Milano, Barona: orti che fanno massa critica

angoliditerra milano web
Reportage. Angoliditerra, la sfida difficile di Claudio Cristofani

di Andrea Ferrari Trecate

 

Se una persona dovesse farsi un’idea di come può apparire un orto urbano, nel senso più letterale del termine, dovrebbe cominciare la sua ricerca da via Chiodi, in zona Barona, a sud di Milano.
Un palazzone rosso mattone, una strada trafficata e una torretta di Telecom sono i segni forti, evidenti, che i confini di Milano sanno arrivare lontano.
Eppure gli orti “della Barona” sono proprio lì. Lo striscione dell’organizzazione che ne regola e difende l’esistenza spicca sulla recinzione e li presenta per quello che sono: un angolo di terra.
Claudio Cristofani eredita dalla sua famiglia quei terreni anni fa e riesce a immaginarne un futuro più utile di un semplice parco e più ecosostenibile di un nuovo condominio.
I vialetti attraversano gli spazi coltivati, tra verdure e fiori e bracieri per il barbecue.
La gente sorride, felice di avere uno spazio verde ancora prima di sentirsi premiata dall’apparire dei primi germogli. Appare tutto naturale, come se quegli orti fossero sempre stati lì, sorti spontaneamente.
La realtà, invece, è decisamente diversa.

Una socialità discreta e genuina

 
Il cammino che l’architetto Cristofani ha dovuto affrontare in passato per affermare la realtà di Angoliditerra (questo il nome scelto per il progetto) e per difenderla e promuovere oggi, è stato quantomeno tortuoso. Un cammino che non è passato semplicemente attraverso la già di per sé gravosa attività di bonifica del terreno, di realizzazione dei pozzi di irrigazione, di acquisto di mezzi e macchinari e di concepimento degli spazi coltivabili.
Gli orti della Barona sono sorti e vivono tuttora in un vero e proprio vuoto normativo e il loro buon esempio sembra destinato a essere difficile da seguire.
Non esistono norme urbanistiche, non ne esistono di agrituristiche che definiscano modalità e limiti della costituzione e della gestione degli orti, né tantomeno si trovano tracce di normative fiscali che regolino plusvalenze e giochi al ribasso nelle possibili compravendite dei terreni stessi.
Ispirati ai jardin familieux europei, gli orti di via Chiodi hanno un’origine ed una costituzione privatistica ma non sono “il club del golf”, come sottolinea il loro stesso ideatore. Le regole che ne guidano la fruizione non hanno lo scopo di limitare ma, anzi, hanno costituito la base per un naturale sviluppo di valori sociali e di tutela ambientale.
Regole necessarie, norme che segnano una separazione netta nei confronti del sistema del “pubblico a tutti i costi”. Non esistono quindi obiettivi condivisi ma attività distinte con finalità simili ma non identiche. Realtà accomunate dal rispetto dell’ambiente e da una socialità più discreta ma non per questo meno genuina.
Lo stesso Cristofani vorrebbe ampliare gli orti della Barona, acquisire altri spazi, e così tutelare zone che, senza neanche allontanarsi troppo da via Chiodi, versano in condizioni di grave degrado ecologico.

In una Milano che sta riscoprendo questo tipo di attività, l’uso massiccio di spazi che non vengono riadattati a “semplici” parchi, sembra stia portando più problemi che vantaggi.

 
Uno spicchio di Milano che rende felici
 
Spazi minuscoli, difficili o persino impossibili da depurare e rendere coltivabili, liste di assegnazione standardizzate e bandi inaccessibili ai semplici gruppi di cittadini, evidenziano ancora di più la necessità di quelle regole che l’architetto aveva già più volte invocato e messe nero su bianco nel suo articolo “Orti di città, città di orti”.
Pur in questo vuoto che, in verità, somiglia più a una totale disorganizzazione, gli orti di Angoliditerra proseguono il loro cammino. 180 appezzamenti di terreno che fanno “massa critica”, nel vero senso quantitativo del termine e che danno vita ad un’entità fattiva, lontana dalla semplice comunicazione sterile, dalle questioni che animano il dibattito intorno agli orti e che, alla resa dei conti, non producono niente di pratico.
«Quello che conta in realtà, sono i numeri. Alle famiglie degli orti di via Chiodi questi tipi di dibattito non interessano: non sono gli amanti del calcio che guardano il calcio in TV. Loro sono quelli che giocano a calcio».
Gli orti della Barona difendono uno spicchio di Milano e rendono felici le persone che li curano e che trovano in quel quadrato di verde la spinta naturale per andare davvero oltre i piccoli recinti.
C’è molta razionalità che come terra fertile sta alla base degli orti di Angoliditerra, eppure il risultato più importante di questa realtà è lontano dalla semplice logica: è il sorriso di Claudio Cristofani che, a microfoni spenti, mi parla dei bambini che si incantano a guardare le prime gemme sui rami delle piante.

C’è bisogno di altro per capire che i veri recinti sono solo nelle teste di alcune persone?

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *