Foreste del Mediterraneo:invertire la deforestazione

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Quando si parla di Mediterraneo il pensiero di gran parte dell’opinione pubblica raramente si sofferma sulle foreste, ma tende ad andare più direttamente e immediatamente al mare, alle città che hanno segnato la storia delle sponde Nord e Sud, all’archeologia di questi luoghi. D’altra parte, quel grande storico del Mediterraneo che è stato Fernand Braudel ha scritto: «Dite “montagna” e l’eco dovunque risponde: austerità, asprezza, vita arretrata e popolazione rada. Dite  “pianura” e la medesima eco risponderà: abbondanza, facilità, ricchezza, dolcezza di vita».

È per questi motivi che la pianura, soprattutto costiera, ha costituito, e ancor più ora costituisce, una sede privilegiata per residenze e attività produttive e provoca maggiori attrattive turistiche. Ma nel favorire questa tendenza si dimentica che la fortuna della pianura, qui come quasi dovunque, è dovuta proprio al ruolo che svolgono le montagne. Tanto più se ricoperte di foreste.
Anche le foreste mediterranee le quali presentano caratteristiche distintive per clima, paesaggi e millenaria presenza dell’uomo. Una presenza che è andata progressivamente scemando e che ha portato alla deforestazione e all’indebolimento della montagna e del suo ruolo difensivo della pianura.

Gli effetti del cambiamento climatico

Se poi alla tendenza “umana” di deforestrae si aggiunge il ruolo svolto anche in questa direzione dai mutamenti climatici, si comprende bene quanto sia importante intervenire per porre fine a queste tendenze e, addirittura, invertirle virtuosamente.
Anche per questi motivi è stato realizzato “FOR CLIMADAPT”, un progetto di cooperazione internazionale incentrato sul tema delle foreste mediterranee e sugli effetti che il cambiamento climatico in atto producono su tali ecosistemi.
Il partenariato è composto da:
Parco Nazionale del Vesuvio, Riserva Man and Biosphère come capofila
Associazione Internazionale Foresta Mediterranea (Francia)
Regione Umbria, Comunità montana “Valnerina”
Centro di ricerca forestale di Catalogna (Spagna), Pirenei Catalani
Direzione territoriale Mediterranea dell’ONF Regioni Languedoc-Roussillon e Provenza-Alpi-Costa Azzurra (départements de l’Aude et des Alpes-maritimes, Francia)
Regione Nord-Egeo, Isola di Lesbo (Grecia)
ADPM, Regione Alentejo, Parco naturale della Valle del Guadiana e Centro pedagogico del Monte do Vento (Portogallo)
Il progetto è iniziato il 1° giugno 2010 e terminerà a maggio 2013.
L’obiettivo di FOR CLIMADAPT è contribuire alla conoscenza e alla sperimentazione di azioni di mitigazione degli effetti che i cambiamenti globali del clima hanno sugli ecosistemi forestali mediterranei (incendi, inondazioni, desertificazione, evoluzione degli ecosistemi). Tutti motivi per i quali le comunità animali e vegetali che si insediano ed evolvono nell’area mediterranea sono esposte a serie minacce.
Nonostante la ben nota resilienza degli ecosistemi mediterranei, la sopravvivenza di molti taxa è in pericolo, tanto più che il Mediterraneo è caratterizzato da numerose specie endemiche, alcune delle quali a distribuzione puntiforme.
Con il progetto FOR CLIMADAPT il partenariato si prefigge di selezionare e sperimentare lavori di climatologi, ecologi ed esperti dell’argomento, adattandoli alle esigenze dei soggetti che a vario titolo gestiscono aree boscate (enti territoriali, proprietari privati, silvicoltori, soggetti gestori di aree protette) e in particolare ha loro offerto strumenti e orientamenti per una gestione duratura.

La deforestazione ha provocato la decadenza del Mediterraneo

Ricordavo poco prima Fernand Braudel. Va ancora citato per il ruolo che lo storico ha inteso individuare nel rapporto deforestazione e sviluppo del Mediterraneo. Braudel annoverava la deforestazione del Mediterraneo, della quale i romani erano stati grandi protagonisti per rendere sempre più numerosa la propria flotta navale, tra le cause della decadenza romana sino alla definitiva caduta dell’Impero romano d’occidente nel 476 d.C. Ma, ricorda sempre Braudel, la deforestazione ancora più spinta fu, verosimilmente, la causa della decadenza del Mediterraneo nel XVI e ancora di più nel XVII secolo.
Oggi, dove più, dove meno, l’esempio romano si è diffuso in tutto il bacino e in tutto il Mediterraneo la superficie forestale ha subito gravi e talora irreversibili modifiche e distruzioni. In Italia ne è un esempio evidente la Lucania, che non a caso si chiamava così – terra di boschi – e che oggi, Basilicata, è una delle regioni più spoglie del Paese.

Un milione di ettari perduti ogni anno

Ancora oggi il bacino del Mediterraneo perde mediamente ogni anno circa un milione di ettari di foreste. Ma oggi non si costruiscono più navi di legno e questa perdita è provocata soprattutto dagli incendi. Incendi di tipo colposo ma ancor più doloso dal momento che spesso è questa la pratica utilizzata per guadagnare spazio all’agricoltura, al turismo, all’urbanizzazione incalzante. I più esposti sono i Paesi della sponda sud e di quella orientale (Marocco, Algeria, Tunisia, Siria, Libano e Turchia).
In più oggi c’è un altro pericolo, un’altra aggressione al residuo patrimonio forestale, proveniente dai mutamenti climatici in atto.
Anche per questi motivi, il progetto FOR CLIMADAPT risulta di grande importanza proponendosi di contribuire alla conoscenza e di sperimentare azioni di mitigazione degli effetti che i cambiamenti del clima a livello globale hanno sugli ecosistemi forestali mediterranei .
Ormai, malgrado un’attiva presenza di negazionisti i quali appena la temperatura scende sotto lo zero ironizzano su chi ha avanzato e avanza il timore dell’aumento delle temperature medie, l’esistenza dei rischi legati ai cambiamenti climatici globali è riconosciuta dalla quasi totalità della comunità scientifica. E ne è un esempio significativo proprio il bacino del Mediterraneo, dove sono già in atto aumenti delle temperature medie e un aumento della frequenza e dell’intensità di eventi meteorologici estremi (siccità prolungate, precipitazioni violente, inondazioni).

Riscaldamento globale e dissesto idrogeologico

Perciò è particolarmente importante anche impegnarsi per prevenire e lottare contro i rischi naturali. Infatti, un ambiente deforestato è anche un ambiente sguarnito nei confronti del verificarsi di fenomeni naturali calamitosi, primo fra tutti quelli legati al dissesto idrogeologico.
Nella giornata internazionale delle foreste, celebrata il 21 marzo 2013, è stato ricordato che queste rappresentano il più importante serbatoio di biodiversità per l’80% delle specie animali e vegetali della Terra, garantiscono la protezione del suolo, la qualità dell’aria e delle acque e forniscono importanti beni e servizi pubblici per i miliardi di persone che popolano la Terra. Inoltre, mitigano gli effetti dei cambiamenti climatici, poiché funzionano come serbatoi di assorbimento del carbonio e forniscono una protezione naturale contro gli effetti del dissesto idrogeologico.

Un patrimonio da difendere

È quindi sufficientemente chiaro il ruolo delle foreste e la loro vitale importanza nei Paesi del Mediterraneo: un prezioso patrimonio minacciato dai cambiamenti climatici e dalla conversione, sempre più diffusa, del suolo ad altri usi.
È importante contribuire alla conoscenza e sperimentare azioni di mitigazione degli effetti che i cambiamenti del clima a livello globale hanno sugli ecosistemi forestali mediterranei (incendi, inondazioni, desertificazione, evoluzione degli ecosistemi).
Dati recentissimi mostrano che la concentrazione di anidride carbonica (CO2) in atmosfera ha superato la soglia record di 400 parti per milione (ppm), un livello che secondo gli esperti non si registra da 3,2 miliardi di anni. Il valore record, rilevato il 9 maggio 2013, ha toccato i 400,03 ppm ed è stato rilevato dagli strumenti posti sul vulcano Mauna Loa nella Hawaii. Strumenti analoghi hanno invece registrato a San Diego valori di 399,73 ppm leggermente inferiori, ma in costante aumento. Un aumento che purtroppo non conosce fine visto che dal 1958, anno in cui si effettuano le misurazioni, si è passati dai 316 ppm ai 400 ppm di ora. Per molti potrebbe sembrar poco ma va ricordato che negli ultimi 800 anni mai si era andati oltre i 300 ppm, e che la crescita è stata assai rapida dall’inizio della rivoluzione industriale ad ora. Per la totalità degli scienziati di tutto il mondo non c’è alcun dubbio che questo aumento sia legato alle attività umane e che l’aumento della CO2 nell’atmosfera sia la causa numero uno dell’incremento delle temperature media globali.
Tuttavia la temperatura terrestre che è cresciuta di 0,75 gradi rispetto ad un secolo fa, dal 1998 ad oggi non è più aumentata. Malgrado ciò l’estensione dei ghiacciai è al minimo storico e aumenta il livello dei mari.

Negazionisti scatenati

Ce n’è abbastanza per dare fiato ai negazionisti secondo i quali, come titola il Foglio del 20 aprile 2013, «La catastrofe può attendere. Dopo anni passati a spiegarci che il clima cambia e la temperatura aumenta per colpa nostra, ora gli allarmisti cambiano idea: “mistero”, la Terra non si riscalda più». In Italia il quotidiano che con maggiore regolarità si fa portavoce di queste tesi è proprio il Foglio, che non perde occasione per ironizzare su quello che definisce il catastrofismo dei climatologi.
Pur volendoci astenere dall’entrare nei dettagli della polemica non si può non sottolineare che se l’anidride carbonica ha raggiunto in atmosfera il livello sopracitato e lo ha fatto dalla rivoluzione industriale in poi ciò non può essere avvenuto altrimenti che per azioni umane. E poiché dal 1992, malgrado assemblee internazionali, conferenze delle Nazioni Unite e protocolli non si è mai riusciti a raggiungere un accordo sulla riduzione effettiva di queste emissioni, resta ancora più valida la necessità di intensificarne l’assorbimento.
E per questo che le foreste hanno un ruolo importantissimo da svolgere anche in questo campo e la loro presenza nel Mediterraneo, bacino nel quale i mutamenti climatici hanno una tendenza di non poco conto, resta e ancor più sarà di fondamentale importanza.

Senza alberi, niente acqua e niente energia

Di più, come sostengono alcuni ricercatori brasiliani sull’importante rivista americana PNAS, la deforestazione e la conseguente riduzione del manto forestale può mettere in crisi la produzione di energia elettrica perché riduce l’apporto di acqua alle centrali idroelettriche. Questa osservazione è il risultato di uno studio sulla diga di Belo Monte in costruzione in Amazzonia nel bacino dello Xingu (Senza alberi c’è meno acqua, l’Internazionale, 24 maggio 2013). Sono molti i Paesi in via di sviluppo come Brasile, Malesia, Perù, Vietnam nei quali la produzione di energia elettrica avviene con la costruzione di centrali alimentate da grandi dighe. Ebbene, queste vengono costruite in zone tropicali con attività di deforestazione. In questo modo si riduce il vapore acqueo prodotto dagli alberi che provoca un aumento della piovosità e la portata dei fiumi che alimenterebbero le dighe. In sintesi e con riguardo allo Xingu che costituisce un importante esempio, secondo i ricercatori brasiliani, la deforestazione potrebbe provocare una diminuzione di afflusso di acqua oscillante tra il 6 e il 36% e la produzione di energia potrebbe ridursi del 60%.

È un elemento in più per sottolineare ulteriormente il ruolo insostituibile delle foreste per l’ambiente in generale e per il territorio sul quale sorgono in particolare.

Ugo Leone

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