunicazione fu la pubblicazione del Trattato di semiotica, che ha orientato fino a oggi gli studi di estetica della comunicazione.
Come romanziere, oltre a Il nome della rosa, dobbiamo a Eco Il pendolo di Foucault (1988); vince il premio Pavese nel 2011 – ventottesima edizione – con il romanzo Il cimitero di Praga: la speculazione filosofica, così legata alle teorie del linguaggio, si faceva narrazione, al confine tra soluzione di misteri (che per non pochi aspetti ricorda il Poe della Lettera rubata, ma anche Borges) e i problemi teoretici legati alla lingua e alla parola In questo libro, in particolare, si vede la maestria nell’unificare la sua formazione di estetologo, teoreta, semiologo, analista dei media.
 
Quando ho tenuto un corso di Estetica all’UNITRE di Bordighera (sede Intemelia), nell’anno accademico 1988- 1989, i miei “studenti” mi hanno regalato, per l’attività svolta, proprio una copia de Il pendolo di Foucault.

 

CF Caffè filosofico
Per una “ecologia della mente”
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