Educazione ambientale, il Governo torna in campo

Ma molto resta da fare e molti equivoci sono da sgombrare.
Il commento del segretario generale WEEC: “Ogni educazione è una educazione ambientale”. La ministra Fedeli annuncia: bilanci di sostenibilità in tutte le scuole.
 
(Bologna, 9 marzo 2017) Per qualcuno l’educazione ambientale continua a essere “una materia da insegnare a scuola”. Quel qualcuno non ha mai letto documenti ufficiali, ricerche, esperienze, riflessioni che si susseguono da oltre quarant’anni e nemmeno le più recenti linee guida concordate da Ministero dell’ambiente e MIUR, anche se il focus continua a restare il mondo della scuola e lo stesso ministero a non toccare le altre lettere del suo acronimo (l’università e la ricerca). La trasversalità è stata ribadita dalla ministra dell’Istruzione Fedeli all’incontro promosso il 9 novembre 2017 dalla Regione Emilia Romagna e la sua Agenzia ambientale, con la partecipazione del neonato Sistema Nazionale di Protezione Ambientale, che muove i suoi primi passi e che è da seguire con grade attenzione.
Mario Salomone, segretario generale della rete mondiale di educazione ambientale (WEEC), presente all’incontro, ha commentato (riprendendo quanto dichiarato a Radio Vaticana): “Ci sono significativi elementi di interesse accogliamo con piacere: bisogna infatti non stancarsi di ricordare che ogni educazione è una educazione ambientale”.
 
La ministra dell’Istruzione Fedeli: innovazione del sistema all’insegna della sostenibilità
 
Assente per motivi di salute il sottosegretario alll’mbiente Barbara Degani (che era stata l’animatrice della conferenza di novembre), la Ministra Fedeli ha quindi convenuto sulla interdisciplinarietà di una educazione “di qualità, inclusiva e sostenibile”, sul suo valere per tutti e sulla stretta connessione con i diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile del Millennio, che attraversano anche il PON Scuola. Tutti aspetti interdipendenti e interconnessi per raggiungere gli obiettivi della Agenda 2030, di cui finalmente anche in Italia si comincia a parlare.
In anteprima ha annunciato i bilanci di sostenibilità delle scuole (mentre alcuni atenei li stanno già facendo), forse la novità più interessante uscita dall’incontro bolognese. Ma l’unica affermazione che ha fatto notizia sulla cronaca locale è stata la sua dichiarazione critica nei confronti dello sciopero globale delle donne dell’8 marzo.
A Sergio Sichenze, responsabile della rete friulana guidata dal laboratorio regionale (LAREA), il compito di riassumere (come aveva già fatto a Roma in chiusura della Conferenza nazionale nel novembre 2016) i risultati dei dodici tavoli in cui si era articolata al MAXXI la “due giorni” di intenso lavoro di circa 200 partecipanti. Su questo rinviamo alle cronache che erano uscite qui su educazionesostenibile.it e agli materiali in via di pubblicazione sul primo numero della serie trimestrale di .eco, che come è noto è da sempre la rivista non profit di riferimento per l’educazione ambientale italiana.
Il presidente uscente dell’ISPRA (e subito rientrante come commissario straordinario) Bernardo De Bernardinis ha collegato i temi dell’incontro bolognese alle criticità ambientali e dello sviluppo sostenibile in Italia ai compiti affidati al citato SNPA. Giustamente ha ricordato che non c’è didattica senza, a monte, ricerca: anche ISPRA e le agenzie devono fare ricerca.
Di competenze ha parlato, a conclusione della mattinata bolognese, Giovanni Borgarello, ispirandosi a una riflessione che nel nostro paese si è sviluppata con vivacità da qualche decennio.
 
Risuscita il sistema nazionale? Se sì, sarà forse tripolare
 
Sichenze ha sottolineato come dai tempi degli accordi Stato-Regioni-Province autonome e dell’avvio di un sistema “Infea” (informazione, formazione e educazione ambientale), l’educazione ambientale sia in qualche modo una funzione “pubblica”.
Insomma, dopo l’ultimo Forum nazionale promosso dal MATTM nel 2007 al Lingotto di Torino, tornano ad arrivare da Roma input e, si spera, atti concreti e fondi. Nel frattempo molte Regioni hanno tolto l’ossigeno alle realtà del territorio, mentre un pugno di altre, dal Nord al Sud, hanno continuato a crederci, o alimentando i propri sistemi regionali, o addirittura (come la Regione Lombardia) istituendo un Tavolo regionale molto inclusivo e approvando ufficialmente un corposo insieme di linee guida e di politiche.
Dagli errori e dai fallimenti del sistema nazionale e dalle non poche cose positive che sono state fatte bisogna ripartire per dare risposte a una galassia oggi dispersa e ricostruire dalle macerie un sistema che ora si annuncia tripolare (Stato-Regioni-SNPA).
 
La rete WEEC e i suoi strumenti: una risorsa imprescindibile
 
A questo processo, ma anche a chi agisce all’interno di una serie di contesti extrascolastici (e a chi resta ai margini dei sistemi più istituzionali ma è quotidianamente impegnato a lavorare sul terreno), i congressi mondiali WEEC e la rete che si sta strutturando anche in Italia agganciata al circuito internazionale offrono un valido strumento per alimentare attività formative, scambiare migliori pratiche, far progredire la ricerca metodologica, migliorare la conoscenza e l’informazione reciproca e quindi in definitiva avere dei formatori (nella scuola, nell’università, in ogni contesto di vita e di lavoro) più competenti, più efficaci e più capaci di lavorare in rete, che è un bello slogan ma su cui poi, nel concreto, cascano molti asini.
 
In rapporto con tutta la ricerca, istituzionale e non
 
Congressi e rete sono uno spazio comune e di incontro, infatti, per chi fa ricerca (università, CNR, come ricordato da Debernardinis il sistema agenziale), per chi la fa comunque nelle associazioni grandi e piccole, locali o internazionali, nella scuola con la ricerca-azione, nei parchi, nei centri indipendenti (ad es. la LUA di Duccio Demetrio, Casa Cenci di Franco Lorenzoni, l’Eco Istituto di Cesena e i tanti altri che non è possibile citare tutti qui).
È una ricerca meno conosciuta e riconosciuta, meno finanziata (non che l’altra non sia spesso alla canna del gas o sottoposta a distorcenti criteri di produttività), ma non meno importante, anzi spesso più
Accanto ai congressi e alla rete dei World Environmental Education Congress, in Italia da anni i vari attori pubblici e privati dispongono di altri e solidi strumenti aperti e dinamici: la rivista .eco già citata, quella scientifica Culture della sostenibilità, la costellazione di Pianeta azzurro e i suoi figli della Collana del Faro, i libri di Effetto farfalla, i siti e i sociali (tutti in via di radicale riorganizzazione e potenziamento).
 
 
Rileggi le cronache di eco, l’educazione sostenibile sulla Conferenza nazionale del novembre 2016:
 

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