Acqua ed energia, binomio importante (di A. Mojetta)

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Il 22 marzo, se ve ne siete accorti, si è celebrata in tutto il mondo la Giornata dell’Acqua, la ventunesima della storia da quando l’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1992 decise di istituire una giornata internazionale dedicata a questo composto, fondamentale per la vita del pianeta. Il tema scelto per il 2014 è stato l’acqua e l’energia, un binomio importante per un mondo sempre più assetato dell’una e dell’altra.
Acqua ed energia sono strettamente intrecciate: l’acqua, come sappiamo, è la più antica e più sfruttata fonte di energia rinnovabile e l’energia è ampiamente utilizzata per produrre acqua dolce (si pensi agli impianti di desalinizzazione) o per il funzionamento degli impianti di depurazione. Data questa interdipendenza tra i due fattori, non deve stupire la scelta dell’ONU di porre al centro dell’attenzione mondiale questo stretto rapporto che in futuro giocherà un ruolo essenziale nella sopravvivenza del pianeta. La partita si giocherà su più piani e tutti ne saranno interessati. L’acqua, l’oro blu come sempre più spesso viene definita per il suo crescente valore, diventerà fondamentale per sostenere l’agricoltura e un’umanità che punta a superare i 9 miliardi e nello stesso tempo sarà ricercata e sfruttata per produrre energia, mettendo l’umanità davanti a un dilemma di non facile soluzione considerato che i due usi si sono spesso dimostrati incompatibili e che il cosiddetto bene comune non può prescindere da nessuno dei due fattori.Un ciclo biogeochimico perfetto, ma a rischio Acqua ed energia sono unite anche dal fatto che l’acqua stessa è frutto del consumo di energia.  Che cosa, infatti, se non l’energia mantiene attivo il ciclo dell’acqua. Anche se è superfluo  dirlo, non va dimenticato che è l’energia delle reazioni termonucleari che avvengono sul sole a fornire l’energia per l’evaporazione dell’acqua e a essere la forza motrice del ciclo idrologico, un ciclo meraviglioso per la semplicità del suo funzionamento (evaporazione, condensazione, precipitazione) e sul quale bisognerebbe riflettere più spesso soprattutto sulla sua variabilità.  Il ciclo dell’acqua è praticamente perfetto, come tutti i cicli biogeochimici, funziona da miliardi di anni, ma è soggetto a variare nelle sue manifestazioni e soprattutto nelle precipitazioni. Una prova eloquente di ciò è costituita dal deserto del Sahara, il più vasto deserto caldo della Terra che circa 30.000 anni era fertile, con piante e rigogliose foreste, una fauna molto ricca e abitato da popoli che si dedicavano alla caccia e all’allevamento del bestiame. I cambiamenti climatici hanno modificato questa situazione originando questo deserto e spostando altrove le precipitazioni. Oggi il maggiore problema del ciclo dell’acqua non è la sua interruzione, ma le modificazioni indotte dai cambiamenti climatici che si stanno manifestando a tutte le latitudini, compresa la nostra, con piogge sempre più violente e concentrate e periodi di siccità sempre più lunghi. 

Sulle Alpi sempre meno acqua Per fare un esempio a noi vicino, gli esperti della Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi, CIPRA, in una recente relazione (2011) stimano per le Alpi una diminuzione delle precipitazioni variabile tra l’1 e l’11%, mentre i periodi siccitosi estivi (almeno cinque giorni consecutivi senza precipitazioni) aumenteranno del 36%, con incrementi relativamente superiori nelle Alpi settentrionali. Le precipitazioni nevose subiranno un drastico ridimensionamento del 40% nei versanti settentrionali e del 70% in quelli meridionali. La minore quantità di neve associata a maggiori piogge durante l’inverno determinerà un consistente aumento delle portate invernali dei fiumi (fino al 19%) e una corrispondente diminuzione di quelle primaverili (meno 17%) e soprattutto estive (le previsioni parlano di una riduzione del 55% nelle Alpi centrali e meridionali entro il 2100). Nel breve periodo questi cambiamenti possono essere compensati dallo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost. Nel lungo periodo vi é invece preoccupazione per la persistenza di queste fondamentali riserve d’acqua. I ghiacciai hanno perso il 20-30% del loro volume dal 1980 e studi recenti mostrano come, in Italia, l’incremento della temperatura globale e la diminuzione delle precipitazioni nevose abbiano comportato una riduzione dell’area dei ghiacciai alpini, in alcuni casi addirittura del 50%. Altri studi prevedono che, senza variazioni nel regime delle precipitazioni, un moderato aumento delle temperature (+1 °C) potrebbe ridurre le produzioni agricole medie del 10% ca., mentre un incremento della temperatura di 2°C, unita a una riduzione delle precipitazioni, porterebbe ad una riduzione superiore al 20%.
Si tratta, è ovvio, di previsioni, di stime e come sempre accade le cifre, a volte contraddittorie, dipendono da tantissime variabili, ma ciò non toglie che la situazione sia allarmante e che si debba perciò pensare o meglio ripensare al nostro rapporto con la risorsa acqua facendo nostra la convinzione che se pioverà o no, se poco o tanto, dipenderà dalle nostre scelte piccole o grandi non importa. Ciò che importa, invece, è essere consapevoli che tutti noi siamo strumenti attivi nella gestione del nostro pianeta e dell’impronta ecologica che su di esso lasciamo e soprattutto ricordando che l’acqua è, in fondo, un dono e come tale va trattato.

Profilo autoreAngelo Mojetta, Biologo marino 
e giornalista subacqueo, è presidente del comitato scientifico e ambiente di ASSOSUB. E’ ricercatore associato della Civica Stazione Idrobiologica e Acquario di Milano. Direttore scientifico dell’Acquario dell’Elba (Marina di Campo). Dal 1980 al 2001 è stato responsabile scientifico della rivista AQUA. Ha pubblicato articoli di biologia marina per altri periodici quali Airone, Oasis, Sub. Svolge consulenze redazonali e scientifiche per progetti in campo ambientale marino

 

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