La risposta sbagliata

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A Roma il Piano nomadi è stato costruito sull’errata convinzione che i rom siano necessariamente nomadi, preferiscano vivere “sotto il cielo stellato” piuttosto che tra quattro mura, non siano italiani e costituiscano per i residenti un pericolo.

L’“emergenza nomadi” è agli occhi delle autorità un problema da affrontare attraverso misure eccezionali, come il “Piano nomadi”: il programma sviluppato attraverso i poteri speciali previsti dal decreto governativo del maggio 2008 per affrontare l’“emergenza nomadi”. Il Piano prevede lo sgombero forzato, con ruspe e presenza delle forze dell’ordine, di circa 6.000 rom che abitano da anni a Roma.

Un parte verrà trasferita in campi costruiti in periferia dal Comune, causando la rottura dei legami sociali che i rom hanno creato nei luoghi dove oggi vivono, impedendo ai bambini di concludere l’anno scolastico nelle scuole dove attualmente frequentano, obbligandoli a trasferirsi in luoghi e abitazioni (probabilmente altre baracche o prefabbricati) non scelti né costruiti da loro.

Un’altra parte dei rom sgomberati verrà definitivamente allontanata. Sorge spontaneo domandarsi dove andranno a finire coloro per i quali non è stata predisposta una casa alternativa a quella da cui presto saranno cacciati, “torneranno a casa loro”? Se si riflette sul fatto che molti dei rom che oggi vivono in Italia possiedono la cittadinanza italiana e non sono nati all’estero, la domanda prima formulata diventa allarmante.

Amnesty International, preoccupata per le violazioni dei diritti umani che causerebbe l’attuazione del Piano, invita tutti a firmare l’appello rivolto al Commissario straordinario per l’emergenza nomadi di Roma.

Clicca qui per firmare l’appello

 M.T.

28 marzo 2010

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