Nella “Terra dei Fuochi”

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(di Ugo Leone)

Rifiuti tossici nelle aree agricole della Campania: allarme per la salute e l’agricoltura

L’area battezzata “terra dei fuochi” individua in Campania una vasta superficie agricola al di sotto della quale, in anni passati, sono stati interrati rifiuti anche tossici e nocivi. La “scoperta” di questa situazione (in realtà molto verosimilmente nota ai più) ha destato molto allarme, specialmente per l’impatto negativo che avrebbe avuto, ha e potrà avere sulle produzioni agricole e l’alimentazione.

“Sono un vegetariano e quando vado al mercato ad acquistare frutta e verdura mi raccomando che non vengano dalla Campania”. Questo è il contenuto dell’ intervento di un ascoltatore di Padova ad un programma di Radio tre (“tutta la città ne parla”) dedicato ai rifiuti nel Napoletano con particolare riguardo alla “terra dei fuochi”.

Il  problema è di grandissima importanza e gravità non solo per la salute dei cittadini ma anche perché in Campania l’agricoltura è un settore economico che ha riconquistato spazi e importanza, ed è l’ unico che ha creato nuova occupazione, giovanile e anche femminile. Qualcuno nella società dell’industria e della tecnologia avanzata può ritenerlo un passo indietro, ma proprio in questa società, in Italia, nella quale si corre il rischio di perderle queste industrie e/o i loro servizi (Ilva, Ansaldo, Telecom, Alitalia e via enumerando) è importante non trascurare il ruolo dell’agricoltura e l’opportunità di tornare a lavorare la terra.

Questo “ritorno” si è da tempo riscontrato in Grecia dove negli ultimi due anni 30.000 giovani hanno lasciato la città per trasferirsi in campagna per contrastare la crisi economica dilagante nel loro Paese. Certo la crisi economica può agevolare queste tendenze ciò non toglie che ben altra attenzione meriterebbe questo vitale settore economico. Al contrario, tra abbandono delle terre e sottrazione di terreno agricolo dall’inurbamento e dalla urbanizzazione senza criterio e senza regole pianificatorie, questa risorsa viene sempre più trascurata.

Ora si aggiunge anche la “scoperta” che in alcune di quelle terre, per diecine di anni, sono stati sotterrati rifiuti tossici di ogni tipo. (“Ma dove erano quelli che ora protestano?” Ha chiesto un altro ascoltatore al programma Rai al quale facevo prima riferimento).

Ma la Campania non è tutta una terra maledetta.

La pianura campana si estende per quasi centocinquantamila ettari, mentre i suoli coinvolti nell’interramento di rifiuti e in forme gravi di inquinamento, secondo attendibili interpretazioni,non superano il 2 per cento del totale.

È su questa inoppugnabile realtà che dovrebbe più realisticamente soffermarsi la comunicazione ai cittadini consumatori campani come ai vegetariani di fuori regione. Ai quali un supporto di documentate informazioni deve doverosamente essere dato dall’Istituto Superiore di Sanità (che già più volte ha scagionato la catena alimentare, indirizzando l’ attenzione verso altri fattori di esposizione quali causa di morbilità e mortalità), dalla Facoltà di Agraria, dalle amministrazioni regionale e comunali. Da tutti quelli, cioè, che hanno le carte in regola e il dovere di svolgere questo compito.

Ricordando, tra l’altro, che la Campania è una regione che protegge con due Parchi nazionali e una rilevante quantità di parchi regionali e oasi, un terzo del suo territorio dove è, doverosamente, protetta quella biodiversità naturale che è alla base di una produzione agricola integra che, non a caso, proprio in queste aree si avvale dei riconoscimenti Doc  (denominazione di origine controllata), Dop (denominazione di origine protetta) Igp (Indicazione geografica protetta).

Ugo Leone

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