La grande bellezza (della Campania)

Molti problemi, poche soluzioni. Che pure ci sarebbero, anche e soprattutto in tempi di vacche magre

 
Ugo Leone
 
Dura ormai da anni il difficile periodo che coinvolge economia e società e, come sempre accade in periodi di questo tipo, una cosa è certa ed è che nella graduatoria dei problemi il penultimo posto è occupato dall’ambiente e l’ultimo dai parchi. Ignorando che nella graduatoria delle soluzioni queste due voci potrebbero utilmente occupare i primi posti.
La realtà è che «quando economia e ambiente si mescolano, molto spesso chi perde è l’ambiente». Questa affermazione è rappresentativa della ricorrente tendenza a considerare contrastanti gli interessi della crescita economica e della protezione dell’ambiente, ma è anche significativa di una realtà nella quale gli interessi dell’economia generalmente prevalgono su quelli dell’ambiente.
È una impostazione vecchia secondo la quale di ambiente ci si può occupare, anche investendo soldi, nei periodi di vacche grasse ma non in quelli di vacche magre.
 
Molte balle sulle ecoballe
E poiché le vacche tendono a essere sempre meno grasse si capisce perché questi problemi occupano tuttora gli ultimi posti della classifica delle preoccupazioni e degli impegni, trascurando, come dicevo, che le vacche e i loro allevatori potrebbero stare meglio anche investendo nel miglioramento della qualità dell’ambiente e della sicurezza del territorio, cioè, tra l’altro nella qualità della vita.
Non sto a ripetere quanto più volte scritto dal 2008 ricordando Roosevelt e il suo New deal, ma gli esempi a sostegno di questa tesi sono molti. Valgono per l’Italia, nel suo complesso; per il Mezzogiorno in modo ancor più rilevante; per la Campania ancora di più.
La Campania è una regione estremamente rappresentativa di questi problemi e della mancanza di soluzioni. Ma con notevole semplicismo e, secondo me, pari assenza di idee risolutive, gran parte viene riassunta in due problemi dei quali si parla quasi a livello di slogan: la “terra dei fuochi” e le “ecoballe di Giugliano”. Che sono certamente casi di rilevante gravità, ma comunicati ed enfatizzati in modo che ritengo non corretto. Auspicando, cioè, la bonifica delle terre dove si bruciano rifiuti da una parte; la scomparsa delle balle dall’altra. La bonifica è certamente un passaggio obbligato se quelle terre si vogliono recuperare all’agricoltura e bloccarne la pericolosità, ma non si può e deve ignorare che i tempi sono inevitabilmente lunghi. Per le ecoballe di rifiuti, poi, la confusione mi sembra ancora maggiore perché non v’è chi non ne auspichi la scomparsa, ma non mi sembra vi sia chi ne proponga in modo chiaro e condivisibile il risultato. Per ultimo il Governatore De Luca che mettendo la soluzione del problema ai primi posti delle realizzazioni della Giunta che presiede, dice dove non devono finire, ma non anche come e dove devono essere smaltite.
E il discorso non si esaurisce qui perché non vanno messi in terzo ordine gli altri problemi che vedo legati soprattutto alla qualità dell’aria e alla sicurezza del territorio: inquinamento atmosferico, dissesto idrogeologico, sismicità, vulcanesimo.
 
La bellezza all’ordine del giorno
 
Problemi seri che trovano soluzioni concrete e durevoli nella prevenzione e non certo solo nell’auspicata dichiarazione dello stato di calamità – naturale, naturalmente – l’indomani di una sciagura con l’obiettivo di rattoppare gli strappi dopo aver contato i morti, i feriti, gli sfollati e aver fatto il calcolo dei danni economici.
Ma la Campania non è solo questo. C’è anche il problema che occupa l’ultimo posto nella scala delle preoccupazioni che ricordavo poco prima. E sono le aree naturali protette che coprono un terzo della superficie regionale e che vantano, tra l’altro, due parchi nazionali.
Sono un problema ma dovrebbero essere, invece, un vanto. Dovrebbero essere i portabandiera della “Geografia della bellezza” che è il bel tema di cui si è discusso nel X congresso di Legambiente Campania tenuto a Napoli il 13 e 14 novembre nella splendida chiesa di S. Aniello a Caponapoli.
Sono, tutti questi, problemi che le persone più sensibili alla loro soluzione e le associazioni che le rappresentano dovrebbero mettere all’ordine del giorno della loro attività. Comunicandone aspetti e soluzioni proponibili superando la generica e perdente politica del “no”…
Altrimenti avrebbe ragione il compianto Sebastiano Vassalli con quanto scrive nella Seconda favola sulla creazione del mondo nella quale immagina che «per punire l’uomo e la donna della loro disubbidienza e della loro superbia, Dio li portò in una terra dove l’unica stagione era l’inverno». Qui i due subirono tremende privazioni e soffrirono tremendamente il freddo. Tuttavia avevano a disposizione una casa: «la sua casa perché vi si rifugiassero durante la notte e si riparassero dal gelo e dalle intemperie». Questa casa era una specie di castello che per le sue dimensioni e per la sua forma avrebbe fatto inorridire qualsiasi ambientalista di oggi. Perché «era troppo grande rispetto a tutto ciò che le stava attorno; era troppo bianca rispetto al grigio della scogliera; era troppo bella in quel mondo di ghiacci e di nebbie. (Ma, all’epoca della creazione del mondo, gli ambientalisti ancora non esistevano e Dio faceva quello che voleva)».

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