Ambiente: ora o mai più

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Se nuove politiche non svilupperanno la green economy, il mondo si avvierà verso una situazione sempre più drammatica. Parola dell’OCSE.
La fonte è delle più autorevoli: l’OCSE, ovvero l’organizzazione che riunisce 34 paesi (i più ricchi del mondo e alcuni paesi emergenti). Pochi giorni fa, a metà marzo ha pubblicato le previsioni sui trend socio-economici dei prossimi quattro decenni. Cosa potrebbe succedere da qui al 2050, si sono chiesti gli esperti dell’OCSE con la collaborazione dell’agenzia olandese per la valutazione ambientale?
La risposta è insieme netta e drammatica: se non si agisce subito, se non si adottano nuove politiche, i costi dell’inazione saranno “colossali”, sia in termini economici sia umani.
La previsione, infatti, è che la popolazione mondiale passerà da 7 a 9 miliardi e che il 70 per cento di essa vivrà nelle città, moltiplicando così problemi di inquinamento, congestione del traffico, gestione dei rifiuti.
Quattro le aree toccate dalle implicazioni di questa possibile crescita insostenibile e incontrollata: il cambiamento climatico, la biodiversità, l’acqua e gli impatti dell’inquinamento atmosferico sulla salute.

Energia
Senza nuove politiche, ad esempio, la domanda di energia crescerà dell’80 per cento e sarà coperta ancora per l’85 per cento da combustibili fossili. Per il clima, questo significherebbe un aumento delle temperature medie superiore al quel tetto di 2 gradi centigradi giudicato non superabile senza un tracollo dei ghiacciai, del permafrost, dell’innalzamento del livello dei mari, dei fenomeni meteorologici estremi. L’aumento della temperatura potrebbe oscillare tra i 3 e i 6 gradi e diventare irreversibile. E, oltre ai maggiori rischi ambientali, intervenire nel 2050 costerebbe il 50 per cento in più rispetto a interventi tempestivi.

Biodiversità
La biodiversità potrebbe ridursi di un altro 10 per cento (con punte del 13 per cento per quanto riguarda le foreste primarie) e nei sistemi di acqua dolce, già persa per un terzo, subirà un altro duro colpo.
Sulla biodiversità pesano negativamente anche altri fattori: il crescente uso di suolo (ad esempio da parte dell’agricoltura), l’espansione della silvicoltura commerciale, lo sviluppo di infrastrutture, l’antropizzazione, l’inquinamento, la produzione di biocarburanti.
In termini economici, si tratta di un danno oscillante tra i duemila e i cinquemila miliardi di dollari.

Acqua
Senza nuove politiche, il 40 per cento della popolazione mondiale vivrà in bacini fluviali colpiti da forti stress idrici (pari a 2,3 miliardi di persone più di oggi). Secondo le proiezioni, la domanda globale di acqua dovrebbe aumentare di circa il 55 per cento a causa della crescente domanda delle manifatture (+400%), della generazione termica di elettricità (+140%) e dell’uso domestico (130%).
L’esaurimento delle falde acquifere potrebbe diventare la più grande minaccia per l’agricoltura e per l’approvvigionamento di acqua urbana in molte regioni. L’inquinamento dovuto a sostanze nutritive provenienti dalle acque reflue urbane e dall’agricoltura si accentuerá in molte regioni, intensificando l’eutrofizzazione e danneggiando la biodiversità acquatica. Gli ecosistemi daranno dunque minacciati e aumenteranno i conflitto per l’acqua.

Salute
L’inquinamento atmosferico diventerà la causa principale di mortalità prematura. il numero di decessi prematuri dovuti all’esposizione al particolato dovrebbe più che raddoppiare e aumentare fino a raggiungere un totale annuo di 3,6 milioni a livello mondiale. A questi vanno aggiunti l’esposizione a prodotti chimici pericolosi e la mortalità prematura dovuta all’ozono troposferico.

Nuove politiche finanziarie ed economiche
I sistemi naturali – ricorda il rapporto dell’OCSE – hanno dei punti di non ritorno oltre i quali il cambiamento dannoso diventa irreversibile (da es. esaurimento delle specie, cambiamenti climatici, esaurimento delle falde acquifere, degrado del suolo). Agire subito è insomma razionale e conveniente, sia dal punto di vista ambientale sia economico.
Quali politiche adottare? L’OCSE ne suggerisce molte, che hanno tutte a che vedere con la green economy. Si tratta di rendere meno vantaggioso il vecchio modello insostenibile e più vantaggiosa l’innovazione “verde”: “per esempio tramite l’innalzamento del costo dei modi di produzione e di consumo inquinanti e gli investimenti nel sostegno pubblico per la ricerca e lo sviluppo tecnologico di base”.
Per servizi, prodotti e processi produttivi “green” c’è insomma un grande lavoro da fare.

Mario Salomone

16 aprile 2012

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