Educazione e sostenibilità senza retorica

classe

Il dibattito sull’educazione ambientale tra ricercatori nel nostro Paese (almeno in sedi ufficiali e su scala nazionale) è scarso. Molta improvvisazione, relazioni spontanee e non organizzate tra gli attori, poca attenzione per la formazione degli operatori e la ricerca. Ecco alcune criticità dello’educazione ambientale in Italia .eco nel numero di dicembre 2011 ha aperto una riflessione sullo stato dell’educazione ambientale. Antonella Bachiorri (Università di Parma) interviene con un’ampia ricognizione delle relazioni tra gli attori coinvolti nel nostro Paese.

Negli ultimi anni sono risultati assai numerosi gli eventi e i documenti di varia tipologia, soprattutto a livello internazionale, che hanno contribuito a far emergere e consolidare il ruolo strategico dell’educazione ambientale orientata alla sostenibilità (WEEC – World Environmental Education Congresses; DESS-Unesco – Decennio ONU dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile; Strategia UNECE per l’educazione allo sviluppo sostenibile, ecc.). Tali occasioni hanno reso inoltre evidente come la ricerca in questo ambito si sia profondamente trasformata, passando dal netto predominio dell’approccio di tipo scientifico-positivistico al radicamento e diffusione di esperienze fondate su sofisticati e complessi fondamenti epistemologici connessi alle scienze della complessità.
Ne sono testimonianza le ricerche pubblicate sulle riviste specializzate in questo ambito, riconducibili ad un ampio spettro di approcci e di presupposti teorici.
Per trovare conferenze o convegni (o altre forme di incontri dedicati) di ampia rilevanza specificatamente rivolti all’educazione ambientale orientata alla sostenibilità nel contesto nazionale, si deve invece tornare indietro nel tempo: al 3° WEEC tenutosi a Torino nel 2005, o addirittura alla prima (ed unica, ad oggi!) Conferenza Nazionale dell’Educazione Ambientale di Genova nel 2000.
Questa situazione può essere considerata un indicatore macroscopico dello scarso dibattito (almeno in sedi ufficiali e su scala nazionale) tra ricercatori nel nostro Paese, che peraltro non risulta supportato nemmeno da riviste scientifiche specifiche pubblicate in lingua italiana (l’unica presente in questo ambito è, ad oggi, Culture della sostenibilità).
Questa sintetica riflessione sul bisogno di ridare vigore ad un dibattito che sembra un po’ sopito, mi ha stimolato ad intraprendere una breve navigazione (anche se con una rotta un po’ naif) nell’arcipelago dell’educazione alla sostenibilità nel nostro Paese e ad elaborare alcune riflessioni che auspico possano contribuire a stimolare gli educatori ambientali ad un confronto e dibattito ampi e propositivi, nei diversi contesti in cui operano.

Tra ricerca e pratica
Ricerca e pratica sono due dimensioni inscindibilmente collegate. La scarsa presenza del mondo della ricerca nell’ambito dell’educazione ambientale orientata alla sostenibilità, come può quindi essere conciliata, con le numerose esperienze ed i progetti sviluppati nell’ambito del sistema educativo sia formale che non formale? Forse qualche tentativo di risposta a questa domanda si può formulare richiamando i principali attori che si muovono nel contesto italiano ed i legami che li caratterizzano.
Navigando tra le teorie che danno forma all’arcipelago dell’educazione ambientale, è prioritario a mio avviso, portare l’attenzione sull’Università, non solo perché costituisce l’osservatorio in cui mi trovo quotidianamente ad operare, ma per il ruolo che le compete nell’ambito della ricerca in generale (e quindi nello specifico, anche in educazione ambientale). In questa visione semplificata “per blocchi”, Università, Scuola ed Extrascuola si configurano quali ambiti, interconnessi tra loro a formare un reticolo di relazioni, in cui i differenti paradigmi teorici vengono declinati in pratiche (Fig.1). In merito ad alcuni di questi legami cercherò quindi di abbozzare qualche riflessione.

bachiorri

Fig.1 – I diversi ambiti in cui si sviluppano ricerche e pratiche in educazione ambientale

Scarso peso accademico. Dall’Università…
L’Università nel nostro Paese, non ha avuto fino ad oggi un ruolo particolarmente rilevante nell’ambito dell’educazione alla sostenibilità. Questa sua marginalità è stata dettagliatamente descritta e discussa in una recente ricerca (Bertolino et al., 2007 a) che evidenzia anche la forte differenza nel coinvolgimento dei diversi ambiti disciplinari, facendo emergere due grandi blocchi: l’area naturalistico/ecologica da un lato e quella psico/pedagogica dall’altro. I recenti mutamenti all’interno del mondo universitario hanno probabilmente peggiorato il quadro che viene delineato dalla ricerca sopra citata; solo in alcune realtà accademiche, infatti, continuano ad operare piccoli gruppi di ricerca in educazione ambientale (quando non addirittura singoli ricercatori). Si può dettagliare ulteriormente tale quadro aggiungendo che:
• solo poco più della metà degli intervistati (Bertolino et al., 2007 b) pone l’educazione ambientale al centro della propria attività di ricerca;
• gli ecologi che fanno dell’educazione ambientale la loro linea di ricerca prioritaria lamentano molto spesso la scarsa considerazione nell’ambito della loro area disciplinare e la conseguente penalizzazione relativamente alla loro carriera accademica;
• solo recentemente alcune delle riviste specializzate in educazione ambientale rientrano nell’elenco di quelle con Impact factor. Ciò ha reso difficile per un ricercatore in questo ambito, effettuare pubblicazioni utili ai fini delle proprie progressioni di carriera.
Numerosi possono essere i tentativi di trovare spiegazioni a questa situazione (anche se esulano dagli obiettivi del presente contributo). Tuttavia, pur nella consapevolezza che queste considerazioni possono essere ritenute frutto di dati non sempre oggettivi, le ritengo di grande importanza al punto da porle alla base di questa riflessione sullo stato dell’arte rispetto ad alcune problematiche della ricerca in educazione ambientale nel contesto universitario.

…alla Scuola: divergenza tra teorie e pratiche
Un’occhiata alla situazione dell’educazione ambientale nella Scuola evidenzia molto chiaramente sensibili differenze tra livelli scolastici e tra i contesti socio-economici nel nostro Paese. Nonostante alcune esperienze senza dubbio rilevanti e nonostante gli sforzi profusi da differenti attori in singoli e specifici contesti, l’educazione ambientale è frequentemente diventata un contenitore da riempire con le più diversificate tematiche ed attività (inquinamento, raccolta differenziata, uscite sul campo, ecc.).
Come è risaputo, l’educazione ambientale supporta con forza un approccio all’insegnamento basato sulla ricerca e sull’interdisciplinarità, in alternativa a quello tradizionale, nozionistico e rigidamente disciplinare. I docenti tuttavia, si trovano oggi ad occuparsi di educazione ambientale solamente a livello di puro “volontariato”, presi da una serie assai lunga di incombenze anche di tipo amministrativo-burocratico. Nonostante la motivazione e a volte l’entusiasmo nel fare proprie le sfide connesse alla prospettiva della sostenibilità, l’esiguo numero di insegnanti che hanno fatto proprie queste ultime (soprattutto docenti di discipline scientifiche) evidenzia come la mancanza di tempo, di risorse economiche e le pressioni ad attribuire priorità ad altre questioni costituiscano dei motivi validi che impediscono di fare quanto ipotizzato.
I frutti della ricerca accademica e del dibattito internazionale sopra richiamato, inoltre, raggiungono con difficoltà il contesto scolastico. Non è difficile, pertanto, osservare ancora una sensibile divergenza tra le teorie supportate dall’educazione alla sostenibilità e le pratiche consolidate.
Un’elevata diversità caratterizza inoltre i docenti relativamente a:
• Idee di educazione ambientale. Quali sono gli obiettivi ad essa attribuiti? Una maggiore sensibilità e/o consapevolezza o l’acquisizione di comportamenti consapevoli verso l’ambiente? In che relazione vengono collocati trasmissione di conoscenze/nozioni ed approcci metodologici come quello costruttivistico? Quale ruolo si configura per le diverse discipline curricolari? È l’educazione sostenibile l’obiettivo di riferimento (Sterling, 2006)?
• Metodi. Lezioni frontali e lavoro sul campo sono gli approcci didattici privilegiati; ma che consapevolezza hanno i docenti in merito all’approccio metodologico utilizzato?
Se si aggiunge a questo scenario, come sopra richiamato, il fatto che i docenti risultano spesso in grande affanno, nel tentativo di rispondere compiutamente a tutto quanto viene loro richiesto, non è difficile ipotizzare i motivi alla base dell’episodicità che spesso caratterizza le attività di educazione ambientale. Nella scuola, inoltre, sembra diffuso il bisogno di “fare” e di proporre esperienze/attività nuove e stimolanti agli studenti, ma piuttosto scarso sembra l’interesse su ciò che deve essere fatto prima (un’accurata programmazione) ed in seguito (un’altrettanto attenta valutazione) alle specifiche attività.

…all’Extrascuola: tra sincerità e “greenwashing”
Numerosi e assai diversi (ad es. per tipologia, mission, ambito d’intervento) risultano essere gli attori che hanno agito come promotori/catalizzatori per iniziative di educazione ambientale nel contesto extrascolastico: associazioni di volontariato, Enti locali, multiutility, centri di educazione ambientale, industrie, sono solamente alcuni degli esempi che si possono citare in proposito.
Se tuttavia si analizzano i progetti in cui tali attori sono coinvolti a livello locale, non è difficile osservare, analogamente a ciò che caratterizza il contesto scolastico, un’evidente discrepanza tra la “retorica” attribuita all’educazione orientata alla sostenibilità e la “realtà” delle singole iniziative. Se noi analizziamo alcune diffuse esperienze, infatti, molto spesso risulta chiaro che alcuni soggetti, in particolare, sono spinti ad agire da una sorta di greenwashing. Ma anche quando le motivazioni all’impegno sono davvero sincere, queste iniziative si devono scontrare frequentemente con un approccio “mordi e fuggi” alle diverse problematiche affrontate, con la loro discontinuità nel tempo e con la difficoltà a coinvolgere gli adulti, un problema che chiaramente ha radici ben più profonde e complesse.

Quali relazioni tra gli attori?
Navigando tra teorie e pratiche, che caratterizzano Università, Scuola ed Extrascuola e tra la loro spesso evidente incoerenza, è tuttavia impossibile non prestare attenzione alle relazioni, un concetto chiave anche per il mondo dell’educazione ambientale. E così la corrente mi conduce a rivolgere brevemente l’attenzione ad alcune delle sue più evidenti criticità.

• Università-Scuola
Le relazioni tra questi due attori, relativamente alle questioni di competenza dell’educazione ambientale, sono principalmente riconducibili a:
– la formazione dei docenti delle diverse discipline (pre e in servizio). Formazione che, come sopra accennato, solo raramente prevede la presenza di corsi specifici di educazione orientata alla sostenibilità;
– progetti di ricerca promossi dall’Università che vedono la Scuola come il contesto privilegiato per la sperimentazione di nuove idee ed approcci. Tuttavia, molto spesso, docenti e studenti non sono concepiti come attori importanti e parte attiva delle iniziative proposte ma piuttosto come “oggetti” dell’osservazione.
Frequentemente queste connessioni hanno come promotore l’Università, che cerca di coinvolgere la Scuola nei suoi progetti, mentre solo talvolta avviene il contrario. In quest’ultimo caso, peraltro, il ruolo dell’Università è quello di fornire esperti in particolari discipline o tematiche, piuttosto che rappresentare un partner alla pari con cui co-progettare in modo condiviso e riflettere sulle più rilevanti questioni metodologiche.

• Scuola-Extrascuola
Le scuole più virtuose e attive nell’ambito dell’educazione ambientale, riconoscendo l’importanza di una loro apertura al territorio, sono solite coinvolgere differenti soggetti del loro contesto locale/extrascolastico. Questi attori (ONG, Enti pubblici, ecc.), tuttavia, solo raramente sono interessati/coinvolti nella dimensione più propria della ricerca (è questo il caso, ad esempio, di alcuni Centri di Educazione Ambientale). Ne consegue che anche le proposte che l’Extrascuola rivolge al contesto scolastico si connotano per essere dei “pacchetti educativi” in qualche modo pre-confezionati, che raramente prevedono un forte e significativo coinvolgimento didattico-metodologico da parte dei docenti.

• Extrascuola-Università
Le relazioni tra Extrascuola ed Università sono necessariamente riconducibili a specifici progetti. Molti soggetti che si muovono nel contesto extrascolastico si ritengono spesso esperti nell’ambito dell’educazione ambientale orientata alla sostenibilità, pur senza avere un background formativo specifico (e nonostante qualche anno fa si prospettasse il riconoscimento ufficiale della figura professionale dell’educatore ambientale). Le relazioni che si concretizzano tra questi ambiti tendono quindi ad essere spesso piuttosto conflittuali: da un lato l’Università, considerata eccessivamente teorica e poco interessata alle sperimentazioni squisitamente pratiche, dall’altro i soggetti dell’extrascuola, in generale poco interessati, come sopra ricordato, alla dimensione della ricerca. Questi attori, inoltre, risultano spesso piuttosto attenti ad affrontare tematiche per certi aspetti “di moda” (es. acqua, rifiuti, cambiamenti climatici) affrontate in modo settoriale, anche per rispondere all’ottica sopra richiamata del “greenwashing”.

Lo Stato è poco presente
In tutto questo arcipelago, seppur osservato ed interpretato assai schematicamente in questo contributo nel tentativo di arrivare ad individuarne la sua essenza, non può tuttavia che essere notata la mancanza di un attore che dovrebbe necessariamente essere coinvolto in una riflessione sulle teorie e pratiche dell’educazione ambientale: l’Amministrazione centrale dello Stato (ed i Ministeri a vario titolo coinvolti in questi ambiti tematici).
Negli ultimi anni, infatti, il ruolo di questo soggetto come parte attiva, propositiva, di indirizzo, rispetto alle problematiche proprie dell’educazione ambientale è andato sensibilmente scemando fino alla sua quasi totale scomparsa. Le relazioni tra i diversi ambiti sopra richiamate (Fig.1) risultano quindi essenzialmente spontanee e non organizzate; se ciò da un lato, può essere un segnale positivo dell’avvenuta attivazione di alcuni processi bottom up, allo stesso tempo, a tale assenza può essere imputabile la mancanza di una programmazione e di un agire condivisi e quindi, l’evidente pesante divario tra i singoli contesti locali e regionali.

Gli aspetti da non dimenticare
Questa navigazione tra problemi e criticità, alla fine, diventa abbastanza frustrante (forse sarebbe stato molto meglio adottare almeno un poco la retorica delle grandi occasioni).
Ho tuttavia effettuato questa lettura, che può forse essere ritenuta eccessivamente critica, nella convinzione che la condivisione di alcune idee e suggestioni, con chi è impegnato sul campo in questo ambito, permetta di non perdere di vista alcuni aspetti fondamentali dell’educazione alla sostenibilità, che ancora oggi trovano spesso un limitato riscontro. E con ciò intendo far riferimento, ad esempio:
• alla stretta interconnessione che dovrebbe esistere tra teorie e pratiche, alla dimensione etico/valoriale,
• al ruolo del docente-ricercatore,
• al sostanziale e non solo formale lavoro di rete con i differenti attori sul territorio,
• al superamento dell’approccio disciplinare (tanto snobbato in teoria quanto ancora diffuso nei diversi livelli di scuole),
• ad una valutazione attenta dei progetti realizzati,
• ad un’ampia diffusione dei risultati delle ricerche (anche grazie a differenti tipologie di linguaggi espressivi),
• al ruolo ed al coinvolgimento dei soggetti “politici” preposti al governo del territorio.
Avvicinare la lente d’ingrandimento a queste criticità è doloroso, soprattutto per chi da anni sta canalizzando entusiasmo, impegno e competenze professionali in una certa direzione; ma proprio da qui nasce il bisogno che sento forte, di proporre un confronto, una riflessione sincera che vada oltre la retorica di rito, per capire dove siamo, dove vogliamo andare e quale può essere un nuovo riassetto dei nostri ruoli e delle nostre relazioni.

Antonella Bachiorri –  Centro Italiano di Ricerca ed Educazione Ambientale (C.I.R.E.A.), Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Parma.

Bibliografia
Bertolino, F. et al. (2007 a). L’educazione ambientale nelle Università italiane: attori, modelli, contenuti, ricerche. Culture della Sostenibilità, 1: 79-116.
Bertolino, F. et al. (2007 b). L’educazione ambientale nelle università italiane: attori, modelli, contenuti, ricerche. Parte II Reti relazionali e mappe concettuali dell’educazione ambientale nell’università italiana. Culture della Sostenibilità, 2: 61-86.
Sterling, S. (2006). Educazione Sostenibile. Anima Mund

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *