I distretti culturali: reti durature

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Inizia, con questo articolo, la nuova rubrica dedicata ai “Patrimoni dell’umanità”, a cura di Aurelio Angelini.

In un mondo sempre più caratterizzato da consumi massimizzati, in cui le identità e le diversità si fondono spesso in un indistinto universo mediatico, l’unico elemento capace di segnare la differenza è la cultura, quel complesso di beni e saperi che contraddistingue popoli e aree geografiche. Il cambiamento nella politica culturale in atto oggi consiste essenzialmente in un vertiginoso aumento delle proposte culturali temporanee. Senza l’adeguamento all’accesso simbolico e fisico al bene, rischia una sostanziale ripetizione di tante storie conosciute. Alla situazione manutentiva e organizzativa si sommano problemi più generali legati all’immateriale, come la mancanza di una coscienza collettiva in grado di percepire la cosa pubblica (e quindi anche i beni culturali materiali e immateriali) come appartenente alla sfera del sé, nel senso sia di partecipazione che di condivisione, la base, cioè, su cui poter innestare processi di fruizione di senso e percezione dell’identità collettiva. Per questa ragione le politiche di costruzione di distretti culturali intesi come rete di conoscenza è in grado di produrre grandi benefici.

Cos’è un distretto culturale
Anche se quello culturale non è definibile tout court come una forma specifica di distretto industriale, esso ne eredita tuttavia alcuni tratti fondamentali, quali il legame fra il prodotto e il territorio, la qualità dei beni e dei servizi prodotti, lo scambio anche informale di saperi e di competenze, una forte presenza pubblica a sostegno della produzione, in questo caso, culturale.
Il distretto culturale è un insieme organizzato di istituzioni, reti associative e imprese che producono un’offerta integrata di beni e servizi culturali di qualità, legati a un territorio circoscritto, caratterizzato da un’identità ben definita, da un’alta densità di risorse ambientali e culturali di pregio, e abitato da una comunità locale coesa rispetto alle proprie tradizioni culturali.
La costituzione di un distretto culturale implica la presenza di un sistema culturale locale, cioè di un ricco tessuto socio-culturale e ambientale preesistente, a partire dal quale sia possibile avviare quei processi di valorizzazione (ma anche di reinvenzione) dell’identità locale e di sostegno alla produzione culturale in grado di promuovere sia lo sviluppo economico e la sua sostenibilità, sia la riqualificazione e il miglioramento della vivibilità complessiva di un dato territorio. Sono questi infatti gli obiettivi primari in vista dei quali assume senso l’integrazione delle risorse, dei servizi di accoglienza e di fruizione, dei centri di competenza e di ricerca, delle filiere dei prodotti tipici e artigianali.

Tutto quello che ci vuole per fare un distretto
Tuttavia il distretto culturale, spesso, è il risultato di un progetto, di appositi investimenti e di strumenti di governance culturale. La disponibilità di beni storici, artistici, architettonici, infrastrutturali e ambientali, è, infatti, una condizione necessaria ma non sufficiente per l’avvio di processi virtuosi di valorizzazione delle identità e delle tipicità culturali e di promozione dello sviluppo territoriale. Si richiede, piuttosto, uno sforzo progettuale e ideativo per accompagnare la comunità nell’elaborazione di obiettivi di sviluppo culturalmente sostenibili e condivisi, al di là della spinta alla mera commercializzazione dei contesti e delle tradizioni locali.
Un distretto culturale è realizzabile, quando in un territorio sussistono elementi (storici, geografici e produttivi) tali da costituire tipicità, un marchio territoriale preciso e integrabile in un sistema sinergico in cui siano presenti anche fattori quali: altre risorse del territorio (beni ambientali, manifestazioni culturali, prodotti della cultura materiale e immateriale del territorio); infrastrutture territoriali (servizi di trasporto e per il tempo libero); servizi di accoglienza e imprese, la cui attività sia direttamente collegata al processo di valorizzazione dei beni culturali.

Un sistema con quatto sub-sistemi
Il sistema così ipotizzato dovrebbe indurre la formazione di processi sinergici tra i vari elementi (che devono comunque preesistere) e dare vita almeno a quattro sub-sistemi, da poter poi portare a compimento:
• un primo sistema di valorizzazione dei beni immobili o storicamente caratterizzati;
• un secondo sub-sistema di servizi per il tempo libero (largamente inteso);
• un terzo sottosistema volto a mettere in rete i servizi di accoglienza;
• un quarto riguardante le sinergie tra gli attori produttivi del territorio.
Elemento unificante dei diversi mondi integrabili è la ricerca di miglioramento nella qualità dei servizi offerti e nella definizione delle azioni strategiche. I quattro sub-settori, precedentemente elencati, sono definiti come i capital assets del distretto, insieme al potenziamento di altre componenti quali: infrastrutture, strutture ricettive, formazione professionale e attività produttive e commerciali d’interesse turistico.

La cultura non è un “prodotto”, è “produzione”
La sfida che il distretto culturale si troverebbe a fronteggiare nell’immediato futuro sta dunque nel tentativo di declinare la cultura, non come mero prodotto da vendere, bensì come produzione da alimentare e mettere in circolo, valorizzando le risorse esistenti senza trascurare quei processi di innovazione e di fermento che stanno alla base dell’economia della conoscenza e della produzione culturale e che, stratificandosi nei secoli, hanno contribuito a produrre proprio quei beni che oggi si intendono valorizzare.
L’obiettivo è accrescere e valorizzare il patrimonio culturale del territorio, materiale ed immateriale: le emergenze storiche, artistiche e architettoniche, i musei e gli archivi, le biblioteche, i servizi ricreativi, i poli di eccellenza legati alla ricerca, all’istruzione e alla formazione, le associazioni e le istituzioni, ma pure le competenze, le specializzazioni e i talenti professionali ed artistici, le tradizioni, le iniziative e le manifestazioni locali, l’insieme dei valori, delle tradizioni e dei costumi che caratterizzano la vita sociale della popolazione dell’area vasta individuata.

Patrimonio culturale e sostenibilità a tutto campo
Valorizzare il patrimonio culturale esistente, non deve pertanto intendersi solo come il recupero del passato, significa piuttosto ampliare l’offerta culturale e ricreativa con nuove iniziative e nuovi poli di attrazione, mettendo a profitto la vocazione di questi luoghi a fornire servizi (amministrativi, formativi e scolastici, culturali e ricreativi, commerciali, turistici, ecc.), il suo potenziale bacino di utenti (cittadini, pendolari, abitanti dei comuni limitrofi e turisti), la posizione geografica e i collegamenti (ferrovia, porto ed aeroporto).
I beni culturali possono, dunque, rappresentare la leva per promuovere uno sviluppo duraturo e sostenibile che investa settori come il sociale, che eserciti benefiche influenze sul welfare e promuova i processi economici attraverso non solo il tradizionale settore del turismo, ma caratterizzando la produzione di beni e servizi in senso culturale.
Infine, è opportuno sottolineare come la cultura, intesa nelle sue diverse sfaccettature, sia una leva di crescita sociale fondamentale per una comunità nel suo complesso.

 

Aurelio Angelini

23 aprile 2012

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