L’erosione delle spiagge

erosione

“Tecnica & Ecologia” è la rubrica di Giorgio Nebbia dedicata al viaggio nell’ecologia per comprendere la circolazione natura-merci-natura attraverso il “racconto”, specialmente della storia dei processi produttivi, delle stesse merci, della loro evoluzione.

L’erosione delle spiagge
Il mare, nel suo incessante moto, si sta mangiando lentamente e inesorabilmente una gran parte delle coste italiane; le amministrazioni locali mobilitano gli scienziati alla ricerca di sistemi per rallentare o fermare l’erosione. Le proposte sono numerose e sono state sperimentate in varie altre parti d’Italia: alcuni propongono di immettere nel mare delle scogliere perpendicolari alla costa, in modo da fermare la sabbia che l’acqua trascina con se; altri propongono di creare delle scogliere parallele alla costa, in modo che la forza del moto ondoso si “scarichi” contro la barriera e la sabbia in sospensione nel mare possa scavalcarla e depositarsi verso la spiaggia; altri ancora propongono di stendere delle barriere sommerse, costituite da sacchi di plastica pieni di sabbia o ghiaia contro cui urta la forza delle onde; altri ancora propongono di asportare la sabbia dalle coste in cui è ancora abbondante e di immetterla davanti alle spiagge in via di ritiro, di erosione.

Le spiagge, queste sconosciute
Non esiste nessuna ricetta sicura; alcune hanno dato buoni risultati in qualche zona, ma sono fallite in altre. Il deposito di nuova sabbia sulla spiaggia esposta a erosione talvolta viene vanificato perché il moto del mare la sposta di nuovo; a volte una barriera o un intervento sposta l’erosione da un luogo all’altro anche ad alcuni chilometri di distanza.
Il successo dipende da tante considerazioni, ma soprattutto dalla conoscenza di che cosa sono, di come “funzionano” e di come si comportano le coste sabbiose. La perdita per erosione delle spiagge provoca un danno economico, una perdita di ricchezza, di occasioni di turismo e costi per riparare i danni delle frane delle strade costiere. In Italia le coste si stendono lungo ottomila chilometri; davanti a questo numero ci sarebbe da aspettarsi che ci fossero decine di università e di centri di ricerca e documentazione sull’erosione costiera ma non è così, purtroppo. Eppure la dinamica delle spiagge sabbiose sarebbe un argomento di ricerca e di esplorazione di enorme interesse.

Uno straordinario ecosistema
La costa, l’interfaccia fra mare e terra, è uno dei più straordinari ecosistemi: punto di incontro fra le acque dolci dei fiumi e del sottosuolo e l’acqua salina del mare. Possiede, nelle sue rocce e spiagge e dune una ricca, spesso quasi invisibile, vita di vegetali e animali. Le spiagge sono “esseri” in continuo movimento; la sabbia è portata dai fiumi, ma spesso le opere di escavazione per trarne costruzioni, fanno diminuire l’apporto fino al mare delle materie solide che assicurano l’equilibrio costiero. Le coste sono battute dalle onde marine provocate dal vento, che spostano continuamente la sabbia e la ghiaia e, nello stesso tempo, sono lambite da continue correnti di acqua di mare, in genere parallele alla costa, le quali spostano anch’esse la sabbia. A guardare il mare anche quando è calmo, non si immagina da quali forze sia continuamente mosso anche in profondità.

Un assalto incontrollato
Se lungo le coste sono costruiti porti o insediamenti turistici, la sabbia incontra ostacoli nel suo moto verso la terraferma; alcune spiagge si allungano e altre arretrano in maniera preoccupante. Fenomeni di erosione costiera si verificano quasi dovunque: dalla Toscana alle coste laziali e campane fino in Puglia e poi, più a nord, lungo la ricca riviera, affollata di turismo che va da Pesaro a Venezia. È stato calcolato che la perdita per erosione di un metro quadrato di spiaggia comporta un costo di mille euro, per guadagni perduti e per i tentativi di protezione e intervento.
Purtroppo, in un paese con alta densità di popolazione e poco spazio disponibile come l’Italia, sulle coste aumenta continuamente la pressione umana; le spiagge sono assaltate da attività turistiche che badano sempre meno alla bellezza e al carattere “naturale” e chiedono alberghi, locali notturni, stabilimenti balneari, porti turistici, addirittura piscine in riva al mare. Da secoli, e fino a pochi anni fa, le coste “appartenevano” allo Stato che ne consentiva, nel bene e nel male, l’uso da parte dei privati, con vincoli e cautele. Col trasferimento del demanio marittimo dagli organi centrali dello stato alle regioni e ai comuni, la domanda di “concessioni” si è fatta sempre più pressante e arrogante.

La minaccia della privatizzazione
La ancora più recente politica di privatizzazione dei beni dello Stato, pur di ricavare un po’ di soldi, indebolisce ulteriormente qualsiasi controllo pubblico su un bene, la spiaggia e la costa, che è (dovrebbe essere), per eccellenza, bene comune.
È giusto che le coste offrano occasioni di riposo e di svago e di lavoro per tanti italiani, ma troppo spesso gli interventi sulle coste, specialmente su quelle sabbiose, provocano la distruzione delle dune e della loro preziosa vegetazione e vita, che sono invece le vere difese predisposte dalla natura contro l’erosione.
Per una più rispettosa utilizzazione delle coste forse occorre una maggiore conoscenza della loro importanza, ecologica e umana: penso a un libretto di informazione popolare proprio sull'”interfaccia” fra mare e terra per aiutare soprattutto i ragazzi a riconoscere la bellezza, spesso silenziosa e poco vistosa, delle coste e per far capire che è possibile trarne benefici economici senza distruggerne il valore di beni naturali collettivi.

Giorgio Nebbia

05 febbraio 2012

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