Clima: il Mediterraneo area ad alto rischio

Dorra MAAOUI biodiversity biodiversità
Acqua, ecosistemi, salute, sicurezza alimentare e conflitti sociali e politici: i cinque cambiamenti che investono il mondo, con il Mediterraneo – seconda area del pianeta per biodiversità – particolarmente esposto
 
Bianca La Placa
 
Come riportare dati scientifici relativi al cambiamento climatico nel Mediterraneo in modo corretto e come migliorare il confronto tra media e scienziati? Questo l’obiettivo del meeting che si è svolto a Marrakech a novembre 2016, a margine della COP 22, e che ha visto coinvolti giornalisti ambientali di sedici paesi di tutto il Mediterraneo (clicca qui per saperne di più).
Lo scopo di questo incontro è stato quello di indirizzare il dibattito tra scienziati e giornalisti su vere e chiare posizioni rispetto ai cambiamenti climatici nel Mediterraneo e migliorare la capacità di giornalisti ambientali e scientifici provenienti dai paesi del Mediterraneo di coprire questo tipo di notizie, fornendo loro dati, fonti e strumenti.
 
Il clima è già cambiato
Il primo punto trattato è stata una panoramica della dimensione scientifica del cambiamento climatico nel Mediterraneo, grazie alla quale i giornalisti hanno avuto la possibilità di conoscere gli ultimi dati scientifici sul questi argomenti e di capire l’impatto e le proporzioni del riscaldamento globale e degli strumenti e soluzioni disponibili per controbilanciarlo.
 

Mohammed Said Karrouk – presidente del Comitato nazionale marocchino del programma internazionale sulla geosfera-biosfera ed esperto di climatologia – ha puntualizzato che oggi dobbiamo parlare di “nuovi climi”, cioè dobbiamo tenere conto del fatto che i climi non “stanno cambiando” ma “sono già cambiati”. «Ad esempio il ciclo dell’acqua  – ha detto – incorpora oggi cambiamenti caratterizzati da un’alternanza di caldo e freddo, di alluvioni e siccità. I paesi del Maghreb ne subiscono le conseguenze, ma anche a livello planetario, sono in aumento i fattori siccità/alluvione in un’area sempre più vasta».

Il clima di per sé è un fattore generale– ha poi spiegato Antonio Navarra, presidente del Centro euro-mediterraneo sul cambiamento climatico –  ma in pratica mi interessa solo il clima del posto dove vivo, non i problemi degli altri posti. In realtà ci sono interconnessioni che fanno sì che le conseguenze di certe azioni ricadano anche altrove.
 
Mediterraneo, critica area di confine
 
Per fare esperimenti scientifici sul clima si devono utilizzare relazioni matematiche molto difficili ed eseguibili solo con grandi calcoltori, dobbiamo fare uno sforzo. Quando si parla di clima non si può considerare il singolo evento, ma bisogna tener conto di tempi più lunghi. Il Mediterraneo? È un’area di confine anche dal punto di vista climatico e per questo localmente ci posono essere fenomeni più evidenti.
È necessaria una strategia nazionale che comprenda anche politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, benché ci sono limiti all’adattamento».
Sarra Touzi top five risksJoel Guiot, del Centro di ricerca scientifica nazionale francese e climatologo specializzato sugli impatti dei cambiamenti climatici sulla vegetazione del Mediterraneo ha proposto cinque punti di cui tenere conto, che rappresentano cinque cambiamenti.
L’acqua potabile, che è distribuita in modo non uniforme e che vede un aumento della richiesta per l’irrigazione); il problema degli ecosistemi (che interagiscono con cibo, acqua, clima, malattie, cultura) e che sono soggetti a siccità, alluvioni, incendi. Il tema della salute, toccato anch’esso dai cambiamenti climatici, come nel caso ad eesempio della zanzara tigre, presente oggi in zone dove prima non c’era. La sicurezza alimentare e la sicurezza per l’uomo (tema che comprende anche i conflitti sociali e politici). «La differenza tra 1,5 e 2 gradi in più – ha aggiunto –  ha ripercussioni su vari fronti: significa innalzamento del livello del mare, aumento di siccità e rifugiati ambientali. Ciò che risulta dalle previsioni – ha concluso – non si è mai visto prima in 10.000 anni».
 
La natura e le specie marine
 
E la stampa? Qual è il ruolo dei mass media in questo contesto? La stampa ha i mezzi per convincere l’opinione pubblica, si è detto poi nel dibattito che ha coinvolto giornalisti e scienziati. La situzione è difficile: mentre i combustibili fossili sono ovunque, i risultati sono pochi e circoscritti.
Per qualche giornalista proveniente dal sud del Mediterraneo è difficile prendere decisioni in merito ai cambiamenti climatici, nei paesi in via di sviluppo, se non c’è volontà politica a monte, nonostante le manifestazioni “è il governo che decide”. Avere la COP22 in Africa è risultato comunque un dato positivo, in grado di coinvolgere i governi e le associazioni di giornalisti africani.
La natura del Mediterraneo –  e tutte le sue forme di vita –  sta attraversando un rapido cambiamento di scenario che tocca le risorseDorra MAAOUI marinespecies climate change 2 naturali. Acqua e cibo possono scarseggiare e bisogna adattarsi per sopravvivere. Questo il focus della tavola rotonda dedicata agli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse naturali del Mediterraneo
Dorra Maaoui, del Regional Activity Centre for specially protected areas ha presentato i dati relativi al cambiamento nelle specie marine (alghe e pesci), sia in termini numerici sia in termini di presenza di specie invasive trasportate dalle navi. La temperatura più alta del mare favorisce infatti l’adattamento. Mentre Jean Jalbert, direttore generale dell’istituto di ricerca per la conservazione delle zone umide mediterranee Tour du Valet ha spiegato che le zone umide sono l’ecosistema più produttivo della Terra, quello che contrubuisce di più allo sviluppo umano, ma anche quello più a rischio. Il 50% delle zone umide è stato distrutte nel ventesimo secolo, mentre il 23% è costituito da zone artificiali (come oasi, riserve, risaie). Eppure le zone umide sono parte della soluzione: regolano le correnti, riducono il rischio di disastri come siccità e alluvioni e l’erosione costiera.
 
L’acqua, per la prima volta in agenda
 
Non solo piante e pesci, ma anche gli uccelli stanno subendo gli effetti dei cmbiamenti climatici. Come ha spiegato Edward Perry, coordinatore di Birdlife per le politiche legate ai cambiamenti climtici, «si possono notare cambiamenti nella distribuzione delle specie, nelle migrazioni. Il Mediterraneo è il secondo grande hotspot per biodiversità». Un campanello d’allarme viene dal fatto che il Mediterraneo diventerà più caldo e più asciutto (con la conseguenza di incendi più frequenti e più estesi). L’aumento delle temperature e delle precipitazioni hanno impatti sulle montagne, le foreste, le zone umide. La flora e la fauna cambiano altitudine, a causa la siccità. Il risultato? Perdita di piante, uccelli, mammiferi nell’Europa del Sud entro il 2080.
Per contrastare tutti questi fenomeni bisogna affidarsi alle risposte possibili, in grado di mitigare gli effetti negativi. Come ad esempio modificare l’agricoltura, migliorare i sistemi di irrigazione, ridurre le monocolture. In una parola: aiutare la natura ad adattarsi. Il compito dell’uomo può essere allora quello di creare aree per proteggere le specie a rischio, ridurre la vulnerabilità degli ecosistemi, conservare gli ecosistemi che possano fornire cibo, energia, acqua, controllare l’erosione del suolo.
La risorsa acqua torna più volte nel corso della tavola rotonda e Sarra Touzi, del Global Wateer Partnership Mediterranean, affronta proprio il tema delle prospettive delle risorse idriche nel Mediterraneo. «È la prima volta – dice – che l’acqua viene inserita nell’agenda della COP». Un altro elemento di analisi per i media di tutto il Mediterraneo e di tutto il mondo.

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